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Read Ebook: Nel paese dei dollari Tre anni a New-York by Rossi Adolfo

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Ebook has 189 lines and 18191 words, and 4 pages

Quando torn? dopo qualche mese da quel suo viaggio d'istruzione molto dura e spartana, ricordo che era dimagrato e abbronzato dal sole delle grandi praterie, ma contento come una Pasqua, sebbene tormentato di tanto in tanto dalla tosse.

Quello che dimenticava di dirmi erano i sacrifici che la lunga peregrinazione gli era costata.

Contenti ambedue di rivederci dopo tanto tempo, andiamo quella mattina a far colazione insieme in un albergo: mentre si mangia allegramente discorrendo dell'interno degli Stati Uniti, sentite un po' che cosa succede. Un pappagallo dell'albergatore si arrampica pian piano sull'attaccapanni, e, senza che alcuno se n'accorga, comincia a lavorare col becco e fa un gran buco proprio nel cappello di Dario Papa, un cappello rotondo di feltro, piuttosto in cattiva condizione.

--Ah! anche questa mi mancava!--esclama Papa, appena se n'accorge.--Non m'era rimasto che un cappello solo ed eccolo rovinato! Dovr? cambiare l'ultimo napoleone d'oro che m'? rimasto...

I napoleoni mi ricordano un altro curioso aneddoto. Prima di partire per l'America, Papa aveva sentito dire che in viaggio era facile essere derubati e che i denari bisognava metterli in una cintura da tenersi sulla pelle. Egli segu? il consiglio alla lettera.

Era in certe cose ingenuo e schietto come un bambino. Rimasto orfano da ragazzo e allevato da una zia con cure materne, egli nutriva per quella sua parente un sentimento di vera adorazione, le scriveva continuamente, ne parlava sempre con profonda tenerezza.

Quando si occupava di politica, invece, diventava un altro uomo, irrequieto, nervosissimo, qualche volta violento e intrattabile. Prima di scrivere certi articoli di polemica, passeggiava in su e in gi? per l'ufficio, sbuffando tutto indignato, buttando via i fasci dei giornali, apostrofando a voce alta i suoi avversari, chiamandoli pezzi d'asini, bellissimo nella sua irrequietezza e in quegli impeti d'ira. E quando aveva trovato qualche idea felice, qualche frase tagliente, si fregava rapidissimamente le mani sempre camminando, curvo e sorridente.

Pensato l'articolo in quei suoi giri per la stanza, lo buttava poi gi? sulla carta in pochi minuti, scrivendo con grande velocit?, in preda sempre a una specie di orgasmo. Finito l'articolo, appariva come sollevato da un gran peso, tornava mite e mansueto e cercava con interesse la compagnia di alcune signore newyorkesi molto istruite, con le quali aveva stretto relazione, e imparava non solo a conoscere sempre meglio la societ? americana, ma anche l'inglese.

Un giorno lo vidi arrabbiarsi al punto da gettar per aria tutti i libri e tutti i calamai dell'ufficio: pareva che stesse per impazzire.

Un'altra volta, era d'estate, stanco di quella battaglia con s? stesso e col suo passato, che lo spossava e lo rendeva come uno straccio, decise di rifugiarsi per un paio di mesi in campagna, e cerc? un asilo tranquillo a Bradford, nella Pensilvania.

Ma anche l? era la stessa storia; aveva sotto gli occhi l'esempio di un piccolo comune completamente autonomo, che si amministrava in tutto e per tutto da s?, senza bisogno di permessi, di visti, di autorizzazioni prefettizie o ministeriali; vedeva in azione il suffragio universale e il mandato imperativo; notava che il miglior edifizio del paese era quello delle scuole comunali; che i maestri erano pagati molto bene e rispettati come i primi funzionari; che dovunque mancava la burocrazia; che tutte le cose si facevano alla buona, alla spiccia, nel modo pi? semplice e pratico del mondo.

L'ultima conversazione con Mary.

Era una triste sera di gennaio, piena di nebbia.

Dovendo imbarcarmi il giorno seguente per l'Europa, andavo a salutare la signorina Mary e i suoi parenti che erano i miei migliori amici. Dopo che si parl? del viaggio che avevo da compiere in una stagione cos? sfavorevole e del piroscafo scelto, la signorina Mary mi ricord? la promessa fattale di esporle il mio intimo pensiero intorno agli Stati Uniti.

--Sentiamo, dunque, un po'--mi disse--l'idea che mi avete sempre taciuta.

