Read Ebook: Dal mio verziere : saggi di polemica e di critica by Jolanda
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Ebook has 874 lines and 74081 words, and 18 pages
Dal mio verziere
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JOLANDA
Dal mio Verziere
SAGGI DI POLEMICA E DI CRITICA
Terza Edizione
PROPRIET? PRIVATA
Rocca S. Casciano Stabilimento Tipografico Licinio Cappelli 1910.
INDICE
Cento, Settembre 1895
Per un sasso in colombaia.
? Autore d'un articolo provocante: <
Gettate il guanto con un'insolenza cos? bella e cos? nuova che m'invoglia a raccattarlo, deplorando per?, credetelo, di non contrapporre al vostro che il mio nome, un nebuloso nome. Meritavate di pi?; ma, pazienza: forse l'avversaria degna verr?.
E per noi questo non sarebbe neanche il peggior male. Il peggior male ? quello di conoscer la lingua, perch? allora si ? obbligati ad accorgersi degli strafalcioni. E pi? vi scalmanate a descriverci l'uomo quale dovrebbe essere, pi? ci disgustate dell'uomo quale ?.
Come!? L'uomo ? pi? forte, pi? intelligente, pi? ardito, pi? prepotente, meno istintivo e pi? sensibile, -- dite; e tengo a lasciarvi la piena responsabilit? di questa corona di aggettivi: poi dobbiamo assistere tutti i giorni nelle gran scene dell'ambizione e dell'amore a vigliaccherie incredibili, a transazioni ignominiose, a cretinerie classiche, a pusillanimit? senza scusa? Dov'? l'uomo forte delle vostre scritture in quella pallida falange di larve maschili che certe donne succhiano come le uova gettandone il guscio per le povere mogli future? Dov'? l'uomo intelligente in quella moltitudine di rari ingegni, ciascuno dei quali ha inventato una scuola o risolto un problema senza per? aver tempo n? previdenza per scioglier quello d'una vita dignitosa e serena coltivando il cuore e lo spirito della donna sua? Dov'? l'uomo meno istintivo e pi? sensibile fra quegli apostoli dell'umanitarismo che colgono un fiore pi? o meno rusticano sapendo che lo getteranno quando cadranno i p?tali e rester? il frutto? -- E indugiando un momento sul capitolo dell'intelligenza, che ? quello che m'interessa di pi?, l'intuizione, questa qualit? oramai ammessa quasi come esclusiva della donna, il buon senso pratico, che ci si concede pure in preminenza, o non sono manifestazioni d'un intelletto che ha uno sviluppo diverso, ma non inferiore a quello dell'uomo? E, badate, qui bisogna ch'io citi un gran nome anche a costo di farvi inorridire: ? Spencer che lo dice. La donna, al dire dello Spencer, non intende meno dell'uomo, ma comprende in altro modo: l'uno studia, l'altra indovina; questi rammenta, quella profetizza. E non ? poco mi pare.
Dir? di pi?: quando la donna vuole o riesce a liberarsi dagli innumerevoli viluppi che le fanno un ginepraio della via dell'arte dove voi potete incamminarvi tranquillamente con il sigaro in bocca, non solo vi uguaglia, ma vi sorpassa, giacch? acquista la vostra larghezza di mente senza perdere la sua finezza divinatrice che voi ottenete sempre poco e a stento, e artificiosamente. Vorrei che fosse possibile dare ad un giovinetto e ad una fanciulla un'educazione ed un'istruzione identica con la medesima libert? di vita, e vi assicuro che a vent'anni la giovinetta si sarebbe lasciato indietro il suo coetaneo. La donna ha dalla sua, per riuscire, una pazienza, una astuzia, una tenacit?, un raccoglimento, un'elasticit? di fibra che voi non avete. Per questo anche s'invecchia prima. La nostra vita ? pi? intensa e pi? completa, come quella degli abitanti del mezzogiorno, che pagano con un precoce sfiorire il precoce rigoglio d'ogni loro facolt?. Voi avete cento modi di spendere le forze che la donna serba tranquillamente per il trionfo de' suoi ideali. In voi la materia bruta prevale, e raramente siete capaci di vincere una sola delle rudi battaglie che la donna doma in silenzio, sorridendo. I vostri affetti, se sono veri, arrivano fino al Dio Termine del campo sconfinato dell'egoismo; se lo sorpassano, sono sensazioni, non pi? sentimenti. Non avete neanche di spontaneo il sentimento della paternit?, che in voi non ? che un'abitudine.
