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Read Ebook: La vita in Palermo cento e più anni fa Volume 1 by Pitr Giuseppe

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Ebook has 1013 lines and 104720 words, and 21 pages

Nel Gennaio del 1776 si fu a un pelo d'incorrere in un grosso guaio per una sassaiuola che dovea impegnarsi tra monelli di mestieri diversi??.

Una distinzione tra' nativi di questi quartieri non ? cos? facile come la divisione della citt? nei quartieri medesimi. V'hanno caratteri etnici comuni a tutti e quattro, e ve ne hanno di particolari, che pure qua e l? si vennero intrudendo e confondendo, e che ora a somma fatica potrebbero sceverarsi. I Kalsitani, per esempio, se uomini, son pescatori; se donne, ricamatrici; e quando all'una ed all'altra occupazione non son pi? adatti, i vecchi rammendano reti, che servono pei loro figli; le vecchie fanno funicella di cerfuglione??: gente, dal pi? al meno, tranquilla, che solo due volte ha fatto parlare di s?: nel 1647, durante la sollevazione del Masaniello di Palermo, Giuseppe D'Alesi, e nel 1770, quando le donne kalsitane, messe con le spalle al muro dal Senato, che voleva costringerle ad una tassa sulle aperture delle case, si adunarono furenti sulle Mura delle Cattive, e con grida da spiritate e manate di fango dimostrarono contro il Pretore Duca di Cannizzaro, andato per la solita sua passeggiata alla Marina.

Specie di colonia di pescatori della Kalsa era la frazione di S. Pietro nel rione della Loggia, che poi con quella venne a poco a poco formandone un'altra, parte di pescatori, parte di marinai, nel Borgo, dove i Lombardi, per ragioni di commercio, facevano vita propria.

Ma dalla Kalsa propriamente detta alla Corte Pretoria ed a porta di Vicari quant'altra gente, diversa per indole e per occupazioni!

Lattarini coi suoi fondaci aperti a tutti i mulattieri dell'Isola bastava sola per richiamare a costumi del tutto medievali ed al ceto meno colto, anzi addirittura incolto, dei comuni anche prossimi a Palermo.

Siamo alla Kalsa e vogliamo percorrerla un tratto.

Nelle vie dell'Alloro e di Lungarini, a pochi passi dai tuguri della povera e rassegnata gentarella che vi si addensa, sono palazzi dalle ampie ma semi-buie corti, dai riposati scaloni, dalle luccicanti sale, ove i Marchesi Abbate, della Sambuca, di S. Gabriele, di Bonagia, lussureggiano di magnificenze. I credenzieri vi hanno le loro case, la loro chiesa i cocchieri, che nella processione del Venerd? Santo affermano la loro prestanza fisica e la aristocratica dei loro padroni nelle dorate livree e nelle bianche parrucche.

Ecco il monastero della Piet?, gi? palazzo Abbatellis, dalla strana, unica sua porta d'ingresso ; ove pietose monachelle ogni anno, al domani di Pasqua, non tralasciano di recitare in suffragio degli Angioini freddati nel Vespro Siciliano l'uffizio dei defunti.

Imboccando la strada Butera, il palazzo di questo nome, ultimamente ingrandito con lo spazio del demolito baluardo del Tuono??, e che si ingrandir? ancora dell'altro verso porta Felice, accoglie con isplendore reale ed ospitalit? tutta siciliana sovrani e principi, ambasciatori e ministri. La via ? come ostruita dalla parrocchia di S. Niccol? Anita la Kalsa, la quale ad oriente guarda porta Felice, ed a tramontana l'ospedale di San Bartolomeo. Fissiamolo bene questo cimelio d'arte innanzi che il tempo lo spazzi.

L'architettura medievale dell'Isola v'impresse la delicatezza delle sue linee. La finestra sulla porta d'entrata gareggia con quella di S. Agostino. Il campanile ha sagome che ricordano quelle della Cattedrale coi loro archi dolcemente acuti e le ogivali di purezza inappuntabile.

Guai se il cav. Fuga vi mettesse gli occhi!

?? Ma ahim?! il tremuoto del 1823 ne rovin? una parte, ed il Governo di Napoli, per alte influenze palermitane, permise la demolizione di tutto l'edificio!

Tre grandi palazzi, sorgenti sulla medesima linea e ad eguali distanze, dalla parte orientale alla occidentale della citt?, dal basso all'alto, furon teatri di avvenimenti drammatici nella storia cittadina: il palazzo Chiaramonte, ora dei Tribunali, il Pretorio, e quello del Vicer?, ora Palazzo Reale.