--? di una semplicit? infantile--risposi.--Io parto pieno d'ammirazione per questo paese il quale, malgrado certi difetti che abbiamo pi? volte notato insieme, ? governato dalla costituzione pi? democratica che si conosca. Qui regna realmente l'eguaglianza fra i cittadini; non avete esercito, n? Corti, n? ordini cavallereschi; la prima cosa che curano i vostri liberi comuni ? la pubblica istruzione; ogni cittadino ? elettore; il presidente della Repubblica, sebbene siate tanto ricchi, non vi costa che duecento mila lire all'anno; siete senza burocrazia e l'amministrazione della giustizia procede con grande sollecitudine, senza abuso di carcere preventivo; avete risoluto il problema politico coll'esercizio del suffragio universale e dell'autonomia comunale, coll'esercizio cio? della sovranit? popolare; ma non vi siete ancora preoccupati della questione economica.

--? segno che non ne fu sentito ancora il bisogno.

--Ci? ? esatto fino a un certo punto. ? verissimo che per la estensione immensa del territorio e per la sua ricchezza, per la mancanza dell'esercito, della marina da guerra e di tante altre spese che stremano i bilanci delle Nazioni d'Europa, negli Stati Uniti non si trova la miseria del vecchio continente e i salari sono qui pi? alti che altrove. Ma non ? meno vero che anche voi avete nelle citt? dei quartieri pieni di gente povera, lacera, affamata, pigiata in cameraccie prive d'aria e di luce; non ? meno vero che anche qui vi ? dell'infanzia abbandonata e che molte giovani derelitte sono costrette a far mercato di s? stesse; non ? meno vero finalmente che i lavoratori di tutte le classi, sebbene relativamente pagati meglio che in Europa, sono sfruttati dai capitalisti e dai monopolii.

--Questo ? innegabile.

--Quel sentimento di giustizia e di fratellanza che commuove in questa fine di secolo tutto il mondo e che fa vendere tante migliaia di copie del libro del vostro Bellamy, non ? ancora entrato nel cuore dei vostri legislatori. Neppure qui il diritto all'esistenza ? stato riconosciuto. Accanto ai re delle ferrovie, del lardo, del petrolio, della Borsa, di tutte le speculazioni, stracarichi di ricchezze e di diamanti, trovate spesso anche nelle vostre citt? pi? fiorenti l'operaio disoccupato e digiuno, l'orfano scalzo, la famiglia senza tetto e senza pane. Come diceva Macaulay molti anni fa scrivendo ad un amico, finch? avrete negli Stati Uniti un'immensa estensione di terra fertile e non ancora occupata, i vostri lavoratori staranno infinitamente meglio di quelli del vecchio mondo. Ma tempo verr? in cui la Nuova Inghilterra sar? popolata come la vecchia. Presso di voi il salario diminuir? e subir? le stesse fluttuazioni come in Europa. Voi avrete la vostra Manchester e la vostra Birmingham dove gli operai, a centinaia di migliaia, avranno sicuramente i loro giorni di crisi. Allora si lever? per le vostre istituzioni il gran giorno della prova. La miseria rende dovunque il lavoratore malcontento e rivoltoso, preda naturale dell'agitatore, il quale gli espone quanto ? ingiusta questa ripartizione in cui l'uno possiede dei milioni, mentre l'altro ? incerto del pane. Da noi, negli anni di crisi, vi sono molti lagni ed anche qualche tumulto; ma poco importa, poich? la classe sofferente non ? la classe governante. Il potere supremo ? nelle mani di una classe numerosa, che ? la pi? colta e la quale ? e si stima profondamente interessata al mantenimento dell'ordine, alla guardia delle propriet?. Ne segue che i malcontenti sono repressi con fermezza e si passano i momenti critici senza spogliare il ricco per assistere il povero. Ma come ve la caverete voi quando al principio del secolo venturo avrete da affrontare prove consimili?

--Bisogna prevederle e prepararsi in tempo per trovare il modo di superarle felicemente.

