Read Ebook: Il ponte del paradiso: racconto by Barrili Anton Giulio
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Ebook has 1697 lines and 86521 words, and 34 pages
Il pensiero di Raimondo era tenero nella sua sincerit?; l'accento era impresso di passione profonda. La signora Livia si alz? lasciando cadere sul tavolincino il ricamo col quale da un pezzo si era venuta baloccando, e avvicinatasi a Raimondo, con un bel gesto di graziosa degnazione, si chin? a baciarlo sulla fronte.
-- Fanciullone! -- gli disse poi, rialzandosi tosto sulla vita. -- Va al tuo banco, ch'? ora, e lasciami alle mie occupazioni.... regali. --
Raimondo aveva afferrate le mani di lei, e le baciava divotamente, l'una dopo l'altra, cercando di trattenerla, ad ogni tanto guardandola negli occhi con aria supplichevole, che pareva domandare un supplemento di grazie sovrane. Ma la regina aveva la sua dignit? da conservare. Bene si lasci? tenere a bada parecchi minuti secondi; bene si accost? un tratto colla persona per esaudire la muta preghiera; ma subito si ritrasse, facendogli boccuccia, e si svincol? da lui per andare nella sala da pranzo, dove erano stati dianzi per far colazione, e dove i servi finivano appunto di sparecchiare. Quella era l'ora che madonna soleva scegliere per ragionare col Giovanni, il pi? antico servitore, come il pi? decorativo, dei signori Zuliani, decorato egli stesso del titolo di maestro di casa; e quel giorno, vigilia della gran cena di San Silvestro, doveva essere un colloquio importante al sommo, una specie di consiglio domestico, uno di quei consigli solenni, in cui si dimostra la sapienza delle padrone di casa, e i signori uomini di solito non capiscono un'acca.
La signora Livia era sparita; ma Raimondo Zuliani, anche restando come si suol dire a bocca asciutta, era contento di s? e di sua moglie. Aveva vinta una giornata campale, invitando alla gran cena le signore Cantelli, che a sua moglie piacevano poco, e quella cara non era pi? in collera. Benedetta donna! che stranezza era la sua, di non poterle soffrire? S?, certo, la signora Eleonora, con quella sua persona intirizzita, con quel suo fare sostenuto, con quella sua parsimonia di parole, non era la compagnia pi? allegra del mondo. Per questo, viva la faccia della contessa Galier, fosse pure con tutte le sue grinze, donde tra la cerusa e il belletto brillava e scoppiettava sempre l'arguzia, mentre era lei la prima a ridere degli sforzi inani che faceva allo specchio, per levarsi vent'anni di dosso! Ma quella Margherita Cantelli era tanto carina! E niente puppattola, come pareva che volesse gabellarla in un momento di stizza la sua Livia adorata; semplice, intelligente, buona e cortese, un vero angelo in terra. E poi, e poi, bisognava pensare che la signora Eleonora e la signorina Margherita erano la moglie e la figlia del banchiere Anselmo Cantelli, col quale Raimondo Zuliani aveva obbligazioni infinite. Non erano state tutte rose, nei cominciamenti di Raimondo; ed anche pi? tardi, quando gi? poteva avventurarsi pi? in alto nel mare magno degli affari, non gli erano mancati i frangenti, n? i passi difficili; Milano allora, sempre confidente e magnanima, aveva sostenuto Venezia. Gratitudine, se ce n'?!
