Read Ebook: La vita in Palermo cento e più anni fa Volume 2 by Pitr Giuseppe
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La vita in Palermo cento e pi? anni fa, vol. 2
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EDIZIONE NAZIONALE DELLE OPERE DI
GIUSEPPE PITR?
OPERE COMPLETE DI GIUSEPPE PITR?
SCRITTI VARI EDITI ED INEDITI
GIUSEPPE PITR?
LA VITA IN PALERMO
CENTO E PI? ANNI FA
VOLUME SECONDO
INDICE
FESTE SACRE E PROFANE, CIVILI E RELIGIOSE.
Gli spettacoli si alternavano con le feste, e le une e gli altri si succedevano con inalterata puntualit?. Titolati, civili, popolani vi prendevano parte e se le godevano in ragione del loro grado, della loro inclinazione e dell'uso tradizionale.
La rassegna di quegli spettacoli e di quelle feste sarebbe essa sola materia d'un libro: tanti e cos? multiformi sono i gruppi nei quali, per funzioni civili e cerimonie religiose, per passatempi ordinar? e scene occasionali, per divertimenti continui e giuochi periodici, essa potrebbe scompartirsi e classificarsi.
Nei brevi cenni che la economia del lavoro ci consente, in questo e nel seguente capitolo il lettore potr? conoscere le principali feste delle varie specie.
Procediamo con ordine.
La impresa di Carlo V, che tolse al dominio turco le isole di Malta e del Gozzo e Tripoli, segna un fatto importante nella storia di Sicilia. Per compensare i Cavalieri di S. Giovanni della perdita dell'isola di Rodi, passata, dopo lunghissimo possesso, a Solimano imperatore, Carlo concedette loro Malta e Gozzo . Per ci? dovevano i Cavalieri attestare la loro gratitudine e rinnovar la conferma della loro soggezione al Monarca di Sicilia con un formale tributo al suo rappresentante in Palermo.
Eseguita con un cerimoniale tutto proprio, questa funzione dal 1? novembre venne portata al 1? gennaio e verso la fine del secolo, per omaggio a Ferdinando, al 12, compleanno di lui.
In che consistesse il tributo, ? presto detto: nella presentazione di un falcone per mano del Gran Maestro della Religione di Malta. Egli, partendo da quell'isola, veniva ossequiosamente a compiere nella Cappella del R. Palazzo l'atto, non pur di devozione, ma anche di vassallaggio. E poich? in Palermo era il Balio e Ricevitore di Malta, cos? sovente la funzione veniva da esso compiuta in forma di ambasceria: e per lungo tempo Gioacchino Requesenz dei Principi di Pantelleria rappresent? l'Ordine in faccia al Caramanico Vicer? ed al Lopez Presidente del Regno.
La straordinaria solennit? della ricorrenza era fatta pi? clamorosa dall'assordante sparo dei cannoni del forte di Castellammare; ma nel 1779 questo era gi?, per economia, abolito: ed il Ministro di Napoli per la Sicilia, autore della riforma, l'aveva cos? motivata: <
In tal modo si apriva il ciclo delle feste sacre e profane dell'anno.
Altre maschere di altra levatura popolavano le case private con le eterne distinzioni di classi; ch?, tra le nobili non erano ammesse le civili, e queste non avrebbero osato invitar quelle. Solo per eccezione il Principe di Patern? Moncada, che nella sua sconfinata grandezza aveva slanci fuori la propria cerchia, ammise alcune volte maschere del medio ceto nel suo palazzo; come la sua villa non isdegn? di aprire, oltre che ad esso, al ceto dei plebei: il che ci fa ricordare del Vicer? Colonna di Stigliano, che migliaia di maschere d'ogni classe accolse nel Regio Palazzo e tutte volle servite da camerieri e da credenzieri vestiti da pulcinelli?.
Anche pel Carnevale il secolo si chiudeva in forma eccezionalmente sontuosa. Erano i Sovrani in Palermo, e la eccezionale sontuosit? partiva appunto da loro.
La festa doveva principiare alle 2, ma pot? esser popolata solo alle 4 dopo mezzanotte, tale fu la difficolt? degli invitati di farsi strada pel piano del Palazzo.
? Dolci composti di pasta di mandorle, che prendono ancora nome dal monastero, dove particolarmente si manipolavano.
Cer?s vient de quitter ses riants campagnes, Elle arrive au milieu de ses belles compagnes; La d?esse des fleurs, et celle des jardins, Elle vient prendre part ? ces brillantes Festins. Sil?ne, ausi que Pan, et bergers et berg?res, Ont d?laiss? leurs bois, leurs rustiques caumi?res: Tous chantent de concert, par un ?lans d'amour?.
