Read Ebook: L'evoluzione di Giosuè Carducci by Panzini Alfredo
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Ebook has 442 lines and 36958 words, and 9 pages
S?--voi dite--egli cantava molte leggiadre e, pi? sovente, molte strane canzoni: queste rimangono e noi le leggeremo ancora per nostro diletto e anche per dimostrare che riconosciamo i suoi meriti di scrittore, sempre che ci avanzi tempo e voglia: ma quell'anima ardente di entusiasmo e di bene per noi non esiste pi?.
Tutto ci? pi? che meraviglioso ? supremamente triste.
Ma io sbaglio nel tempo. Essi non dicono, ma dissero. Forse non ricordano nemmeno pi? le infauste parole che proferirono e stamparono; eppure esse rimangono. La vita urge ed incalza que' giovani, ma la piaga da loro aperta non cessa per allentar di balestra.
E dico il vero; perch? se a quelle centinaia di studenti sono imputabili s? l'aperta manifestazione come la volgarit? delle ingiurie, non ? meno vero che quella gran forza inerte la quale spesso si chiama opinione pubblica, con la sua inettezza ad intendere l'evoluzione monarchica del Carducci, scusa e coonesta in certo modo tanto il tumulto come le ingiurie.
Mi si pu? chiedere: Perch? cos? di preferenza togliete passi e giudizi da quel foglio apologetico degli studenti? Rispondo: Appunto perch? di questa massima parte dell'opinione pubblica esso rappresenta l'espressione pi? esagerata, ma in pari tempo pi? animosa e sincera.
Ma su questo argomento ritorner? fra poco.
Sono dunque gli scolari stessi che accusano il maestro. Vero ? per? che nessun tribunale accoglie l'accusa e, seguendo il paragone incominciato, nessun ministro di giustizia apparecchia la cicuta al nuovo corruttore della giovent?. Anzi quelli che in certo modo rappresentano l'autorit? delle leggi, accolgono con grande apparato di cortesia e di difesa il maestro oltraggiato, il quale non richiede altro schermo che la propria coscienza. Mancano dunque e tribunali e cicuta; ma anche voi mancate, o Simmia, o Cebete, o Fedone, e tu Apollodoro che non ragionavi no alla morte del Maestro mirabile, ma piangevi solo.
Gli scolari del Carducci--e per scolari intendo non pure quelli che frequentarono le sue lezioni, ma quanti nel rinnovamento degli studi dovrebbero riconoscere lui come maestro--i suoi scolari, dico, non scesero con lui nel combattimento: essi, pur fatta alcuna eccezione, hanno troppo da attendere alle loro piccole ricerche erudite e alle loro piccole scuole.
Socrate moriva per risalire il corso dei secoli: invece grande aura di tristezza gi? ottenebra la fronte del Poeta. Egli scende vivo nella sua idealit? e la gente nuova senza di lui palpita e s'agita al nuovo viaggio umano.
Parole mistiche forse sono queste, ma che spero abbiano ad acquistare luce di verit? da ci? che segue.
La requisitoria degli insultatori si fonda sui fatti e su le parole stesse del Poeta ed ha tutti i caratteri di una logica brutale e invincibilmente ignorante.
Per tali titoli noi vi condanniamo.
Il citato giornale degli studenti ha per? un'osservazione vera e gravissima pi? che non sembri ad un primo esame, ove dice: <
Grazie maggiori e senza fine!
Del resto non molto diversamente giudic? l'onorevole Ferdinando Martini alla Camera dei deputati nella seduta del 16 marzo, dando cos?, e per il luogo e per la persona, speciale valore a tale opinione. Ecco come: L'illustre Villari, allora ministro, condann? l'opera degli studenti e disse: <
Ma l'onorevole Ferdinando Martini volle con un breve confronto affrontare la questione; e dopo aver deplorato questo rifiorire di spirito settario <>
Gi?: Victor Hugo monarchico divent? repubblicano e Giosu? Carducci repubblicano ? invece diventato monarchico. ? un'equazione perfetta che non fa una grinza e non c'? nulla a ridire!
Ma ? possibile pensare che Giosu? Carducci dopo avere speso tutto il suo genio e le sue forze a sostegno di un determinato principio civile e politico, nella giovanile et? di cinquantaquattro anni passati si ricreda e professi una fede opposta?
Ammettere questo ? ammettere implicitamente la demolizione di un uomo.
Il vero ? che questo mutamento sostanziale non esiste se non in alcune forme apparenti che Egli volle accentuare con la sua rude e coraggiosa franchezza. Non ? l'evoluzione dell'individuo ma ? l'evoluzione dei tempi che, giunti a maturit?, hanno necessariamente determinato nel Carducci un'attitudine che prima o non appariva cos? manifesta o si fingeva di non vedere.