Passiamo al capitolo della bellezza. Voi uomini non fate che invocarla, in prosa e in versi, nella vita e nel sogno. Non sarebbe questa, per avventura, una divina nostalgia della natura che tenta completarsi, come in noi ? quella della forza, accennata cos? argutamente da voi? Che volete! risalendo al prototipo della specie, non mi riesce proprio di immaginare, fra la novella frescura d'un mondo appena schiuso, Adamo pi? bello di Eva. Avr? torto, forse, e lascio al Mantegazza e a voi la difficile soluzione di questo problema d'estetica. Del resto, la maternit? e la moda deformano presto la donna, le passioni la solcano, la fatica l'avvizzisce. Ma trovo pure qui, nel vostro paragone animalesco, una ragione che avvalora le mie precedenti: se il maschio ? il pi? bello in tutta la creazione, la femmina ? la pi? intelligente ed emerge nella scala dei bruti, l? dove esiste la parit? dell'educazione.
Io adoro il Fogazzaro perch? ? idealista e perch? la sua arte ha sfumature delicatissime d'ombra. Quel posto <
L'arte l'arte pu? affinare, corrompere, e non sempre elevare l'anima. Ma, badiamo, ? una legge uguale e severa per tutti. Una donna non eleva il suo livello morale scrivendo un bozzetto o un romanzo, come l'uomo non lo eleva pubblicando una dozzina di Elzeviri. Perch? scriviamo? E voi, perch? scrivete? Per migliorarvi? no. Per dire delle cose grandi? ma allora perch? ne dite tante delle futili? Per insegnare? Ebbene anche noi! e la letteratura dei bambini non ? mai stata cos? bella e cos? buona come ora che ? quasi tutta nelle nostre mani.
La penna ? galeotta, dite. E la musica no? Eppure nessuno pensa a rimproverar la musica alle signore. Credete voi che se Francesca non avesse saputo leggere, Paolo non l'avrebbe baciata sulla bocca tutto tremante? O che si sarebbero salvati entrambi dalle ire di Lanciotto se invece di leggere avessero per esempio suonato il mandolino? -- Anzi, guardate, io credo che la letteratura sia per la donna la meno pericolosa di tutte le arti. La fantasia vi si sbizzarisce e si appaga; la mente ? obbligata a letture serie che la ritemprano, a un lavorio d'indagine che ne acuisce il senso intuitivo a giovamento dell'educazione dei figli e della pace domestica.
Ricercando le cause ascose nelle pagine di psicologia, ella si rende ragione di molte sensazioni che le apparivano ingrandite dalla nebbia del mistero, mette a posto molte fantasticherie umiliandole, trionfa di molte debolezze: qualchevolta, guardate, si salva perch? non hanno pi? effetto su di lei, che ha rimestato nel crogiuolo, gli artifizi della seduzione.
Pensate un po' ai giovani e alle ragazze che vanno insieme all'Universit? e ditemi se ? frequente il caso di un amoreggiamento, di uno scandalo, se piuttosto la dolce fatica intellettuale durata in comune non crea fra i due sessi una fratellanza, la sola destinata a degenerare in amicizia vera. Molti esempi cos? d'un affetto disinteressato, profondo, potrei citarvi fra uomini e donne che scrivono, in tutti i secoli.