Egli era dunque contento del dovere compiuto, felice di vedere la sua Livia cos? presto rabbonita. Sempre a quel modo l'aveva egli amata, temendone un poco gli scatti improvvisi, servendola molto timidamente, come avrebbe servita la sua dama un buon cavaliere antico, memore di essere stato paggio, e sempre disposto a reggerle lo strascico della sua veste di castellana. Che veglia d'armi aveva fatta Raimondo Zuliani, cavaliere moderno, per conquistare la sua felicit?! quante difficolt? aveva dovuto superare! Le pi? gravi gli erano anche riuscite pi? acerbe, poich? erano venute a lui dalla mamma adorata, che non vedeva di buon occhio la gente d'onde Livia nasceva. Come aveva lavorato di fine, il giovinotto, e con quanta pazienza, per levare certi dubbi, certi vaghi timori dall'animo di sua madre. La buona signora Adriana si era finalmente adattata all'idea di quelle nozze, che le spiacevano tanto. A che non si adattano le madri, povere madri, per far contenti i loro figliuoli? Solo in un punto non aveva saputo piegarsi, la signora Adriana, ricusando perci? di lasciare il suo ritiro di Belluno. Lass? non era nata, per verit?; ma quello era omai diventato il suo nido, poich? ci aveva accasata una figliuola, e la consuetudine di parecchi anni le faceva amare quel nuovo soggiorno. Un po' freddo il paese; ma dove mai non fa freddo, d'inverno? Per contro, c'era abbastanza fresco in estate, ed ella si trovava benissimo in quell'antico palazzo dei Cappellari della Colomba, dove con qualche ritocco opportunamente fatto dall'amatissimo genero si poteva star come papi.
Cos? diceva ella ridendo. E un papa c'era nato diffatti, sebbene da papa non ci fosse vissuto. A Venezia la signora Adriana compariva assai raramente, appena quel tanto che bastasse a dimostrare che non dimenticava affatto la patria. Qualche volta era discesa per la vigilia dell'Ascensione, antica festa veneziana; qualche altra pel Capo d'anno, ma governandosi in modo che il fatto non passasse in consuetudine, e volentieri trovando la scusa nel rigore della stagione. Aveva promesso di scendere per quell'anno? S? e no, dipendendo il fatto dalle circostanze, che sogliono sempre avere un gran peso sulle umane risoluzioni. Ma si dica pur tutto; la figliuola maritata a Belluno aveva gi? due amori di bambini; e quando si ? nonne non si sa mai distaccarsi da quelle piccole anime, nella et? in cui sono veramente belle, monde d'ogni colpa, se non d'ogni moccio. Ma questo ? un guaio pei nasini rosei, ed anche un po' pei ditini grassocci; belle cosine che si lavano senza fatica, e gli angioletti tornano puliti a quel dio, da divorarli coi baci.
La signora Livia, dal canto suo, non incalzava molto con preghiere per far calare la mamma a Venezia. E non gi? per avversione che le ispirasse la vecchia, che sarebbe un dir troppo, ma perch? forse non si sentiva amata svisceratamente da lei, o forse perch? al tempo delle sue nozze con Raimondo l'aveva indovinata contraria. Del resto, se nel suo cuore c'era un risentimento, od altro di simile, lo dissimulava bene, come sanno le donne assai meglio di noi, perch? pi? di noi ci sono spesso costrette.