--? il voto di tutti, ma l'ipotesi pi? verosimile ? invece che quando arriveranno i momenti tristi, il vostro governo non sar? capace di contenere una maggioranza sofferente e irritata. Perch? qui il governo ? nelle mani delle masse, e i ricchi, che sono in minoranza, si trovano in bal?a di esse. Giorno verr? in cui la moltitudine, fra una met? di colazione e la dubbia prospettiva di una met? di desinare, nominer? i legislatori. E possibile concepire un dubbio sul genere di legislatori che saranno nominati? Da una parte avrete un uomo di Stato che predica la pazienza, il rispetto dei diritti acquisiti; dall'altra un demagogo che declama contro la tirannia dei capitalisti e degli usurai e domanda perch? gli uni bevono vino di Champagne e passeggiano in carrozza, mentre tanta gente onesta manca del necessario. Quale di questi candidati avr? la preferenza dell'operaio che ha sentito i suoi ragazzi chiedergli del pane? Oh! allora avverranno qui di quelle cose, dopo le quali la prosperit? non pu? pi? rinascere. Allora, o qualche Cesare, o qualche Napoleone prender? con una mano potente le redini del governo, oppure la vostra repubblica sar? nel xx secolo saccheggiata e devastata come lo fu l'impero romano dai barbari, con questa differenza: che i devastatori dell'impero romano, gli Unni e i Vandali, venivano di fuori, mentre i vostri barbari saranno i figli del vostro paese.

--Secondo tutte le probabilit?--disse la signorina Mary, dopo un po' di riflessione--i barbari verranno fuori prima nei paesi pi? poveri, in Europa, se i governi del vecchio continente non si decidono a ritardarne l'avvento col disarmo, che vorrebbe dire rifiorimento di tutte le industrie, dell'agricoltura e del commercio, e che nella sola Italia significherebbe una economia di un milione e mezzo al giorno. Ora l'esempio di ci? che succeder? in Europa servir? di ammaestramento agli Stati Uniti: almeno speriamolo.

Ed essendo sopravvenuto. Giorgio, si cambi? discorso.

Rimpatriando.

Ma per lo pi? bisognava stare tappati sotto il ponte e io approfittavo della solitudine per riandare il passato e vedere ci? che avevo imparato. Ero stato quasi cinque anni negli Stati Uniti, tre dei quali, gli ultimi, fermo a New-York; sentivo di essermi spogliato di molti pregiudizi, di rimpatriare con criteri pi? pratici e positivi di quelli con cui ero partito e non vedevo l'ora di arrivare in Italia per fare dei confronti ed esaminare i contrasti che pi? mi avrebbero dato nell'occhio.

Il treno diretto internazionale Bruxelles-Strasburgo-Basilea mi portava il giorno seguente a Milano. Passate alcune settimane presso i parenti che non vedevo da tanto tempo, intrapresi un breve giro in Italia, per visitare alcune citt?, come Roma, che non avevo mai visto prima di emigrare in America.

Gli ? che da noi si cura pi? l'apparenza della sostanza. Cos? abbiamo una quantit? di gente che non guadagna dieci lire al giorno e che vuole vestire, frequentare i teatri, tener la casa come se ne guadagnasse venti o trenta. Come faranno costoro? O dei gran debiti o dei gran digiuni.

E l'apparenza non la si ritrova solo nei falsi eleganti, che vogliono vestire meglio di quello che la loro condizione comporterebbe, ma nei discorsi e negli atti pi? insignificanti della vita. Quanti complimenti, quante chiacchiere inutili!

Una pessima impressione si riceve poi dalla moneta in circolazione, dalla scarsezza dell'argento, dalla mancanza dell'oro, dall'uso dei grossi soldi di rame e dei piccoli biglietti da cinque e da dieci lire. Il corso del centesimo e dei pezzi da due centesimi da specialmente nell'occhio come un segno di grande miseria.

Una spiacevole impressione fa altres? la caccia che i giovani della piccola borghesia danno all'impiego meschinamente retribuito, invece di dedicarsi all'industria, al commercio, all'agricoltura.

Che dire poi della politica! Si trova che tutto in Italia si fa alla rovescia. Alla vita pubblica dovrebbe prender parte la maggioranza dei cittadini col mezzo del voto, e invece una parte ? privata di quel diritto e l'altra, sfiduciata, se ne disinteressa e lascia brigare una piccola minoranza di ambiziosi. All'epoca delle elezioni invece di gran comizi di elettori che, secondo il partito, scelgano i candidati che accettino il loro programma, si vedono dei candidati che si presentano da loro a piccole riunioni facendo essi il programma: precisamente il contrario di ci? che dovrebbe logicamente avvenire.