L'arte ? un conforto, voi lo sapete da tanto tempo, or bene non lo negate a noi questo conforto, questa tormentosa gioia. Vi sono tante donne, non belle, non pi? giovani, a cui fu negato, non solo l'amore, ma anche la dolcezza della famiglia e della maternit?, poich? le loro qualit? erano tutte intime e umili e voi uomini non vi curaste di rilevarle: -- dunque se queste zitellone, invece d'inacidire rodendo s? e gli altri, invece d'immalinconire a far le cenerentole o le monachine, diventassero Vestali del bello e cercassero di colmare il vuoto delle loro esistenze vivendo una vita ideale fuori del tempo; se tentassero di sopire le loro tristezze suggendo l'oblio dalla divina fonte incantata -- in nome di chi vi arroghereste il diritto di condannarle? di dar loro l'ostracismo? perch? sono donne che scrivono?..... Ma scrivano, in nome di Dio! Della carta e dell'inchiostro ce n'? per tutti; e se non faranno capolavori, se non ne verr? che un libro atto a raddolcire le veglie di un malato o le angoscie d'una reclusione, non avranno fatto un'opera inutile. Via, ? meglio che scrivano le donne che gli studenti di Liceo!
Vorrei proprio sapere se ? solamente la penna che vi ispira orrore fra le bianche dita femminili, o se la vostra contrariet? si estende a tutte le arti coltivate da loro. Poich? ve ne sono che stonano di pi?. La pittura per esempio: una donna che va alla scuola del nudo... che ve ne pare? E le scultrici che si impiastricciano le mani delicate? E le violiniste? E le donne che suonano il flauto.... Che ribrezzo, non ? vero? E la drammatica? Credete voi che una scena d'amore in azione non sia pi? dannosa alla nostra natura che una scena d'amore scritta? Bando all'arte dunque per noi, e tutte a farsi monache. O santo cielo...! ma che avesse ragione Gemma Ferruggia, quando vi diceva placidamente.... codino?
Io non lo credo, per?. Non lo suppongo nemmeno. Siete troppo intelligente, troppo fervido, troppo ardito. Un codino autentico ci avrebbe detto forse le cose che ci avete detto voi, ma ce le avrebbe dette male, mentre voi ce le regalate elegantemente. Poi mi fate degli scarti! Altro che codinismo!
Gemma Ferruggia vi osserva dolcemente, sapientemente, che la donna ricorre all'arte per salvarsi dalla passione. Voi le rispondete che parla come S. Paolo e come Tolsto?; voi le dite che non trovate perniciosa la passione, l'amore, nella vita d'una donna, anzi che per voi ? l'ideale della vita femminile, e che ce l'avete con l'opera artistica perch? sottrae all'opera naturale degli affetti. A me pare che parliate, voi, un poco come.... un Mussulmano. Amore libero? Quand m?me? ma e tutta la vostra morale?
In quanto al pudore femminile, a cui fate appello a proposito della stampa, via c'? un po' di sensibilit? morbosa in tutto questo. Il pudore del pensiero! dell'osservazione! nei lavori d'indole esclusivamente idealista di cui si compone la produzione letteraria femminile! Quanto credete che ci perda il pudore in una pagina, per esempio, di critica letteraria? Io preferisco di leggere in un giornale un sonetto della mia sorellina che canta agli astri il suo amore, piuttosto che di vederle certi libri sul tavolino. Il pudore ci patirebbe di pi?. E se proprio volete esserne i custodi gelosi, se proprio desiderate che la donna non perda un atomo del suo profumo di mammola, ebbene, allora perch? non cominciate a bandire una crociata contro le scollature?
Ah uomini, uomini! Vi piacciono i veli e il pudore delle turche, a voi!...
E vi confesso un orribile sospetto: mi pare d'aver capito che l'ammirazione di cui ci onorate scema in ragione dell'aumento del nostro peso cerebrale. Come sar??
Un libro che giunge a proposito.
