Read Ebook: Il ponte del paradiso: racconto by Barrili Anton Giulio
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Il ponte del paradiso
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ANTON GIULIO BARRILI
Il Ponte del Paradiso
RACCONTO
MILANO FRATELLI TREVES, EDITORI 1904.
PROPRIET? LETTERARIA
Tip. Fratelli Treves.
IL PONTE DEL PARADISO
Spiacevole invito.
-- Che idea! -- esclam? la signora Livia, lasciandosi ricadere sulle ginocchia il suo ricamo turco, mentre con le pupille stravolte da un moto repentino di stizza andava cercando il soffitto a cassettoni dorati del suo salottino. -- Invitare le Cantelli! Ed hanno accettato? da te? --
Raimondo sgran? tanto d'occhi, per guardar bene sua moglie.
-- Non ti capisco; -- diss'egli. -- Accettare un invito da me, non ? forse come accettarlo da te? Non siamo noi la stessa cosa?
-- Per gl'inviti, no; -- rispose asciuttamente la signora.
-- Oh Dio! -- riprese egli, sforzandosi di volgere il discorso alla celia. -- Ci sono dunque delle eccezioni alla vostra santissima legge?
-- C'? questa, mio caro; -- sentenzi? la signora. -- Gl'inviti solenni, in una casa bene ordinata, li fanno marito e moglie coi loro nomi uniti in una formula unica. Nei casi ordinarii, e d'una certa confidenza, invita la signora, intendendosi annuente il marito. Alla fin fine, non ? lei che governa la casa? --
Raimondo chin? la fronte con aria contrita.
-- Vizio di forma, adunque; -- conchiuse egli. -- Puoi sanarlo tu, andando a far visita, e confermando l'invito.
-- No, caro; guasterei. C'? poi la sostanza, che non mi va.
-- E perch?, se ? lecito saperlo? Quelle buone signore si ritrovano qui, lontane da casa loro, al Danieli. Un albergo, sia pur di prim'ordine, ? sempre un'albergo; e in giorni come questi....
-- Male! -- interruppe la signora, che non voleva passarne una. -- Perch? si ritrovano a Venezia per l'ultimo giorno dell'anno? Se ci penso, non ? neanche stagione per addormentarsi qui, sulla "tacita Laguna,,.
-- Ne sai la ragione; -- si prov? a rispondere Raimondo colla usata dolcezza. -- Il figliuolo che ? qui al dipartimento navale....
-- Per Natale e Capo d'anno potevano ottenergli una licenza, e portarselo a Milano; -- ribatt? la signora. -- Si lascia cos? solo laggi? il capo di casa? E in giorni come questi , in giorni come questi, sacri al raccoglimento delle famiglie?
-- Eh, ci avr? pure pensato, la signora Eleonora; -- osserv? pacatamente Raimondo; -- avr? domandato e non avr? ottenuto. Del resto, che t'ho a dire? Comunque sia andata la cosa, poich? le signore Cantelli sono rimaste qui, a noi non rimaneva altro che fare il dover nostro; non ti pare? --
Una spallucciata fu tutta la risposta della imbizzita signora, che per non avere a dir altro si rimise attorno al suo ricamo turco. Se quello che andava facendo, mettendo punti su punti, era un versetto del Corano, diciamo pure che Maometto mandava a quel paese le povere signore Cantelli.
Raimondo, frattanto, anche a volersi contentare d'un gesto, non poteva fermarsi l?, col suo ragionamento avviato, che bisognava condurre alla fine.
-- Pensaci, mia buona Livia; -- soggiunse. -- Si tratta della famiglia del mio corrispondente di maggior conto, e pi? che corrispondente, patrono. Ho grandi obblighi, e di antica data oramai, col banchiere Cantelli. Se le mie faccende hanno cos? prosperato, credi che ci ha avuto gran parte la fiducia e l'appoggio del signor Anselmo, di quel re dei galantuomini. Cos?, venendo al caso di stamane, mi ? parso necessario, incontrando la signora Eleonora all'angolo della Piazzetta, di dirle che andavo appunto da lei, per invitarla, con la sua bella, figliuola e con quel caro ufficialetto di suo figlio, a fare il gran salto dall'anno vecchio al nuovo con noi. Ed ho anche insistito; confesso il mio peccato, che non mi pareva poi tale. Ora, mia buona Livia, quel che ? fatto ? fatto, e ci vorr? pazienza; soltanto mi duole che ti possa spiacere.
