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Read Ebook: Il re dei re vol. 2 Convoglio diretto nell'XI secolo by Petruccelli Della Gattina Ferdinando

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Ebook has 635 lines and 42466 words, and 13 pages

<< E dalle parole passando ai fatti, ebbimo appena campo di ripararci ad Heiligenstadt e fulminare interdetto contro i perturbatori del sinodo.

--E poi? << dimand? Gregorio >> cosa avete fatto di poi, messer arcivescovo?

Sigofredo lo guard? in volto onde comprendere chiaro che mai volesse dire, indi soggiunse:

--Nulla, santo padre, se non che partirci per venirvi a render conto dell'esito della nostra legazione. E siamo qui da due settimane.

--Arcivescovo di Magonza << severamente risponde Gregorio alzandosi da sedere >> tu hai delusa l'aspettazione di s. Pietro, e ti sei mostrato tutt'altro di quello che il pontefice ti aveva creduto. Ritirati, e non lusingarti di trovar pi? fiducia in noi. Anzi, pensa alla giustizia del sinodo che sar? congregato per giudicarti; perch? troppo dalle tue parole e dalla tua codarda condotta abbiamo compreso parteggiare anche tu pei ribelli.

Sigofredo di Magonza, in cuor suo non tranquillo, abbassa il capo, ed uscito, in quell'istante istesso riparte per l'Alemagna.

Il camerario annunzia in seguito il principe Baccelardo.

--Santo padre << sclama Baccelardo entrando >> santo padre, Salerno ? presa dai Normanni.

A questa notizia Gregorio percuote del pugno la tavola e grida:

--E tu, neghittoso, tu vieni a portarcene vergognosa novella?

Baccelardo fa un balzo come percosso d'improvvisa contumelia e fissa il papa di sguardo superbo e collerico. Poi dopo un minuto di silenzio:

--S?, ser papa << animosamente risponde >> io posso bene portarvene la nuova, dopo aver combattuto come guerriero, ferito Guiscardo, e ceduto al numero. Disdicetevi dunque di codesta parola di neghittoso che mal mi si adatta; e se il cuore vi punge la sorte della misera nazione longobarda e di me, provvedete, e sollecitamente, energicamente provvedete.

--Sta bene << sclama Ildebrando >> rit?rati.

All'uscire di Baccelardo, senza essere chiamati, l'abate di Cluny ed Alberada si presentano. Alla loro vista Gregorio spalanca gli occhi, e dopo averli squadrati un momento, senza aspettare che parlassero, corrugando la fronte in modo accigliato, dimanda:

--Ed il priore?

--Il priore ? fuggito << risponde Alberada con fermezza. >> Ed io--io Alberada moglie di lui, rammentando il giuramento di Ildebrando nel castello di Cariati--io gli detti questo consiglio.

--Ah! << sclama Gregorio mordendosi le labbra e convellendosi nella persona per reprimersi >> tu dunque gliene davi il consiglio? Ben facesti, Alberada, concubina del priore di Lacedonia, ben facesti. Appartatevi dunque; e tu abate di Cluny, fa perch? si rechi qui il castellano della Mole d'Adriano.

I due legati escono, ed il camerario introduce Gisulfo principe di Salerno. Gregorio lo riconosce, e cangiando voce e sembiante ad un tratto gli parla:

--Confortatevi, messer principe. Iddio che fa la piaga la medica. Sappiamo di vostre sventure: l'oro si prova col fuoco, gli eletti con le tribolazioni. Confortatevi, che noi provvederemo. Potete intanto ritirarvi.

Gisulfo a tanto freddo ed insultante conforto arde di dispetto e negli occhi scintilla, indi amaramente soggiunge:

--S?, santo padre, mi ritiro--e mi ritiro dopo aver conosciuto appieno il valore dei soccorsi della Chiesa. Gli ? bene per? che sappiate ancora voi, sire papa, che Roberto Guiscardo non solamente ha tolti gli Stati a noi, ma in questo momento, in questo momento proprio invade il patrimonio di San Pietro, occupa gran parte delle Marche, e cinge d'assedio le mura di Benevento. Addio--conforto per conforto!

E s? dicendo, senza fargli cenno alcuno di veneranza, parte. Gregorio gli manda dietro uno sguardo lento e ghiacciato, poi mormora:

--Imbecille! occupa le Marche! assedia Benevento! Ah! questo ladrone normanno ? dunque ben fermo a non lasciarsi mettere il giogo dai pontefici? E la vedremo, bel duca, la vedremo, per dio! chi di noi giuocher? posta pi? soda, e se tu ti stancherai prima di ribellarti, noi di metterti il piede sul collo.--La vedremo!!