? un romanzo. Un volume tutto pieno di sangue e di fuoco, lanciato come un fulmine da un piccolo Giove fra la pensosa trepidazione della lunga vigilia di un migliore avvenire. ? un libro sulla guerra scritto da Emilio Zola, il solo fra gli scrittori moderni, credo, che potesse adoperare l'ardente materia senza sminuirla, senza accrescerla di qualche elemento soggettivo, senza scottarsi le dita. La gente che legge non avrebbe pi? il diritto di lagnarsi per un anno almeno, poich? un lavoro cos? poderoso, cos? imparziale, d'un interesse cos? unanime basta a determinare il valore artistico d'un periodo non breve di tempo.
Quaranta o cinquanta anni fa, prescindendo dalle condizioni sociali e politiche d'Italia, un libro simile avrebbe menato chiasso; chi sa per quanti mesi si sarebbe commentato e discusso, ci sarebbero stati partigiani bollenti e avversarii ostinati; ma quell'ingenuo tempo ? passato: ora nel mondo intellettuale si sbriciola con un feroce sorriso o, se l'opera s'impone, ci si abitua subito alla sua superiorit?. L'ammirazione muore, ahim?, l'ammirazione che ingentiliva e metteva le ali alle giovinezze. Nulla colpisce pi?.
No; la ragione, grazie a Dio, ? affatto spirituale. Nessuno pi? ignora che il romanzo dello Zola ? tramato sulla guerra franco-prussiana; si pu? dire anzi che romanzo non c'?: sono episodi, macchiette, figure che aiutano a ricostruire dilettevolmente e sommariamente la storia di quella disgraziata campagna, permettendoci di penetrare con una rara verosimiglianza nell'ambiente dell'atroce dramma, direi nei cuori. I vecchi ricordano, i giovani respirano l'aria di un passato che evapora gi? nell'epopea, nella leggenda: tutti poi in quest'ora, in cui gli spiriti bellicosi sono anestetizzati, vogliono osservare riflessa l'immagine dello spaventoso fantasma gi? lontano.
L'immagine ? orribile infatti. Ora, a mente fredda, pare impossibile di averlo potuto sopportare tanto tempo; pare impossibile che si avesse a tollerarlo ancora fra noi. ? ancora e sempre la selvaggia moralit? dell'opera zoliana, che par derivata dalle teorie di un certo filosofo vero o immaginario di cui parla in qualche luogo il Bourget, un filosofo che consigliava agli ammalati di qualche amorazzo dei sensi la cura d'un'osservazione all'ospedale delle infermit? pi? schifose che affliggono il corpo umano. ? il rudimentale rimedio degli antichi, che disgustavano dall'ubriachezza con l'esposizione dello schiavo ebro. Forse questo libro che mette la guerra come una condizione imposta dalla natura nell'eterna lotta d'ogni giorno; che la dice necessaria all'esistenza stessa delle nazioni; che la chiama la forza mantenuta e rinnovellata dall'azione, la vita rinascente sempre giovine dalla morte; questo libro popolato di larve e scritto da un romanziere ? destinato alla gloria di essere un condottiero ideale della gran crociata bandita contro la guerra in nome della civilt?.
Non ci sarebbe troppo da stupirne. Alla foglia di rosa il vanto di far traboccare la coppa. Ognuno sa l'efficacia che ebbero nei nostri moti di libert? nazionale gli inni del Mameli e le poesie del Berchet. I tempi sono mutati e le abitudini. Ora lo Zola col suo epico poema in prosa potrebbe essere senza saperlo, magari senza volerlo, il bardo della pace.