Nell'andar su pel Cassaro, le vie laterali scompariscono al multicolore bucato teso tra un balcone e l'altro, tra una ed un'altra finestra. E non ci vuole di pi? per comprendere che si ? in un paese del mezzogiorno, se pure non lo accusi quell'attentato permanente ai piedi dei passanti che ? il ciottolato delle strade.

A destra ? sempre la chiesa di S. Antonio, centro della citt?, donde partono gli avvisi dei generali Parlamenti del Regno e dei pubblici consigli, e le chiamate impellenti degli uomini atti alle armi, quando pericoli di corsari minaccino la sicurezza della vita e delle sostanze??.

E pace sia!

In alto, sul cornicione, di fronte alla chiesa dei Teatini, furon sempre di orrore due gabbie di ferro, nelle quali stavano chiuse le teste di due giustiziati per delitto contro la fede pubblica e l'Erario del comune: Francesco Gatto e Carlo Granata , cassieri della Tavola .

La fontana del cinquecento ? sempre l? maestosa, ma le sue statue, pi? che scollacciate, ignude, offrono ancora le cicatrici dei nasi rotti per una vendetta, dicesi, compiuta dai Messinesi??, o dalla barbarica abitudine dei monelli -- ed anche dei non monelli -- di guastare cosiffatte parti nei simulacri in marmo. Ad un prelato della famiglia Sermoneta di Roma, venuto a visitare Palermo , fu assicurato la impudicizia di quelle statue essere stata in parte corretta da un suo antenato, per riguardo alle monache di S. Caterina??.

Dal lato di S. Giuseppe rendevano una volta gaia la piazza i fiorai della citt?, dagli antichi posti raccoglientivisi a giornaliero mercato??, caro ai devoti di chiesa e di galanteria, che andavano a provvedersi di mazzolini da offrire a santi e a donne??.

?? L'idea d'un mercato di fiori, che si vuole oggi tradurre ad atto in Palermo, come si vede, non ? nuova.

V'hanno arazzi di squisita fattura e suppellettili di non ordinaria bellezza, e tutto un corredo di argenteria, che attesta munificenza di Pretori e dignit? di Senato. E sopra, di fronte a S. Caterina, sono ancora seimila tra archibugi grandi di archiglio e serpentina , ed elmi e corazze e cimieri e bracciali ed altre armature, buone a mettere in pieno assetto un esercito per la difesa della capitale.

Chi ne voglia, per?, sapere qualche cosa si affidi al Torremuzza ed al Villabianca, che gliene diranno per filo e per segno??.

La gente per? si ferma volentieri innanzi a due statuette ignude: e vi si ferma non perch? tali, ma perch? ha sempre sentito narrare sul conto loro una certa storia, un po' triste, un po' allegra, che serve d'ammaestramento a chi abbia la tentazione di litigare. Il pittore Houel, messosi un giorno a disegnarle entrambe ebbe raccontato:

<>??.

?? Il David si perdette nel tremuoto del 1823, e col David il Mercurio e le misure esistenti nell'atrio. Le gabbie di ferro, gi? vuote, furon fatte togliere dal Principe Lanza di Scordia nel 1836, appena nominato Pretore. Le teste, con le armi, erano state buttate gi? dalle finestre nel 1773.

E dire che le due statue leggendarie rappresentavano, l'una un Antinoo, l'altra un Mercurio! L'Antinoo ? sempre l? al municipio; il Mercurio, da buon mezzano, prese il volo??.

A scanso di molestie, nell'uscire non ci voltiamo n? a destra n? a sinistra. Sui due lunghi sedili, a pi? del palazzo, stanno accoccolati straccioni e miserabili sollecitanti elemosine e grazie: e son gi? troppi quelli che s'incontrano per la citt?, la quale ne ? tutta invasa!

Constatazione dolorosa: dal lato meridionale del monastero di S. Caterina e del Palazzo Pretorio evidenti rimasero le tracce dello sconsigliato tentativo di abbassamento del livello stradale. Voleva togliersi il rialzo della piazzetta S. Caterina; e, scava, scava, dopo dodici palmi di terriccio portato via, si scopriron le fondamenta dei due edific? minaccianti rovina. Si grid? alla improvvida opera, e con gravissima spesa del Senato dovette subito ricolmarsi il malfatto vuoto. Malfatto, s?, perch? metteva a pericolo la solidit? di antiche fabbriche solo per vanit? della Deputazione delle strade, e, sia detto senza riserbo, per vantaggio d'uno di essa, il Marchese Giacona, il quale avendo acquistato una casa nel piano di S. Anna, e riformatala, ad ottenere il comodo di uscire in carrozza per la pi? corta via nel Cassaro sacrificava al suo privato il pubblico interesse??; esempio pernicioso ai futuri amministratori del Comune!

Torniamo alla piazza Vigliena, da poco stata proclamata nobile??.

Otto altri sedili accoglievano altri disoccupati in attesa di chiamata.