Il camerario entra allora novellamente e consegna a Gregorio una lettera capitata in quel punto di Lamagna, riferendogli nel tempo stesso che il castellano della Mole di Adriano stava fuori. Gregorio rompe il nastro della lettera e legge

A questa lettura Ildebrando rimane come stordito. Per un pezzo guarda il suolo fitto fitto e convulso calca sul tavolo le polpastrella delle dita, poi tutto ad un tratto lo percuote del pugno, si leva in piedi e grida:

--Sire Cristo! gitter? le tue chiavi nel Tevere se non mi lasci punire questi ribaldi che si prendono giuoco di me. Dovessi soccomberci, dovessi perire, dovessi rinnegare la fede e dare l'anima mia a Satanno, gl'imperadori di Lamagna non investiranno pi? vescovadi ad alcuno; di Guiberto e di Enrico mi vendicher?.

E s? dicendo dava un passo per uscire, allorch? vede il camerario, quel Giovanni che fu poscia vescovo di Porto e tanto temerario e feroce, aspettare ancora gli ordini suoi. Ildebrando si ricorda del suo comando, si rimette, e dice:

--Fate entrare il castellano.

Il domattino gli araldi invitavano quanti cardinali, vescovi ed abati si trovassero dentro Roma per assistere ad un sinodo che il pontefice riuniva nel Vaticano.

Intanto Ildebrando aveva lavorato tutta la notte, ed ordinato a molti legati tenersi pronti a partire, sull'istante medesimo che quello sarebbe terminato, onde propagare nell'orbe cattolico i suoi voleri. Le notizie della sera antecedente lo avevano riscosso un momento. Poi si era ricalmato, e con una lucidezza di mente, che partiva da intima convinzione del suo dovere e dell'altezza del suo ministero, a tutto avea posto pensiero di provvedere. Doveva aprire l'uscita a novella vita nei secoli; doveva annullare gli ultimi avanzi degli usi e delle costituzioni dei vecchi tempi; al mondo far sentire la forza d'un nuovo codice, il quale primamente tutti gli arbitrii e tutti i poteri del dominio laicale rovesciava, indi ai cittadini restituiva un simulacro di libert?. Il pensiero era generoso, grande, originale: e perci? appunto senza violenza non potevasi manifestare. Segnatamente, che il carattere dell'uomo il quale l'aveva concepito era tenace, e si cacciava nell'aringo sicuro della pienezza delle sue forze, convinto della giustizia della causa, non ignaro dei tempi e degli uomini con cui scendeva a misurarsi, ed in Dio confidente. Perch? Ildebrando, se fu stimolato da ambizione, e fortemente lo fu perch? uomo e potenti sentiva le passioni, nel fondo del cuore caldeggiava di fede smisurata, e le vie di Dio giammai perdeva dello sguardo.

Il concilio si tenne--uno dei pi? forti e pi? fatali concili.

Per?, come fu terminato, e sanciti que' canoni che gli uomini della Chiesa liberavano da qualunque subordinazione laicale ed alla purit? dei primi sacerdoti li richiamavano, sciame immenso di legati e d'inquisitori trabocc? per tutta Europa onde ad ogni citt?, ogni borgata, ogni vescovo, ogni pievano, ogni suddito fossero manifesti i concepimenti di Gregorio; lo stato delle chiese dell'orbe cattolico riconosciuto ed a lui rapportato. Essi dovevano inquirere sulla condotta dei preti ed a vita novella avviarli; sospendere i tribunali e le loro pendenze appena arrivati nei paesi, ed e' giudicare; ogni autorit? piegare alla venerazione del pontefice; lo stato, il pensiero, i desideri, i bisogni, le querele, le gioie, la fortuna di ogni cristiano a lui significare ed a lui sottomettere; le citt? ed i castellani d'Italia chiamare a collegarsi per rompere qualsiasi vincolo di dipendenza dall'impero, ed il papa riconoscere capo della federazione, a danno di tutti i poteri. In una parola, gl'inquisitori che per tutte le terre d'Europa Gregorio spandeva dovevano spargere le sue dottrine; tenerlo istruito dei progressi del suo sistema; multiplicarlo; farne sentire il potere e la presenza; e quindi metterlo a caso di sapere quai passi potesse dare ancora, dove ammonire, dove fulminare.

Baccelardo era stato spedito nella Germania all'imperatore che allora teneva corte a Worms.

Sul cader di una sera, egli viaggiava stanco di aspra giornata ed affamato, mentre andava considerando le diverse vicende di sua vita. Il cavallo, colle redini allentate sul collo, gli teneva dietro, mansueto, affaticato non meno del padrone. Il nobile animale toccava di tanto in tanto le spalle di Baccelardo quasi avesse voluto dirgli: Monta su dunque, non divenir lasso maggiormente! E col fiato lo andava riscaldando, perch? spirava rovaio tagliente, e qualche raro fiocco di neve, come mosca bianca, aliava per l'aria e cadeva. Baccelardo per?, o che volesse rispettare il generoso corridore coverto di bardatura di ferro e di cuoio, o che per il freddo gli tornasse utile il camminare a piedi, non rispondeva alle carezze del cavallo che con uno zufolare un'aria di caccia, o tutto al pi? con un: Animo Licht! due passi ancora, ed uno buono strame ed una grossa misura di biada tutto accomoda.