-- Sai? -- diceva ella al marito. -- Non posso reprimere un senso d'invidia, pensando che tu l'hai, la tua mamma, e che io non ho pi? la mia. --
Cos? ragionata, la cosa poteva anche passare agli occhi di Raimondo. Un po' strana, a dir vero, la sua dolce met?, e alle volte neppur tanto dolce; ma egli l'amava cos?. Raimondo si era dato senza risparmio, alla cieca, come tutti gli uomini di profondo sentire, che il raziocinio e l'altre doti dell'intelletto debbono mettere intieramente a servizio di gravi occupazioni, di assiduo lavoro mentale. Gli affari comandano; sono una ferrea disciplina, gli affari; gelosi, imperiosi, prepotenti, se ne avessero modo, in quella guisa che distruggono ogni germe di pensiero nell'anima, asciugherebbero ogni vena di affetto nel cuore dell'uomo. E con molti, non c'? che dire, ne vengono a capo; comprimono, schiacciano, disseccano, trasformano, come accade nella trasmutazione di tanti tessuti organici, vegetali ed animali, in pietra o in metallo. Cos? il bel fiore dell'ideale, educato da una provvida bont? nel cuore pi? ruvido, si metallizza ancor esso, prendendo magari, per una certa affinit? elettiva, la forma di una moneta da cento lire, nuova di zecca e fiammante. Fior di conio, dicono i numismatici; che bisogno c'? egli d'un fior d'ideale? Ma non tutti la pensano cos?, non tutti sentono a quel modo. E quando in certi cuori il bel fiore ? ben vivo e tenace, le cure dell'assiduo lavoro, le prepotenti ragioni del tornaconto, possono comprimere fin che vogliono; sar? vana fatica, non varranno mai a schiacciarlo, non a disseccarlo, non a trasformarlo, non a farvelo diventare di metallo o di pietra; che anzi, imprigionato pi? strettamente, si fortificher? contro le dure invasioni, e per qualche spiraglio vi tramander? gli effluvii pi? intensi. Raimondo Zuliani nel profondo dell'animo era fatto cos?; banchiere poeta; poeta senza far versi; poeta nella delicatezza e nella vivacit? di un'indole tanto pi? forte ne' suoi scatti improvvisi, quanto pi? era ordinariamente compressa dalla necessit? e dalla consuetudine; poeta nel culto dell'amicizia, poeta nella adorazione per la sua Livia, di cui era innamorato come il giorno che l'aveva conquistata, fra tante difficolt?, fra tanti contrasti, e non senza strappi dolorosi al suo cuore di figlio.
Delle sue nozze niun frutto era anche venuto; cagione d'intima pena per lui, specie se pensava alla mamma, che un amor di bambino avrebbe attirata pi? spesso e trattenuta pi? lungamente a Venezia, come quegli altri due la trattenevano, e troppo volentieri, a Belluno. Ma bisognava striderci. La sua Livia, del resto, non si dava pensiero di queste malinconie.
-- Infine, -- gli diceva, -- che te ne fai, se mi ami? Se tu avessi quell'amor di bambino, come ti piace di chiamarlo, non dovresti spartire i tuoi sentimenti fra due? Un altro essere, ultimo venuto, comanderebbe in casa, tua. In quella vece, che cosa avviene? Tu non hai altro che me; mi amerai meglio. --
Questo era un argomento perentorio, davanti al quale bisognava deporre le armi ed arrendersi a discrezione.
-- S?, s?, hai ragione tu; -- gridava egli tutto racconsolato. -- Ma vedi? bisogner? dirmene spesso, di queste dolci parole. --
Nel fatto, la signora Livia non sentiva nessuna tenerezza pei bambini, e l'esserne senza poteva anzi parerle una benedizione del cielo. Pensava ella pure che con simili impicci al fianco, giovent? e bellezza ad un tempo si sciupano? Certe cose si sentono, anche confusamente, nell'anima, senza bisogno di pensarci su; e voi le potreste leggere espresse a chiare note di serenit? e di contentezza sulla fronte di parecchie donne, se non a dirittura di molte. Strano, non ? vero! Si ? tanto detto e creduto che Dio abbia spirato in ogni donna il senso della maternit?, quel senso arcano e ineffabile che in tutte si rivela, fin dagli anni pi? teneri, nell'amor della bambola! E questo pensava alle volte anche Raimondo Zuliani; ma oramai senza fermarcisi troppo.
-- Oh, finalmente! -- diceva egli tra s?, -- che cos'? questa maternit?? Un istinto. E che cos'? un istinto? Un moto interno, naturale, involontario, irresistibile; impulso oscuro, adunque, una forza cieca, che ci accomuna, nell'adempimento di certe funzioni, ad ogni specie di animali. ? della natura umana, o dovrebb'essere, il ribellarsi a questa forza cieca, per seguir la ragione. ? chiaro poi, che se avessi figliuoli, io dimezzerei l'amor mio. Livia dice benissimo; lasciamo dunque l'istinto alle bestie. --
Pentiti, don Giovanni!