Chi per avventura si affacciasse dalla ringhiera della Casa dei padri Teatini , o da quelle del palazzo Jurato , Napoli, Gugino , poteva bene indovinare, a certi loro strumenti, che mestiere essi esercitassero. Ve n'erano con una cazzuola in mano, e questi eran muratori; ve n'erano con grandi pennelli: imbianchini; i falegnami aveano una sega; i fontanieri, una specie di elmo di ferro in mano ed una martellina; i cocchieri, una frusta; e non occorreva cercare insegne per i lacch?, i servitori, i barbieri, ed altri oziosi forzati e volontar?, i quali davan la misura del disagio delle classi operaie. Nel 1777 un ingegnere della marina francese li trov? armati di spadini: il ciabattino dal grembiule di cuoio e dal sudicio vestito; il parrucchiere dal sacco pieno di cipria. Inoltre qualunque artigiano, uscendo di casa nel costume proprio del mestiere, andava armato d'un'ampia e vecchia parrucca, sovente d'un paio d'occhiali inforcati sul naso??.

Poco discosto, presso la chiesa di S. Giuseppe, s'aggruppavan preti e sagrestani privi d'elemosina di messe e senza occupazione; ed al lato opposto nella Calata dei Musici, la virtuosa canaglia, presso la quale gironzolava questuando qualcuno dei <> del Conservatorio del Buon Pastore, in attesa di rientrare la sera nel pio Istituto??.

Qualche viaggiatore, venuto a svernare tra noi, pens? di far sapere a chi non se l'era mai sognato, che Palermo era una citt? divisa da un fiume ed unita da ponti. Il fiume sarebbe stato l'Oreto; i ponti, a vedere, i pezzi di legno di passaggio, dei quali era incaricato il famoso mastro Agostino Tumminello!

Se volessimo per un momento andare oltre, dovremmo sguisciare tra la folla che assiepa la strada. Tanta gente parve ad un inglese maggiore di alcune vie popolate di Londra??.

Pi? sotto incontreremmo <>. Troveremmo sarti e calzolai lavorare all'aria aperta, proprio nel Cassaro, e in tanto numero, da sorpassare ogni immaginazione; e, sparsi per terra, libri usati e, in varie fogge distesa, roba vecchia??; e resteremmo confusi alla ressa di altri venditori, i quali con panchette, attaccapanni, tavole, sporte, paniere, canestre prendon posto sulle sponde ; e qui, presso la Piazza, nelle quattro vie che in essa convergono, pi? che mai all'apparato di stoffe e di abiti che impedisce la vista, ed alle seggette che barricano dappertutto, alla moltitudine di uomini, ai quali solo da pochi anni, per la riforma delle maestranze, ? stata fatta libert? di gridar la roba che spacciano, libert? non prima concessa??.

?? Che cosa sia questa, ce lo dice il Santacolomba : <>.

Sprigionatici appena, potremmo a destra e a sinistra guardare i grandi palazzi, ai cui pianterreni son pannerie, botteghe, caff?, con entrate inegualmente divise da basse colonne sostenenti l'architrave e s?pravi certi quartierini che sembrano gabbie da uccelli e sono abitazioni dei pigionanti delle botteghe medesime. Non uno spaccio di grasce, non uno di annona, non un'osteria od altro che non offra carattere di pulitezza. Antiche, inviolate ordinazioni del Senato non ne consentono uno nei due corsi??.

Sopra le botteghe grandeggiano abitazioni di persone di foro e di toga, di gente arrendata e di gente di penna??; nei <>, alti impiegati e magistrati del vecchio stampo, pei quali abituale ? lo spandere pi? del pingue stipendio, gaudenti dell'oggi, non preoccupati del domani delle loro festaiole famiglie. Agli ultimi piani, sotto i tetti, son le logge coperte dei monasteri, dove in ogni spettacolo profano, in ogni grande solennit? religiosa fiammeggiano occhi irrequieti, sui quali pi? oltre senza secondi fini alzeremo freddamente i nostri.

In altre vie, di secondo, di terz'ordine, stanno di casa e di bottega artigiani; dalla specialit? dei loro mestieri prendono nome le vie: Materassai, Sediari, Formari, Pianellari, Spadari, Cintorinai, Tornieri, Gallinai. A brevi distanze singolare ? il contrasto di vita e di movimento. Silenziosi i vicoli dei Calzonai, dei Frangiai e dei Mezzani, che pur danno sul Cassaro; stridenti quelli degli Schioppettieri, dei Chiavettieri , e dei Cassari, che intronano le orecchie.