Indi considerava tra s?:

--Povera creatura! ? stata sfortunata anche essa! I suoi antenati a servire i signori d'Altavilla ed i loro potenti figli; ed essa ad accompagnarsi meco di tutto diseredato, anche di amici, ad essermi compagna in tanto peregrinare, in tanti perigli, sovente anche digiuna. Ma andiamo, Licht, le cose forse cambieranno. Questo pontefice, che ? tanto potente in parole, non ha saputo far niente per noi, perch? i pontefici apprezzano meglio un chierico, il quale biascichi due parole latine, che un nobile animale come te. Staremo a vedere che sapr? fare questo matto d'imperadore. Veramente i saluti che gli porto non sono mica i meglio graditi. Ma la Dio merc? ho capito che oggi, in questo guazzabuglio d'interessi, bisogna che ciascuno pensi a s?. Io non sono assoldato con Ildebrando. Quando avr? compiuta fedelmente la commissione di lui, nessuno m'impedisce che non mi raccomandi un tantino ad Enrico. A lui piacciono coloro che menano le mani con l'aiuto di Dio, ed io mi son pane pei denti suoi. Del resto io mi trovo anche bene agli scialacqui della sua corte; perch?, dopo tanti stenti, un po' di crapole non mi dovrebbero mandare all'inferno. Iddio ? tanto misericordioso! Ad ogni modo, mio bravo Licht, spero bene che per stasera non ci abbia a mancare un osso a rosicchiare ed un fiasco da spartirci fraternamente. Eh! arricci il muso? sei ghiotto di carne come un abate. Sta queto dunque che non te ne mancher?, vah! non ci fosse altro che da tagliare le lacche all'ostiere.

E cos?, parte discorrendo, parte pensando, si avvicinava ad un villaggio ai pie' del San Gottardo; allorch?, da dietro alcune casipole dirupate, vide uscire un gruppo di giovanette stranamente vestite, tutte scollacciate, e prodighe di vezzi e di daddoli avviarsi alla sua volta. Le quali, appena gli furono presso, si aprono, e mettendoselo in mezzo e prendendolo chi dalle braccia, chi dai panni, con gazzarra alta, cortese, e mista a sorrisi, gli diceano:

--Venite, bel signore, venite alla festa, venite all'allegria.

Baccelardo, stupefatto di quell'apparizione e da quell'invito, par fuor del secolo, nulla comprende. ? per? a tempo a gridare al suo cavallo: Quieto Licht! Perch? questo, vedutosi pigliar dalla briglia, gi? sbruffando schiuma ed arroventando gli occhi, si alzava sulle zampe di dietro per cacciarsi sotto quelle briose creature. Alla voce del padrone il cavallo si assoda, e quelle fanciulle, che dalla paura si erano sbrancate, si arrotano novellamente a lui, ed azzeccandosegli alla persona, ripetono:

--Ma non sareste voi per avventura un buffone, o signore?

--Il diavolo che vi porti, quelle pettegole!

--Non sareste voi per sorte un suonator di ribeba, un suonator di cornamusa, un istrione, un menestriere?

--Io non son niente di tutto codesto. Apritemi il varco ed andate all'inferno.

--Allora venite, venite chiunque voi siate. Racconterete i vostri viaggi, una storia di paladini o di maghi, una storia dell'orco e delle streghe di Benevento: venite a rallegrar monsignore--venite, damigello.

--Io non so nulla di codeste storie, le mie donnine! Che streghe, che paladini? Io sono un povero cavaliero, ed ecco tutto.

--Da bravo--venite dunque, bel cavaliere, venite alla cena di monsignore.

--Ma al nome di Dio! << sclama Baccelardo >> non sareste voi per avventura delle fate che vorreste condurmi in un castello incantato, o spiriti maligni che, contraffatti in sembianze tanto venuste, ambireste tirarmi in trappole infernali per caparrarvi l'anima mia?

Quelle ragazze, ad uno scongiuro cos? peritoso, scoppiano in iscroscio di riso pi? pazzo ancora, e facendogli in certo modo violenza, se lo menano gridando:

--Non temete, bel cavaliere, noi siamo donne, pronte a darvi anche un bacio per convincervene, a farci la croce, a nominare Ges? e Maria. Venite con noi. Monsignore non sa cenare solo perch? si annoia, e ci ha messe alla posta per condurgli degli ospiti. Venite dunque, bel cavaliere, venite, se Iddio vi aiuta! a bearvi della presenza di monsignore.

Baccelardo, che dal viaggio si sentiva affranto e dal digiuno stimolato, al lusinghevole invito non sa resistere, tanto pi? che gi? toccava le porte di quel barone.

Segue quindi le donzelle, ed esse si dileguano cantando:

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