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Read Ebook: Col fuoco non si scherza by De Marchi Emilio

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Ebook has 1763 lines and 93771 words, and 36 pages

solenne, tremolante di sogni.

--Lavora, fannullone--comand? Ezio Bagliani che nella sua qualit? di vice-presidente della Societ? dei Canottieri era detto anche il vice-ammiraglio. E per essere pi? sciolto si tolse la giacca e il cappello, che butt? sul sedile di poppa.--Andiamo, in quattro colpi siamo al di l?.

--Sento una zampa d'aragosta che mi graffia lo stomaco--sogghign? don Andreino, che alle prime ondulazioni del canotto credette veramente che qualche cosa di vivo si movesse in mezzo allo Sciampagna. Non riuscendo n? di reggersi, n? di star seduto sulla banchina, andava brancicando in ginocchio tra le assicelle del legno in traccia d'una pipa che gli era sfuggita dal taschino e di cui non poteva pi? far senza.

Il suo compagno, pi? forte, pi? superbo, dopo aver cercato di dominare il suo vino col dirne male, afferr? i remi e colla salda vigor?a de' suoi ventiquattro anni, riattivata l'energia dei muscoli e svampati i bollori al soffio dell'aria frizzante, cominci? a battere l'onda con colpi lunghi e ben assestati, che fecero volare il canotto riluttante tra i larghi cumuli d'acqua, resi pesanti da un contrario venticello di tramontana.

All'improvviso un colpo di pistola rison? nel grave silenzio a risvegliare gli echi pi? addormentati della montagna.

--? ancora quella pazza ubbriaca di Vera che tira ai palloncini: finir? coll'ammazzare qualcuno, se non la fanno smettere--disse Ezio.

A parte questi giochi eran del resto tutti buoni figliuoli; buoni, s'intende, a far nulla; ma gi? qualcuno cominciava a capire che a questo mondo non si ? venuti soltanto per far delle schiocchezze. Erminio Bersi stava per prender moglie; Ezio Bagliani carezzava l'idea di finire i suoi studi legali e di pigliarsi una buona volta la sua laurea a Genova o a Pisa. Don Andreino, trascinato nell'orbita di suo cugino deputato, il conte Andrea della Roncaglia, mescolava alle corse, alle regate, un po' di sport elettorale e qualche sua personale velleit? politica,

--Sei proprio in collera del tutto con Liana?--chiese don Andreino, quando dopo infiniti patimenti ebbe finalmente infilato il remo in una forcella.--Mi ha detto che tu le fai un gran male,

--Ne ho gusto.

--Non vuoi proprio pi? saperne di lei?

--Non si ? gi? consolata abbastanza col suo americano?

--L'americano ? un ripiego.

--Sai quel che mi ha fatto a Nizza?

--Lo so: ma tu sei troppo feroce, Ezio.

--Vada a farsi benedire. Mi ha seccato abbastanza. E poi ho bisogno di far giudizio quest'inverno.

--Ho capito--soggiunse Lol? quasi piagnucolando--vuoi prender moglie anche te. Allora io faccio il deputato.

--Bada, tieni a destra. Vedo laggi? al Castelletto la finestra di mia cugina Flora ancora illuminata. Andiamo ad augurarle la buona notte.

--Due minuti dopo il canotto ballonzava sotto il terrazzo d'una modesta casa posta a picco sul lago sostenuta da tre archi di muro e coronata da una torricciuola merlata dipinta a striscie rosse e nere, che giustificava agli occhi della gente il nome di Castelletto. Per quanto umile e goffa nella sua struttura di pasticcio mal riuscito, tuttavia all'indulgente raggio della luna anche quel vecchio rudere di casa colorata, chiusa tra un cipresso da una parte o un gran ciuffo di oleandri dall'altra, aveva la sua modesta poesia.

--Che fate in giro a quest'ora, vagabondi? grid? Flora.

--E tu che cosa fai al mesto lume della lucerna?

--Sto copiando quella tua dissertazione di laurea. Sai che il tuo gobbetto ha una scritturaccia da gallina?

--Ti presento don Andreino Lulli, una grande autorit? sportistica e un futuro uomo politico.

--Per celia, signorina--corresse il contino agitando il cappello.

--I vostri schiamazzi dal Ravellino arrivano fin qua, Chi ? che giuoca al bersaglio?

--Vogliono ammazzare la luna.

--? una vergogna, a quest'ora.

--La mamma sta bene?

--Dorme.

--Non logorarti troppo gli occhi per me, povera Flora. Domattina sei in casa?

--Sempre ci siamo.

--Va bene: alle nove?