Poich? ? impossibile di scorrere quelle pagine con indifferenza. Zola ha visitato e studiato palmo per palmo il teatro della guerra: l'illusione della realt? ? quindi perfetta. Si vive negli orrori, nelle ambascie, nei carnai, nell'abbrutimento della specie umana e questo d? sopratutto la tristezza infinita dei mali che gli uomini potrebbero e non vogliono evitare; d? l'avvilimento d'una degradazione cercata, la vergogna d'un affratellamento con le razze primitive e bestiali per cui pensiero ? una parola vana. ? un'angoscia inesprimibile che opprime riflettendo che solamente vent'anni ci separano da quelle barbarie, da quel flagello i cui episodi sono degni di far riscontro alle scene del Terrore... ? una lettura che spossa quasi materialmente per il continuo fremito d'orrore e di piet? che sospende la vita; per il coraggio vero di cui bisogna disporre per vincere la ripugnanza e la tentazione di chiudere il libro e scappar via, via nel verde, nella serenit?, accanto a qualche bell'opera feconda e pacifica per dimenticare... Certi episodi non si possono leggere due volte: quello del bambino febbricitante e assetato che rimane arso nell'incendio di gioia; quello del prussiano scannato su una tavola come una bestia da macello, episodio feroce in cui par che lo Zola stesso voglia infine concedere uno sfogo a una punta inevitabile di rancore costantemente e ammirabilmente domo dalla perfetta imparzialit?. Tutta l'immoralit? della guerra pu? essere sintetizzata, in questa scena nella quale una donna pu? assistere col suo figliuoletto, passivamente, al supplizio di colui che l'ha resa madre, quasi anzi provocarlo, perch? ? un nemico dei suoi, e profittare della loro reciproca posizione per vendicarsi orribilmente d'un amore, non d'uno sfregio.
Poi l'amico che uccide l'amico all'impazzata, mentre ambedue combattono divisi da un'idea; e la donnina leggera che si concede al vincitore; e le masse condotte alla strage quasi inconscie; e le speculazioni indegne; e le rassegnazioni stupide; e i sacrifici inutili; e tutta la immensa miseria, infine, della guerra che rimesta e mette a galla il limo del l'umanit?.
Dei vari pregi di colorito, di andamento, di forma sarebbe lungo, e per me arduo, il parlare. Poi oramai lo Zola non si discute pi?: a qualunque scuola si appartenga, qualunque concetto artistico si difenda, allo Zola ci si inchina. La sua opera rester? forse sola a rappresentare la letteratura romantica francese di questo scorcio di secolo, e sar? un monumento grandioso dalla cima fiorita di emblematiche guglie rilucenti e leggiere. Ah, non gli si faccia carico di affinarsi nel simbolo! Il simbolo ? un prezioso elemento d'arte per i pensatori profondi! Mi pare che l'opera zoliana spogliandosene, si spoglierebbe d'un'irradiazione luminosa, si rimpicciolirebbe in tanti piccoli circoli viziosi e terreni, mentre cos? assurge alla dignit? efficace e grandiosa d'una teoria universale.
Ancora una parola, per?: un'esclamazione ammirativa per il racconto della fatale battaglia di S?dan, racconto elaborato con sommo magistero; per la figura dell'imperatore che s'intravede a intervalli, cos? oggettivamente; per la descrizione del grande incendio di Parigi titanicamente grandiosa. Si finisce per avere le vertigini di quell'eterna porpora di sangue e di fuoco, di quella distruzione pazza, diabolica, vorticosa, orgiasticamente macabra; e la mente eccitata par travolgersi nel delirio del povero Maurizio, il soldato ferito, morente, che inneggia alla distruzione, all'ecatombe, come a una salutare disinfezione, come a una pasqua di vita...
Ebbene, no; gli Dei sono sazi di respirare sangue e fuoco, e non ? con un sacrifizio umano che si schiuder? agli uomini la feconda e pacifica landa sognata da Faust. L'amore deve estinguere, siccome invocava il De Amicis in una vecchia e nobile poesia, questo <
Impressioni di un sogno.