Il paragone parve felice; ma in verit? non regge sotto niuno aspetto.
Victor Hugo, anche per speciali circostanze intime e famigliari, monarchico ne' primi anni della giovanezza, a trent'anni si professa di non dubbia fede repubblicana; e in fine la sua mutazione segue e s'accompagna gradatamente al corso dei tempi. Essa ? logica e naturale.
Ora tale non si potrebbe dire la mutazione del Carducci se essa fosse, come fu nell'Hugo, cagionata da un nuovo ordine di convincimenti politici.
In oltre, pur prescindendo da diverse condizioni di civilt? e di nazione, non credo possibile un paragone fra i due uomini attesa la diversit? della loro indole: il Carducci rigido, schietto, appassionato, ingenuamente semplice ed eroico, naturalmente ribelle; il poeta francese invece ammaliante e accarezzante il pubblico col fascino della continua sua enfasi trascendentale, cui sempre, forse, non corrisposero le intime convinzioni e la pratica della vita.
Pu? darsi che la parola o la concitazione del momento abbiano tradito il pensiero dell'oratore; ad ogni modo sarei curioso di sapere se il Carducci rese grazie all'onorevole amico del servizio resogli.
Ma ritornando all'effetto che il fatto dell'11 marzo produsse sul pubblico, aggiunger? che un osservatore pessimista potrebbe anche insinuare questa supposizione, che gli studenti fischiatori ingenuamente si prestarono alla gratuita vendetta della non breve schiera dei letterati e dei poeti o invidi, o percossi, o schiacciati dal solo muoversi del gigante, senza che questi nemmeno ne avesse intenzione. Altri poi soverchiamente malevolo potrebbe pensare che a qualcuno de' nostri critici ed eruditi, pi? o meno grave, pi? o meno giovane nel segreto que' fischi e quegli insulti allargassero piacevolmente il cuore e movessero il pensiero a formulare presso a poco questa considerazione: < deplorevole, ma era da prevedersi: il Carducci avrebbe dovuto accontentarsi di essere un poeta e basta, invece volle invadere tutto, anche il campo della critica, che spetta di diritto a noi, anche la politica che spetta ad altri.>>
Il vero ? che la dimostrazione contro il Carducci non oltrepass? nel pubblico le dimensioni di un semplice fatto di cronaca universitaria.
Ora nel non aver notato in quel tumulto che un avvenimento scolastico, consiste gran parte dell'importanza storica e morale del fatto stesso. Tanto ? vero che se l'universale degli italiani e della stampa fossero stati in condizioni di giudicarlo nel suo valore, esso non sarebbe potuto avvenire, n? il Carducci vi avrebbe dato pretesto.
Si possono obbiettare le infinite testimonianze di sdegno e di affetto che il Poeta ricevette, ma esse hanno un carattere o privato o ufficiale e sono infine manifestazioni di una minoranza.
La contro dimostrazione del 12, indetta dagli studenti monarchici, cui prese parte la classe pi? eletta della cittadinanza bolognese, ? in parte una giusta protesta contro un insulto volgare fatto ad un illustre concittadino e per altra parte ? di natura essenzialmente politica. Vero ? che se gli studenti monarchici avessero avuto conoscenza precisa della evoluzione del Carducci, per cos? darle un nome, non avrebbero avuto molto da rallegrarsi o da vantarsi come di un loro speciale acquisto.
Nei fenomeni fisici vi sono cause che sfuggono ai sensi, e nei fenomeni morali vi sono cause che sfuggono all'analisi del pubblico: eppure senza giungere alla conoscenza di quelle non ? possibile dare esatta ragione di certi fatti. ? la gran forza dell'imponderabile!
L'evoluzione del Carducci non segna, come gi? dissi, un mutamento sostanziale dell'uomo ma dell'universale. Egli non si ? mosso che in certe sue attitudini esteriori, dovute all'imperiosa forza che lo costringe a dare risalto netto ad ogni sua opinione; ma ? la maggioranza che si ? notevolmente spostata, specie in questi ultimi anni ed ora vede il Poeta sotto un aspetto che prima rimaneva come nell'ombra.
Per provare ci? in verit? non fa mestieri di battaglia alcuna di parole, o di speciosi equilibri di ragionamento, o di arte dialettica; ma, come a me pare, basta il semplice studio e commento dell'opera del Carducci.
E se nel mio ragionare per avventura mi sfuggiranno parole amare, voglia chi legge attribuirle non a malevolenza verso persona, s? a passione e ad amore di verit?. Cos? pure se alcune affermazioni avranno pi? l'aspetto di paradossi che di verit?, pensi il lettore benevolo che il paradosso talvolta ci appare tale non per assurdo che vi si contenga, ma per soverchia sintesi di vero; e che tal altra esso ? nello scrivere ci? che nell'arte del dipingere ? lo scorcio. Bisogna osservarlo da lungi che sarebbe a dire nell'intensit? e nella solitudine del pensiero.