A periodici ridotti carnevaleschi si aprivano sempre i teatri: e poche delle persone che il potessero vi mancavano. La variet? dei travestimenti non era da meno dello sfoggio degli abiti d'entrambi i sessi. I balli si succedevano ai balli, non turbati mai da poveri mortali, che con la origine modesta ne tentassero le sublimit? inaccessibili.
Quei ridotti si ripetevano a brevi intervalli, e se ne contarono fino a una dozzina in una sola stagione. Molto prima del tramontare del secolo il costante buon successo di questi divertimenti persuase certo Cristoforo Di Maggio a costruire nel piano della Marina, rimpetto la Casa Calderone , una grande baracca di tavole solo per balli e spettacoli del tutto carnevaleschi. Era un teatro con ampia platea, con posto per due orchestre, ottantaquattro comodi palchi e logge in due ordini, parati con velluto cremisi, specchi e fiorami d'argento, a spese di ciascuno dei signori che s'erano impegnati per proprio conto. Vi si tennero da quindici tra veglioni e giuochi cavallereschi, ed una specie di circo equestre, con campeggiamenti di dame accorsevi fin dentro la platea con quattro carri tirati da mule bianche e assed? e assalti di torri tra cristiani e turchi. I forestieri <
L'intervento di persone non titolate, consentito dalle Autorit? e dalla natura dello spettacolo, allontanava qualche anno la vera e genuina Nobilt?; ma i veglioni si mantennero nel costante favore del pubblico, recando non lieve vantaggio alla cassa del Comune, che pur ne destinava gl'introiti alla Villa Giulia?. Il Santa Cecilia god? anche per questo speciale rinomanza, e non fu persona di riguardo che non ammirasse maschere e danze elette, non indegne della presenza di Vicer? e di grandi dignitar?. Ma cos? al Santa Cecilia come al Santa Caterina la sera del Marted? grasso era una gazzarra indiavolata di strumenti da scherno per l'accompagnamento tradizionale del canto e della recita degli artisti.
Secondo gli umori del Vicer? e le inclinazioni spenderecce o parsimoniose di Capitani Giustizieri abolito ripreso, il giuoco del toro trionfava nel classico piano della Marina, suscitando indimenticabili emozioni in tutta la cittadinanza?.
Scenate funebri simili, ma con particolari pi? strani, si perpetravano prima, a mezza Quaresima, nella Piazza di Ballar? segandosi il fantoccio di una megera mostruosa, fetida. Era l'immagine della magra, uggiosa, insopportabile Quaresima, tiranna impositrice di sacrifizi corporali, motteggiata in satire, indovinelli, giuochi di parole, e seguita, vedi contrasto! da una fioritura di devozioni e di spettacoli religiosi vuoi pubblici, vuoi privati??. Imperciocch? nella Settimana santa inacerbivasi nelle penitenze, e battuti e disciplinanti si flagellavano dentro le rispettive congreghe; e per quarantott'ore continue si digiunava in pane ed acqua, ed assistevasi alla processione dell'Addolorata tutta di servitori in abito da penitenti, a quella dei cocchieri padronali in parrucche e gallonati, all'altra della Soledad tutta di militari della guarnigione: e giudei in antiche armature, terrore e ribrezzo degli astanti, fiancheggiavano la veneranda effigie del Cristo morto.
Centinaia, migliaia i castrati che si sgozzavano per divozione gastronomica presso le urne d'acqua sotto la piramide commemorativa della Giostra . Bene avrebbe voluto qualche Senatore restituir queste fiere all'antico posto: e ne fece prova, anche alla Marina; ma n? la musica dei virtuosi, n? i giuochi d'antenna introdottivi ad allettamento dei cittadini, valsero a mantenervela??.
Altra Fiera, pi? composta e di genere diverso, nei primi di maggio allegrava la ricorrenza annuale di S.a Cristina, ex-patrona di Palermo.
Il Pretore vi esercitava autorit? suprema di giustizia: e vi fece qualche volta prendere e mandare al carcere di sua giurisdizione ladruncoli e perturbatori dell'ordine pubblico, quantunque non riuscisse mai a scoprire gli autori d'un grosso furto nel 1793??.
Ora che cosa ? rimasto di quella Fiera?
Nient'altro che il mercato degli animali ovini, bovini ed equini nel gran piano dei Porrazzi. S.a Rosalia and? a poco a poco soppiantando S.a Cristina e tutte le sante patrone della Citt?, confinandole con commemorazioni a sistema ridotto nella Cattedrale.