Un sogno in cui non sia che terra e cielo: il cielo cristallino, uguale, soffuso d'un calmo e un po' freddo sorriso verso la terra; le vette estreme rivolte come braccia adoranti e aspettanti verso il cielo: tutto il pallore e il silenzio e i terrori e la grandiosit? selvaggia delle altezze, come in qualche vasta e gentile concezione di Shakespeare. Ecco la scena. E in questo sfondo primordiale un asceta, umile, ardente, pio, che benedice i suoi fratelli invisibili con la rugiada e gli aromi fluttuanti dei rododendri in fiore, e due fanciulle, due purezze assolute, ma l'una come l'acqua, l'altra come la fiamma. Intorno ad essi tutta la vita organica, vegetativa; in essi tutta l'elevazione spontanea del pensiero nella contemplazione mistica dei fenomeni naturali: la rispondenza immediata, come un riflesso, fra le pi? belle cose create e i sentimenti pi? casti, tendenti tutti verso l'infinito, tutti nati dallo stesso principio di adorazione. Il visibile e l'invisibile, gli aspetti e le visioni, la realt? e il simbolo insieme fusi ai confini del mondo.
L'autrice di questa concezione un po' insolita, una donna d'attivit? e d'ingegno, si domanda se l'essere umano, sbocciato e allevato cos? al riparo di tutte le brutture, nell'ignoranza completa del male, possa affrancarsene; ma dal fondo della storia, dall'ideale e leggendario paradiso terrestre che forse le attravers? la mente mentre ella sognava questo sogno verginale, tutto accenna mestamente di no; tutto dice che il male, l'antico avversario, ? annidato come un germe mortale in noi, non fuori di noi; che ? in nostro potere di arrestarne il progresso, ma non di strapparne la radice; che l'ignorarlo non sarebbe un aumento di difesa, ma un aumento di debolezza, e la inevitabile, brusca rivelazione porterebbe la morte.
Le Marie, le due gemelle, affidate quasi nasciture dalla madre derelitta all'asceta che impose loro lo stesso nome, il nome grave e soave ad un tempo, crescono come due asfodeli in quella solitaria sfera di sogno. Ma nell'una, l'ho detto, era la purezza dell'acqua lustrale, nell'altra la purezza struggitrice del fuoco. I canti e l'opera dei minatori, a pi? della montagna, che sbigottiscono l'una, rivelano all'altra la vita ed essa si slancia, vi si perde, mentre la sorella muore per la sola divinazione della verit?.
Neera potrebbe dirmi che non ha scritto per tutti, che le basta di essere intesa e apprezzata da coloro pei quali il titolo ? un appoggio bastevole, ma non importa: doveva dire anche questo. Allora il volumetto elegante e severo sarebbe stato assunto in una sfera superiore, nella sua vera. Ad ogni modo, chi ha fine intelletto d'arte ha l'obbligo di ammirarlo e d'intenderlo come una musica classica religiosa, come una pagina di Bach o di Palestrina. Le ardue difficolt? dell'ambiente insolito, dell'esposizione di sentimenti primordiali, del rimanere nell'idealit? senza smarrirsi nel misticismo, nella semplicit? e nella purezza senza cadere nella rigidit?, sono state affrontate e vinte dalla valente scrittrice con molta bravura. Ella deve aver letto a lungo i Vangeli, deve aver gustato la rozzezza sublime di quella letteratura primitiva che significava le cose pi? alte, pi? belle, pi? grandi che siano nella natura umana. Deve averne intesa la poesia silvestre, l'efficacia, la vera religiosit?, poich? nelle umili e ispirate e ardenti aspirazioni dell'asceta passa un soffio biblico, veramente; e nella selvatica e mite adolescenza delle fanciulle ritroviamo il riflesso di qualcuna delle vergini dolci e ardenti che ridono come fiori fra le m?ssi in quell'antica opulenza patriarcale. Qualchecosa di semplice, di solenne, di poetico ? filtrato nello stile e nell'idea; qualchecosa di profondamente sincero: sia ispirazione, sia fede.
Ecco, per dare un saggio del bellissimo libro la scena pi? leggiadra e pi? ideale, quella della morte di Maria dopo la sparizione della sorella:
< <<-- Padre, recitami le litanie della Vergine. < < <<-- Quanta luce!>>
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