--Alle nove. Addio, Flora...

--Addio--rispose Flora, alzando la voce per seguire il canotto che si allontanava come una freccia: e le parve che un piccolo eco nascosto in qualche crepa del monte opposto ripetesse di l? del lago;--Addio....

Villa Serena nel seno pi? interno della riva spiccava solitaria nel giardino vasto e oscuro, che l'abbracciava tutta nelle sue ombre profonde. Era una casa aperta sul lago con terrazzo a lunga balaustra di pietra bigia, ornato di grossi vasi di sasso, colla facciata d'una gravit? signorile senza pompa e senza leziosaggini, una casa ancora senza storia, che Camillo Bagliani, il padre di Ezio aveva acquistato poco prima della morte della sua prima moglie. Vi aveva poi condotta la seconda moglie, Vincenzina, vi aveva raccolto le sue memorie e vi era morto anche lui da poco tempo, dopo aver passato gli ultimi anni di vita in uno stato di lenta paralisi sul balcone della camera che prospetta il piano pi? vasto del lago.

Ezio vi era, si pu? dire, cresciuto negli anni pi? belli della sua giovinezza e dopo la morte del babbo considerava Villa Serena come il rifugio delle sue idee migliori. Per rispetto a donna Vincenzina, sua seconda madre, l'eco dello gazzarre del Ravellino non vi doveva nemmeno arrivare e dagli amici suoi, tranne questo contino Lulli, che aveva una specie di salvacondotto nel titolo e nell'onorabilit? del nome, nessuno altro era mai stato introdotto tra le ombre oneste e tranquille di quell'angolo invidiato. Ezio sapeva e voleva che gli altri avessero a distinguere tra il compagnone allegro e il padrone di casa. I piaceri della vita non l'ubbriacavano mai fino al punto di fargli perdere il sentimento de' suoi doveri, e in questa specie di governo di se stesso era la sua forza e la sua superiorit? su tutti gli altri che gli facevano la corte. Questo senso di orgoglio lo faceva parere molte volte duro e aristocratico ai democraticoni della gazzarra, pei quali lo stravizio non ha bisogno di guanti e nemmeno di brache: ma Ezio voleva essere aristocratico, e sapeva di esserlo, magnificamente, quando era il caso. Quarantamila lire di rendita ben amministrata gli potevan concedere questo lusso.

Il canotto con una giratina magistrale imbocc? l'arco oscuro della darsena e and? ad arrestarsi ai piedi della scala che mena al giardino. Ma il luogo era cos? buio che lo sbarcare non fu cosa facile. Ezio salt? a terra per il primo, tir? il legno a riva, lo leg?, a tastoni, colla catena, bestemmiando contro quell'animale di Moschino che non era venuto incontro colla lanterna. Accese un zolfanello per rompere l'oscurit? e alla fiamma che rischiar? l'antro vide il ragazzetto seduto sulla scala, addormentato, colla lanterna morta tra le gambe.

--Aspetta, lazzarone!--brontol?, frenando con fatica la voglia di farlo rotolare nell'acqua. E presa uno ciotola di legno, di quelle che servono a vuotar le barche, la riemp? fino all'orlo e vers? tutta l'acqua sulla testa di Moschino, che gett? un urlo di spavento. Il battesimo discese e serpeggi? fresco fino in fondo alla schiena.

--? cos? che tieni il lume acceso, pigro animalaccio?--grid? il padroncino, mentre il disgraziato si dibatteva nei panni bagnati.--Alza il lampione, se non vuoi che con un calcio ti butti dentro.--Il ragazzo che conosceva per prova le furie del signorino, si alz? grugnendo, lev? il lampioncino di vetro: ma l'acqua aveva cos? bagnato il lucignolo che si dovette rinunziare a ogni tentativo di accenderlo.

Bisogn? far di necessit? virt?, arrabattarsi al buio e persuadere Andreino a uscir dalla barca: ma nel frattempo Lol? s'era beatissimamente addormentato nel fondo e giaceva come un sacco di cenci. Abbruciandogli due o tre zolfanelli sotto il naso, Ezio pot? richiamarlo un poco ai sensi e persuaderlo a lasciarsi tirar fuori: ma il contino che sentiva la zampa dell'aragosta grattargli l'ugola, cominci? a piangere sulla sua sventura e a dichiarare d'essere il pi? vile vermiciattolo che si nutra di fango e altre di quelle melanconiche amarezze, da cui son presi i nobili spiriti che hanno un'aragosta e del cattivo Sciampagna sullo stomaco.