Tutto alla rovescia, dicevo. Le cure principali dello Stato, delle provincie e dei comuni in un paese come l'Italia dovrebbero essere dedicate alla pubblica istruzione e all'agricoltura, e invece i bilanci di questi due ministeri sono appunto i pi? poveri e trascurati: e mentre tanti sono i disoccupati che soffrono la fame, si spende un milione e mezzo al giorno nell'esercito e nella marina da guerra, si ha la vanit? di costruire dei bastimenti pi? grandi di quelli dell'Inghilterra e si commette il gravissimo, imperdonabile errore di sperperare milioni in un lembo d'Africa che le potenze pi? ricche d'Europa hanno sempre sdegnato di occupare.

Si capisce che la causa principale della nostra rovina, dell'abbandono in cui lasciamo l'agricoltura e le industrie ? l'esercito permanente. Ma--si dice tutti i giorni--finch? l'Europa intiera non si mette d'accordo per disarmare gradatamente e simultaneamente, chi ? che pu? commettere la pazzia di farlo isolatamente?

E perch?? replica chi viene da un paese senza esercito. Se l'Italia ? in pace con tutti e non ha alcuna idea, almeno per ora, di andar a molestare chicchessia, chi ? che le potrebbe impedire di sostituire in breve tempo all'esercito permanente tutta la sua giovent? liberamente addestrata al tiro a segno?

Anzich? una imprudenza, non sarebbe, da parte della nazione pi? giovane, un atto di saggezza e un buon esempio?

Chi pu? supporre sul serio che un altro popolo da noi non provocato venga a occupare il nostro territorio? E se ci? pure potesse accadere, chi pu? credere per un solo momento che la giovent? italiana sopporterebbe un invasore in casa? Giusto gli Stati Uniti, nella guerra di secessione, hanno dimostrato come un popolo sa battersi valorosamente anche senza essere regolarmente reggimentato. Ma, senza ricorrere a esempi stranieri, non abbiamo veduto i giovani volontari di Garibaldi? Avevano essi forse imparata la manovra in piazza d'armi?

Lo straniero in Italia! Vedrebbero i paurosi come risorgerebbero i Balilla!

A chi viene da lontano pare veramente strano che per le beghe che la Francia pu? avere con la Germania o l'Austria con la Russia, l'Italia debba essere alleata con una o due di queste potenze e mantenersi in piede di guerra come esse, levandosi il pane di bocca, indebitandosi fino agli occhi! Sembra poi un colmo il vederla alleata precisamente con la potenza che tiene ancora sotto di s? un lembo di territorio italiano.

Disgraziatamente la maggioranza del popolo mantenuta sempre nell'ignoranza--poich? anche la pubblica istruzione ? regolata pi? a vantaggio dei ricchi e delle fabbriche di avvocati, che dei poveri--non ha potuto ancora accorgersi che nel nostro bel paese tutto procede alla rovescia; ed ? il guaio peggiore, poich? invece di pacifiche e progressive trasformazioni nel meccanismo politico e amministrativo, avremo cos? un giorno, inevitabilmente, le scosse violente.

In luogo di cittadini istruiti che si mettano tranquillamente d'accordo per modificare lo Statuto e porlo in armonia con le aspirazioni e i bisogni dei tempi nostri, che sono ben differenti da quelli del '48, salteranno pur troppo fuori i barbari, gli unni e i vandali indigeni di cui si parlava con Mary.

A meno che coloro che stanno in alto non aprano gli occhi alla verit? e all'amore del prossimo. Come diventerebbero, allora, sul serio, i padri della patria e come oltrech? al bene pubblico provvederebbero anche al proprio.

Ma, s?; andate, parole al vento!

APPENDICE

Alberto Mario a New York.

Fino dai primi tempi in cui stavo a New-York, cercai di raccogliere notizie intorno al viaggio che nel 1858 fece negli Stati Uniti il mio concittadino Alberto Mario insieme con sua moglie, la signora Jessie White.

Avendo sentito dire dai pi? vecchi italiani residenti a New-York che il discorso era stato stupendo, e che a loro pareva sempre di vederlo il giovane e biondo patriota, che parlava con l'accento di una profonda fede nella libert? della patria, che affascinava coi suoi grandi occhi e con la bellissima voce, provai un acuto desiderio di ricercare quel discorso ed ebbi la fortuna di rintracciarne una copia--l'unica, probabilmente, esistente--appunto fra le carte della famiglia della signorina Mary.

La madre di Mary, che aveva assistito alla conferenza, mi diceva che doveva essere stata scritta dall'autore durante la lunga traversata dell'Atlantico. A me ? sembrata cos? interessante che, trattandosi anche di uno scritto inedito che ? un vero documento storico, chiedo ai lettori il permesso di farne un sunto, citandone testualmente qualche brano.

Cominciava cos?:

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