Qui non ? inopportuna una breve corsa attraverso l'immenso campo delle pratiche tradizionali dell'anno; e lo faremo rapidamente, guardando appena poche particolarit? di costumi, al presente non del tutto scomparsi.
Come in tutta la Sicilia cos? anche in Palermo dalla mezzanotte alle prime ore del giorno della Ascensione era un vociare confuso di pastori, un rumoreggiare assordante di campanacci, un belare di pecore, un mugghiare di vacche. Capre, buoi, interi armenti dalle montagne si menavano alla marina pel lavacro che dovea renderli immuni da mali durante l'anno: e capre e vacche, condotte in giro per la citt?, andavano ornate di fettucce e di fazzoletti di seta e le corna fiorate; ed i vaccai vestiti dei loro abiti migliori e i pifferai li accompagnavano lietamente.
La bizzarra costumanza?? richiama quella della benedizione degli animali da tiro e da sella, carichi di nastri e di campanelli, nella chiesa di S. Antonio Abate.
Tra pratiche superstiziose passava il giorno di S. Giovanni Battista ; tra ghiottonerie culinarie di pescatori quello di S. Pietro , chiuso con allegre cene a base di frutti di mare sulla spiaggia ed in barchette per gli abitanti nel quartiere della Loggia. Tra burle ed innocenti furti di bambini e di oggetti di vestiari o di ornamento, che si andavano a mettere in pegno e che poi gli interessati disimpegnavano, era consumato il giorno di S. Pietro in Vincoli: onde il motto che raccomandava di evitare liti il 1? di agosto.
'Ntra festi e Ferragustu Nun cci jiri si si' 'n disgustu
In baccanali simili a quelli dell'antica Calata di Baida nello scomparso medio evo, trascorrevano le quaranta ore nella grotta di S.a Rosalia , pretesto a chiassate di quanti fossero spensierati popolani, ed alle solite pompe del Senato, il quale vi si recava in portantina e vi veniva solennemente ricevuto dalla Collegiata dei canonici istituita dal Marchese Regalmici, che anche a S.a Rosalia volse le sue cure.
?? Nel 1835 la commemorazione era gi? ridotta ad una semplice scarrozzata lungo la via che conduce alla Rocca. Oggi nessuno ricorda pi? n? l'antichissima gita -- s'intende dell'8 settembre -- a Monreale, n? la passeggiata alla Rocca.
Una delle tre nobili compagnie, quella della Carit?, soleva ogni anno, pel giorno sacro a S. Bartolomeo, apostolo, tenere una processione per compiere un atto di beneficenza. Vestiti del loro sacco, a due a due, quei confrati portavano ceste piene di camicie e di filacicche all'Ospedale grande e nuovo. Quivi giunti, toglievano a ciascun infermo la propria camicia, gli indossavano la nuova e gli donavano delle filacicche per le piaghe.
Il pietoso costume ci fa pensare al difetto che i poveri ammalati di chirurgia pativano di mezzi di medicatura??: e dovette essere tanto celebre da far nascere altro costume del ciclo nuziale, ora del tutto dimenticato come questo della processione. Le ragazze del popolo promesse spose, nel medesimo giorno di S. Bartolomeo, regalavano ai loro dami una piccolissima camicia ed una manata di filacicche. <
La festa dell'Assunta non era pi? quella d'una volta; pure serbava avanzi stupendi, che la rendevano una delle principali del calendario cittadino.
?? Vedi v. I, p. 128.
Altro spettacolo le regate, che partivano dalla Arenella e giungevano alla Cala: lunghissimo tratto di mare che dava la misura delle forze fisiche e dell'agilit? dei pescatori.
V'erano pure le corse dei cavalli, ripetizione di quelle di S.a Rosalia, per le quali il concorso della gente soperchiava qualunque spazio; v'erano cuccagne di mare e di terra per gare di giovani nel salire antenne verticalmente piantate, o nel percorrerne altre sporgenti sulla spiaggia, entrambe sparse di materia che le rendeva sdrucciolevoli. E v'erano altres? corse di fanciulli a piede libero, e corse di giovani insaccati o impastoiati, prove che suscitavano l'ilarit?, ma che riuscivano talvolta pericolose.
In un pensiero, in un affetto si confondevano i cittadini tutti per la solennit? della Immacolata.
Di questo voto molti si occuparono pro e contro fuori Sicilia, e non benevolmente il Muratori; ma il Senato ed il Clero anch'esso giur?, senza versare una goccia di sangue, per quanto lo sostenesse o lo facesse sostenere a furia d'inchiostro, e rinnovava ogni anno, con costante fervore, la promessa.
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