-- Spiacermi! spiacermi! chi ha detto mai ci??
-- Ah, volevo ben dire! -- grid? Raimondo, pi? che sollevato oramai, e disposto a ridere. -- Possiamo dar da cena a ventiquattro.
-- S?, caro, invitando a caso, e male. Ma siamo alla vigilia, quest'oggi, ed io mi son tenuta scarsa nei biglietti d'invito, per non andare oltre i dieci. Ora vedi tu, signore e padrone, dove ci portano le tue novit?. Tre Cantelli, e noi due, si fa cinque; il cavalier Lunardi sei; il signor Gregoretti sette.
-- Poi la tua cara Galier....
-- Eh! non me la rinfacciare, povera e cara anticaglia, che ? piena di garbo, e pi? interessante, col suo brio, di tante e tante puppattole.
-- Non nego, non nego; -- si affrett? a dire Raimondo. -- Con lei, dunque, si fa otto.
-- E nove col suo nipote; -- soggiunse la signora Livia; -- e dieci col signor Ruggeri; e undici col maestro di musica, necessario per accompagnare al piano, se qualcheduno volesse cantare; e dodici....
-- Ferma l?, per carit?! -- grid? Raimondo, con accento sbigottito. -- Metti al dodici il mio amico Filippo. Non vorrei che toccasse il tredici a lui, poveraccio.
-- Mettiamolo al dodici; -- concesse la signora, con aria di somma indifferenza. -- Al tredici andr? il povero signor Telemaco. Per fortuna, non ha da sapere a che numero ci casca. Verr? poi tua madre? Finora non c'? lettera, n? telegramma.
-- Se non verr?, -- disse Raimondo, trattenendo un sospiro, -- avremo sempre sotto la mano il mio ottimo Brizzi.
-- Invitalo dunque senz'altro.
E represse, cos? dicendo, un altro sospiro. Ma non voleva esser triste; sopratutto non voleva parer tale.
-- Che stravaganza, dopo tutto, questa superstizione del numero tredici! -- ripigli?, facendo bocca da ridere.
-- L'hanno tanti! -- disse Livia.
-- E credo che facciano un po' tutti per chiasso; -- prosegu? Raimondo; -- come quel tale che mi diceva coll'aria e coll'accento pi? grave del mondo: quando si ? in tredici a tavola, accade sempre questo, che uno dei tredici muor sempre, o presto o tardi, prima degli altri dodici.
-- Bella novit?! -- esclam? la signora, non potendo trattenersi dal ridere.
-- Ma ? l'unica cosa che se ne possa inferire con certezza, non ti pare? -- conchiuse Raimondo, felice di vedere rasserenata la sua parte di cielo. -- Dunque tornando a noi, tutti i tuoi inviti son fatti?
-- S?.
-- E non vorrai sanare il mio vizio di forma colle signore Cantelli?
-- No, ti ho detto, guasterei. Oggi, poi, non me la sento di uscire. Quante cose ho da disporre, quante da ricordare, come padrona di casa! Sai che c'? da chiamare tutti i pensieri a capitolo, come altrettanti monaci in una abbazia? E in queste cose tu non potresti aiutarmi. Siete cos? disadatti voi altri uomini, a preparare un ricevimento!
-- Vero; -- disse Raimondo; -- e aggiungi pure molte donne. Io anzi non ne conosco pi? d'una, per far tutto a quel dio. E te ne sono cos? grato! La mia casa ? una reggia, e tu ne sei la regina.
-- Ah! s?, bravo, due cerimonie! -- esclam? la signora.
-- Sempre, lo sai, come il primo giorno; -- riprese Raimondo. -- La mia felicit? ? cos? piena! Signore, dico a Dio pi? spesso che tu non ti possa immaginare, fate che non cessi, che non si diminuisca d'un punto. E tu, dolce Livia, ricordi un giorno, se mai c'? stato, nel quale io ti apparissi diverso dal primo in cui ci siamo conosciuti? --
Il pensiero di Raimondo era tenero nella sua sincerit?; l'accento era impresso di passione profonda. La signora Livia si alz? lasciando cadere sul tavolincino il ricamo col quale da un pezzo si era venuta baloccando, e avvicinatasi a Raimondo, con un bel gesto di graziosa degnazione, si chin? a baciarlo sulla fronte.
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