San Silvestro era venuto, ma solo soletto, portando sul Canal Grande, nell'antico palazzo abitato dai signori Zuliani, una lettera di Belluno. La signora Livia ci aveva azzeccato; lettera o telegramma che fosse, la mamma, come si soleva chiamare in famiglia la vecchia signora Adriana, avrebbe scritto di non potersi muovere. Ragione, o pretesto? Pareva una ragione, poich? la lettera parlava di un nipotino che era a letto colla rosolia; pareva un pretesto, poich? la lettera soggiungeva non trattarsi di cosa grave, bens? di una forma benigna, assai benigna, di quella inevitabile malattia da bambini. Ma infine, pretesto o ragione che fosse, il piccino voleva sempre la nonna al suo capezzale, e non c'era modo di spiccarsene. Raimondo lesse, e sospir?, com'era il suo fare; ma non aggiunse parola.
Cos?, anche su d'un altro punto, aveva ragione sua moglie; avevano corso il rischio di essere in tredici per la cena del capo d'anno. Bisognava ad ogni costo mettere il sequestro, sulla persona del signor Brizzi; e il sequestro fu messo quella mattina, appena Raimondo ebbe fatto ritorno al suo banco.
Il signor Brizzi era il segretario del banco Zuliani, il braccio destro di Raimondo, quello che faceva andare la macchina, e diciamo pure la zecca, poich? era una macchina da far quattrini. L'onest? certamente ? la base d'ogni commercio; e quantunque molti ne facciano senza, non bisogner? credere che sia utile imitarli, perch? allora si fabbrica sulla rena, e le case generalmente non durano. All'onest?, per cui la casa Zuliani era omai proverbiale, il signor Antonio Brizzi, grande scritturale nel cospetto del Signore, aggiungeva una diligenza scrupolosa, una prontezza mirabile, una esattezza esemplare, per cui la macchina bancaria andava come un orologio: s'intende, come un orologio che va, e che va bene; due cose che non sono di tutti gli orologi.
Non si stava gi? sulle cerimonie, con loro. Le cerimonie lo seccavano a morte, e per questo non si ritrovava bene in casa del suo principale, in quei ricevimenti sempre un pochettino solenni, o che a lui parevano tali; dove bisognava star sulla vita, fare il bocchino, gesticolar poco o nulla, e parlare in punta di forchetta, fra giovinotti inamidati, vecchi incerettati e signore infarinate. I giovinotti inamidati lo mettevano in soggezione, i vecchi incerettati gli facevano rabbia, le signore infarinate gl'incutevano un religioso terrore. Si trattava poi di una soltanto; ch? la signora Livia, salvo in circostanze singolari, e veramente costretta dal suo ufficio di padrona di casa, non ne sopportava di pi?. Ma quella c'era sempre, buon Dio, come obbligata in chiave, e gli pareva una stonatura. Povera contessa Galier di San Polo, cos? amena, cos? facilona, e la prima a ridere delle sue infarinature ostinate! Ma il signor Brizzi era fatto cos?; si ritrovava male con le dame. C'era quella sola? Pagava per tutte.
Conoscendo l'umore del suo segretario, Raimondo Zuliani aveva dovuto attaccarlo col solito preambolo.
-- So che vi d? noia, mio caro Brizzi; ma voi mi scuserete, perch? non posso fare altrimenti. Mia moglie conta su voi, questa sera; ed io, poi, anche conoscendo le vostre inclinazioni, debbo contarci come lei. Alla cena del buon augurio non potete, non dovete mancar voi, che siete il mio amico migliore. E poi, che volete? Si resterebbe in tredici, senza di voi; ? dunque necessaria la vostra presenza.
-- Allora al fuoco, e senza risparmio, come a Malghera; -- disse ridendo il signor Brizzi.
Il signor Brizzi, come abbiamo sentito da lui, era stato tra i difensori di Malghera. Fedele ai ricordi del patrio risorgimento, portava baffi e pizzo all'italiana.