L'ab. Meli raccomanda, rimedio infallibile alla sonnolenza, lo star di casa ai Calderai, che ?, secondo Galt, <>, dove si ammassano <>??. Nel medesimo rione egli vede pure una strada tutta di ricamatrici: ed il ricamo ? su mussolino di Caltanissetta, citt? produttrice di buona tela, come Palermo lo ? di nastri di ogni dimensione e colore per le centinaia di piccoli telai che vi stanno in continuo moto.

Sconfortante peraltro ? il pensare che molto, moltissimo venga manifatturato all'estero su materie prime qui prodotte e da qui partite. Un uomo d'ingegno fa osservare che l'olio siciliano ? di gran lunga inferiore al medesimo olio che, mandato fuori, ritorna depurato, meno verde e pi? squisito; ed aggiunge: essere di pelle siciliana i cappelli provenienti dall'estero, di potassa nostra i cristalli, di canape nostra le funi, di lana nostra i panni, di seta nostra molte stoffe??. Carte di archiv? privati in Palermo confermano la osservazione; se mai di conferma fosse bisogno.

E s? che questo ? il paese nel quale il cav. de Mayer di Vienna trov? della gente che sa fare un'ascia con una sega!...

Andiamo avanti: piazza di Bologni!

La statua di Carlo V pare la figura d'un cieco che s'appoggi al suo bastoncello ed allunghi la mano andando tentoni. Ai suoi piedi cresce dell'erba, ed alla base fan brevi apparizioni pasquinate che tutti vedono e nessuno sa chi le attacchi: n? i servitori del Principe di Belmonte che vi stanno di faccia , n? i frati del Carminello , n? i corrieri del Principe di Villafranca, che vi stanno allato.

Stringiamoci al monastero dei Sett'Angeli, e, senza guardare al vandalismo dell'abside e del lato settentrionale del sacro luogo, rasentiamo la chiesa della Incoronata, che vide giurare rispetto a diritti siciliani sovente conculcati. Pietro d'Aragona, al domani del Vespro, vi prese la corona. Alla porta del Palazzo arcivescovile sta sempre attaccata un'elsa che ricorda quella con la quale Matteo Bonello avrebbe squarciato il petto di Maione, triste ministro di pi? triste sovrano .

E siamo gi? nella maggiore piazza della citt?, in faccia al pi? grande edificio: il palazzo vicereale.

Anche dopo la scomparsa delle sue primitive torri, esso fu fortezza custodita sempre da alabardieri, quando spagnuoli, quando tedeschi, quando svizzeri, e munita di cannoni dominanti da solidi terrapieni la citt?. Ogni parte di esso ? un monumento, ogni monumento una pagina di dolore, di fremiti, di dolcezze.

Vicer? e Presidenti del Regno vi ricevettero baciamani di patriz? ed inchini di dame, piati di litiganti e suppliche di rei, voci di plauso ed urli di sdegno; e tra sorrisi e lacrime, tra carezze e minacce, tra condanne e grazie passarono non pure il decretato triennio, ma anche la conferma di altri trienn?, invocata al monarca dai tre Bracci parlamentari che sovente li detestarono.

Vediamone qualcuno di questi potenti, che fecero tremare mezza Sicilia, ma che pur tremarono la parte loro al ruggito di una sommossa. Li troveremo dipinti nell'anticamera dei vicereali appartamenti, ritti, imponenti come per dirti: -- Guarda chi siamo! --

Ecco la mingherlina figura di D. Giovanni Fogliani de Aragona, Marchese di Pellegrino . Chi gli avrebbe mai detto che in un momento d'inconcepibile tumultuazione delle maestranze sarebbe stato mandato via? egli cos? affezionato al paese, egli che ne cerc?, come meglio seppe, il pubblico bene, che ne sostenne con larghe limosine i poveri, ne protesse in ogni maniera la sicurezza! Oh andate ad aspettarvi la gratitudine dei popoli! Che bel parruccone questo suo! Dal 1770 in poi non se ne vide uno pi? prolisso; come non si vide viceregno pi? lungo del suo; la bellezza di quasi diciott'anni! Il suo naso potrebbe far credere ad un avido succhiatore di sangue; ma le sue opere furono di uomo bonario quasi altrettanto che il Principe di Caramanico, col quale ebbe parecchi punti di somiglianza. Perch?, entrambi ebbero un gran debole per le feste e la nobilt?; entrambi amarono il sapere e ne protessero generosamente i cultori; e come il Fogliani non se ne sarebbe andato senza la frenesia popolare, cos? questo vi sarebbe forse rimasto con la fiducia del Sovrano, se la morte non lo avesse colto all'improvviso.

Sorge l'infausta aurora, Deggio partir, ben mio. Ti lascio in questo addio Un pegno di mia f?.... Ma gi? il nocchier s'affretta Le vele a sciorre al vento. Ecco il fatal momento. Mi sento ohim? mancar!

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