Colle buone e colle brusche Ezio, che in queste tragedie non era alle sue prime prove, pot? finalmente schiodarlo dall'asse, imped? che il pi? infelice degli uomini tuffasse le scarpette nell'acqua buia della darsena, lo tir? sulla scala e a urti e a spintoni lo condusse per l'oscura galleria alla luce del giardino. Era un peccato che don Andreino non fosse in grado di ammirare la mite bellezza e l'incanto della luce lunare, che stendevasi come un lenzuolo bianco sul piazzaletto ghiaioso e gocciolava in vaghissime falde di neve nell'ombra dei viali senza riuscire a dissiparne l'oscurit?,

Tra una massa densa di cupe conifere e una parete di mimose, d'alo?, di bamb?, l'oscuro e tortuoso sentiero conduceva alla casa dove tutti, fortunatamente, dormivano in quell'ora piccina, nella calma profonda in cui il batter lento dell'onda pare anch'esso il respiro della notte addormentata.

Don Andreino un po' sostenuto, un po' trascinato dalla mano robusta dell'amico, non cessava di ripetere quel che aveva gi? detto le cento volte, cio?, ch'egli era il pi? miserabile degli uomini, pi? vile del pi? vile vermiciattolo che mangi il fango della terra: e ogni qual tratto faceva il tentativo di fermarsi per dichiararsi indegno di riporre il piede sotto il tetto ospitale del pi? generoso degli uomini. Alle parole seguivano teneri abbracci, singhiozzi e vere lagrime di tenerezza, a cui Ezio non sapeva opporre che frasi sorde come queste: Sta zitto, asino: non svegliare quei di casa. S?, vermicciattolo, taci che ora ti mettiamo a letto.

Moschino corse in cucina a prendere un lume e per la scaletta di servizio venne fatto a tutti e due di spingere il giovine ubbriaco fino a una stanzina, che di solito serviva al guattero di casa. Lol? cadde sul letto, su cui Ezio distese un coltrone e lo lasci? mormorando: Ora ne hai fino a domani sera.

Moschino accompagn? il padroncino fin sulla soglia della stanza e torn? a cercare il suo letto. Nello strapparsi di dosso i vestiti bagnati, che mandavano un forte odore di pesce, mormorava:--E dicon porci a noi!--Ma il sonno scese presto a dissipare ogni rancore. Anche Ezio si addorment? presto, rotto com'era dalla fatica: e non sogn? che un chiarore vago di luna in cui una voce, la voce di Flora, andava leggendo qualche cosa ch'egli non riusciva a capire.

Studi severi.

Non si svegli? prima delle sette e il suo pensiero corse subito alla promessa fatta a Flora.

Son?. La vecchia Bernarda gli port? l'acqua ed il caff?.

--Dirai a don Andreino, quando si sveglia, che mi raggiunga verso le due alla Boliviana, dove si raduner? il comitato delle regate.

Salt? dal letto e compi? la sua toeletta, dopo aver deterso colla spugna nell'acqua diacciata tutto il suo corpo di elegante atleta, che strofin? colla canfora e coll'aceto profumato. Quando si sent? ripulito da tutti i fumi dell'orgia, si vest? della biancheria fresca di bucato, che mandava un buon odore di ireos, spalanc? le gelosie verso il lago per lasciar entrare tutta l'aria e tutta la luce della mattina,

Il lago era un tranquillo raso celeste senza una piega da questa all'altra sponda. Per la china dei monti scendeva a pezze disuguali il sole dorato a illuminare il vario verde dei boschi e le capanne pi? alte, mentre una rara nebbiolina vagolava sui fianchi pi? bassi e sulle rive che sentivano ancora qualche brivido della notte. Poche barche di pescatori parevano immobili nello specchio, tra cui veniva sbuffando il battello della mattina, che lasciava indietro un pennacchio di fumo.

Questa era stata gi? del suo povero babbo. Qui il brav'uomo aveva languito gli ultimi mesi, qui era morto. Vicino a questa camera si apriva lo studio vasto, ancora arredato da solidi scaffali, pieni di libri e di carte, e popolati dei cento oggetti che parlavano della sua vita e delle sue opere. Tra due scaffali un busto di marmo lo rappresentava nel vigore degli anni e della fortuna, quando su proposta di Quintino Sella, che aveva avuto di don Camillo Bagliani un'alta opinione, era stato mandato prefetto in Sicilia in un momento di grave pericolo sociale. E in un quadro era esposta tutta la raccolta delle sue decorazioni, che cominciavano con una piccola medaglia commemorativa della battaglia di Palestro e finivano colla commenda dei SS. Maurizio e Lazzaro.

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