A pi? della gradinata del palazzo Orseolo approdava un'altra gondola, donde smontarono dopo il signor Brizzi altri due invitati di casa Zuliani. Tutti e tre, scambiata una stretta di mano, salirono, giungendo proprio gli ultimi all'appello. Nel gran salotto della signora Livia era gi? adunata, disposta in crocchi, secondo il caso o le affinit? elettive, una fiorita compagnia; "le donne, i cavalier, l'armi....,,; s?, anche l'armi, rappresentate da Federico Cantelli, nella sua severa uniforme di sottotenente di marina. Quanto agli "amori,, potevano essi mancare? Dove son donne e cavalieri, ? pi? facile azzeccar gli amori che l'armi.
-- Cos? tardi? -- chiese amabilmente la signora Livia, stendendo la sua bella mano al signor Brizzi.
-- Padrona, -- rispose l'ameno segretario, inchinandosi, -- abbia la bont? di scusare un povero villano, che non ha voluto venire con le mani vuote. Come vede, ho portato questi due forestieri. --
Raimondo respir? per sua moglie. Coi tre ultimi arrivati si era quattordici in punto. Ma non respir? il signor Brizzi, trovandosi l? in mezzo a tante persone elegantissime, specie davanti a signore, con le quali non poteva gi? bastargli una frase in burletta, come quella che aveva finito di dire alla padrona di casa, e sua. Conosceva le signore Cantelli; era anzi stato una volta all'albergo per ossequiarle e mettersi ai loro ordini, quando erano arrivate a Venezia: ma si sentiva impacciato con esse, particolarmente colla signora Eleonora, sempre cos? contegnosa e cos? avara di parole. Benedetta la contessa Galier di San Polo, che poteva essere infarinata pi? del convenevole, se non del necessario, ma infine, viva la faccia sua tinta e ritinta, parlava sempre lei, e non c'era altra noia che di starla a sentire. Noia, poi! Si dice cos? per dire. La contessa era amenissima; colla sua parlantina avrebbe messo di buon umore un convento di trappisti.
Pi? impacciato del nostro ottimo Brizzi appariva il signor conte Filippo Aldini. Che la presenza delle signore Cantelli mettesse in soggezione anche lui? Non era da credere. Filippo Aldini era un elegante inappuntabile, un giovinotto alla moda, rotto alla vita dei salotti; sebbene non frequentasse pi? molte case, come prima faceva assai volentieri, restava sempre quello di prima, nella bella padronanza di s?, dei suoi atti e delle sue parole, disinvolto e misurato ad un tempo, sobrio nel gesto, parco nella celia, ma pronto a scoccarla con aria tranquilla, che non pareva affar suo, come se avesse detta la cosa pi? semplice e pi? naturale del mondo. Non si confondeva mai; confondeva gli altri, piuttosto.
Perch? dunque appariva allora tanto diverso? Che fosse ammalato? Raimondo Zuliani, senza far tante indagini, notando solamente la novit? della cosa, ebbe compassione di lui; e venutogli accanto, lo aveva tratto bel bello verso le signore Cantelli, a cui l'amico non si era ancora fatto vivo altrimenti, che con un rispettosissimo inchino.
-- Posso io presentare il mio amico Aldini? -- aveva detto Raimondo, facendo bocca da ridere.
-- Ella sa bene, signor Zuliani, di averci gi? fatto questo regalo; -- rispose la signora Eleonora con gran degnazione, e, cosa pi? insolita, abbozzando perfino un sorriso. -- ? vero nondimeno che incontriamo il signor Aldini piuttosto raramente.