IUVENILIA--ALLA CROCE DI SAVOIA--L'INNO A SATANA--GIAMBI ED EPODI--IL DISCORSO AGLI ELETTORI DEL COLLEGIO DI LUGO.
La guida pi? razionale e sicura per intendere il rivolgimento politico del Carducci, a me sembra sia il seguire quella che ? invincibile, massima e sua pi? intensa e sincera espressione, cio? l'opera poetica; intorno alla quale si raggruppano le molte e varie prose battagliere, s? letterarie che politiche o, meglio, civili, e da quella in certo modo dipendono. La stessa sua produzione filologica e critica che pu? sembrare straordinaria per chi consideri l'erudito come disgiunto dal poeta, appare invece naturale se si pensa che una stessa unit? di entusiasmi e di intenti ? cagione s? del canto che delle sapienti e innovatrici ricerche.
Talora alcune poesie sembrano prendere misteriosamente ed improvvisamente le mosse da quelle ricerche come se il fantasma poetico dormente nelle immortali pagine vi aleggiasse evocato, ed hanno la fragranza di un'eterna e ridente giovinezza di sole; talora la maschia e nutrita sua prosa vibra tutta sotto lo sforzo del canto, cui il freno dell'arte a fatica ritiene e costringe.
Sotto al primo titolo sono comprese le rime composte sino al 1860, nel quale anno il Poeta, nella combattente vigoria de' suoi ventiquattro anni, fu assunto alla cattedra dell'universit? di Bologna.
Se non che, di tratto in tratto, traluce non so quale austera e pur ridente verginit? di pensiero, che si compiace ornarsi delle magnifiche vesti classiche; e, quando altri non l'osserva, pare vezzeggiarsi di sfuggita: e allora si sente che non ? la maturit? del pensiero, ma appena l'estiva aurora che attende il suo meriggio. Inoltre sotto quelle forme composte e perfette si sente fluttuare un rigoglio di forze ancora confuse e germinanti; ma tale ? il loro vigore che la scorza della forma le frena a stento e pur qua e l? accennano a scoppiare in quelle espressioni libere e rudi, proprie del Carducci, come nel verso:
Il secoletto vil che cristianeggia.
Poi sui colli italiani l'ombra adora di Roma e il voto augusto sciogli di Giulio e di Traian sul busto.
Il Carducci, fin da allora repubblicano classico repubblicano per istudi, per l'antica origine della sua gente, per educazione famigliare, per la perfetta italianit? del suo genio, dimostra in questo canto giovanile come il concetto dell'unit? politica fosse in lui superiore a qualsiasi preoccupazione partigiana, supposto che ve ne fosse stata. Inoltre in questo poetico e gentile invocare l'elemento signorile, conservatore, eroico-feudale a fondersi con il popolo e con la borghesia, non si contiene un'esplicita affermazione di fede monarchica, come poi gli fu mosso rimprovero, quanto un'aspirazione sincera e sinceramente espressa di valersi di tutte quelle forze etniche e storiche che, formanti, per cos? dire, la complessa geologia morale di questa secolare Italia, potevano contribuire validamente a risaldare la compagine della risorgente nazione.
< < Quest'inno concepito di getto < Quest'inno, ripeto, concepito e gettato nel 1863, pubblicato nel '65 < Ed ora una domanda: quest'inno ha veramente il valore letterale che gli fu dato, cio? di un carme oggettivo sciolto all'ara della pura dea Ragione? L'inno, fuor di dubbio, vuole anche significare tutto questo. Ma ora un'altra domanda: il Carducci quando concep? quel canto, sent? la necessit? sociale o filosofica o politica che dir si voglia di bandire al pubblico quelle verit?? No certamente; tanto ? vero che due anni passarono prima che fosse reso di pubblica ragione. Questo canto alla vittoria del pensiero umano sembra essere piuttosto il grido d'osanna alla vittoria sua, della sua ragione divenuta perfettamente libera, e segna il passaggio alla fase piena e virile. Una pi? profonda e comprensiva conoscenza dello svolgersi del pensiero storico-umano, maturatasi in quelle sue divinatrici ricerche sul trecento e sul quattrocento e in un largo studio degli scrittori moderni, specie stranieri, diede origine al passaggio, form? la convinzione e l'inno balz? fuori come folgore. Esso in fine altra cosa non ? che il paganesimo artistico degli anni giovanili, il quale ? fatto cosciente di s? e si afferma naturalismo ed umanesimo: da questa convinzione procede il poeta nuovo e vi si mantiene.
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