-- Lo incontrano! -- esclam? Raimondo. -- Non ? egli dunque tornato a riverirle? Davvero davvero, non riconosco pi? il mio Filippo, il re dei cavalieri. --
Filippo Aldini sorrideva a stento, sudando freddo, e balbettando qualche frase scucita. La nessuna importanza sua.... il timore di essere importuno.... E frattanto si guardava attorno, come se cercasse soccorso. Da chi, povero Aldini, da chi? Ah, bene aveva pensato quel giorno di darsi ammalato! Sentiva allora che l'idea era buona. Peccato che gli fosse parsa ridicola, tanto che non ci si era fermato su, e non aveva scritto quel bigliettino di scusa a Raimondo, magari mettendosi a letto, per non esser colto in flagranti di bugia, dal pi? caldo, dal pi? prepotente degli amici! Si pentiva allora, si pentiva amaramente di non aver colta a volo l'idea, balenata nella mattina al suo spirito, come unica e vera ?ncora di salvezza che gli porgeva un buon genio.
Bisognava dunque discorrere; e Filippo Aldini si adatt? a mettere qualche frase meno scucita di costa a quelle del suo amico Zuliani. Ma appena Raimondo non fu pi? l? in sostegno, lasci? languire la conversazione, e ringrazi? nel profondo dell'animo il cavaliere Lunardi, che si avanzava a riverire la signora Eleonora. N? solamente lo ringrazi?, ma subito ne prese occasione a ritirarsi in buon ordine, per andare a discorrere colla signora Galier. L? solamente si sentiva al sicuro.
-- Tutto bene! -- disse mentalmente Raimondo, stropicciandosi le mani in un angolo del salotto. -- Cos? la mamma fosse venuta, che non avrei pi? nulla a desiderare! --
La signora, la padrona di casa, doveva far l'obbligo suo. Fatto un cenno al marito, che offriva subito il braccio alla signora Cantelli, prendeva il braccio del signor Telemaco; un pezzo grosso della finanza, che siamo dolenti di non aver meglio specificato, ed ora, per far le cose a dovere, sarebbe un po' tardi. Poi volgendosi verso Filippo Aldini, gli disse a mezza voce:
-- Signor Aldini, offra il braccio alla contessa Galier. --
L'Aldini s'inchin? col suo fare misurato, ed obbed? prontamente.
-- Ah, che bel cavaliere! Ringiovanisco; -- grid? quella graziosa matta della contessa, che non voleva esprimere a mezza voce il suo gradimento.
La signora Livia sorrise; poi si rivolse al Lunardi.
-- Cavaliere, -- gli disse, -- offra il braccio alla signorina Cantelli. -- E con un leggero ammiccar degli occhi ebbe l'aria di soggiungere: -- ? contento di me?
-- A questo modo, -- esclam? il cavaliere Lunardi, per fare il paio colla vecchia contessa, -- ringiovanisco ancor io. --
La signora Livia fece un bel gesto d'invito a tutti gli altri, perch? volessero seguire la marcia come credessero meglio. Si era tutti amici vecchi di casa, perci? in gran confidenza; ed alcuni fecero l'atto, non ammesso dai manuali dell'etichetta, di offrirsi il braccio tra uomini. Il signor Brizzi, ad esempio, ci pass? per signora, un po' stagionata a dir vero, accettando il braccio che gli offriva il Gregoretti, bel tipo di mattacchione, e alle sue ore anche poeta.
Si travers? un secondo salotto che gi? conosciamo, e si mosse di l? verso la sala da pranzo, il cui uscio spalancato lasciava vedere tutto uno sfolgor?o di lampade di bronzo dorato e di candelabri antichi, tra i cui viticci venivano ad innestarsi, come frutti luminosi, le pere cristalline della luce elettrica. Al soffitto di legno, partito a cassettoni e rosoni, anch'essi dorati, si armonizzavano le credenze e le cristalliere di legno nero, intagliato a fogliami, a fiorami, a rabeschi, a mascheroni, a putti, a draghi, ad uccelli fantastici. Falso Cinquecento, sicuramente; ma anche falso sta bene, d? un nobile carattere alle case, parendo invecchiare con esse le famiglie troppo moderne, che si sono felicemente arrampicate a metterci il nido.
Intanto questo appariva in casa Zuliani, questo era evidente, tra tanti fumi del vin del Reno, di Borgogna, di X?res, di Caluso e d'altri siti; che i vecchi erano pi? animati, pi? allegri, perfino pi? arguti dei giovani. Nessuna maraviglia; forse ? perch? i vecchi hanno meno tempo davanti a s?, in paragone dei giovani, e fanno profitto di quel poco che avanza. Quanto a dedurne che sia per maggiore esperienza della vita, non ne credete niente; e vecchi e giovani son tutti ragazzi ad un modo.
In mezzo al chiacchiericcio generale, che gi? pareva un principio della confusione delle lingue, che ? che non ?, salta un turacciolo con formidabile scoppio; ne salta un altro, ne saltan parecchi; il vino di Sciampagna gorgoglia, ribolle, sfavilla, spumeggia nei calici di mussolina fusa in cristallo, o di cristallo fuso in mussolina, come vi piacer?. Era quello il momento solenne dei brindisi. E si cap? allora perch? il Gregoretti, quel grazioso mattacchione, non avesse dato alla conversazione tutto ci? che avrebbe potuto e dovuto. Il disgraziato aveva un brindisi in corpo, e in versi, per giunta, in versi veneziani, scoppiettanti, sfavillanti come il vin di Sciampagna, che gli stava dinanzi, e di cui aveva sorseggiata la prima spuma quasi per prenderne ispirazione.
Si era fatto silenzio, vedendo nell'atteggiamento e nel gesto del personaggio la promessa del brindisi. E il Gregoretti incominci?, celebrando in graziose strofe i meriti straordinarii dell'anno allora allora finito. Il che era contro l'usanza, per verit?; ma si sapeva bene che il Gregoretti non faceva mai niente a modo degli altri. A suo giudizio, l'anno andato meritava ogni lode, non avendo recato nessun dispiacere a lui, n? agli amici suoi; e questo era molto, anzi poco mancava che non fosse tutto. S?, buon Dio, si poteva anche ammettere che non fosse stato n? carne n? pesce. Ma il suo successore, il neonato, non si sapeva ancora che diavolo sarebbe riuscito.
E il vecchio, poi, era anche finito bene: ci pensassero un pochino, i signori commensali; era finito stupendamente per tutta una gentile brigata, sotto l'incanto della bellezza accompagnata alla grazia. Occhi soavi, amabil sorriso.... E pi? avrebbe detto il poeta, perch? c'erano da enumerare i pregi a centinaia. Ma siccome il ritratto sarebbe stato poi sempre inferiore all'originale, egli prendeva consiglio da quei pittori da dozzina, che dopo aver disegnata e colorita con tutta l'arte che possiedono la figura del committente, gli pongono in mano una lettera, colla soprascritta bene in vista, per istruzione del pubblico. Il nome, di quella bellezza, di quella grazia incantevole, doveva egli proferirlo? Non era gi? pronto a scoccare, sulle labbra di tutti? Animo, via, lo dicessero pur tutti con lui, senza timore di guastargli la chiusa, lo dicessero tutti a gara, quel nome grazioso, "quel nome caro ai Veneziani,, della signora.... E qui una sospensione, che permetteva a tutti di prorompere in coro: "Livia Zuliani,,.
La signora Livia Zuliani, udendo quella enumerazione di pregi femminili, e indovinando che col suo nome sarebbe andata a finire, si era fatta via via d'un bel colore vermiglio; a suo vantaggio, senza dubbio, perch? prima d'allora, diciamolo pure, con tutta la sua risoluzione di fare a mala sorte buon viso, era stata un po' verde.
Tra gli applausi e gli evviva dei suoi convitati, la bella nervosa, atteggiate le labbra al sorriso, lev? il suo calice, accostandolo cortesemente a quello del suo poeta. Ed anche, sorridendo sempre e ringraziando, dovette ripetere la cerimonia con tutti.
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