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Read Ebook: Gli animali alla guerra by Caprin Giulio

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Ebook has 244 lines and 26372 words, and 5 pages

Gli animali alla guerra.

DEL MEDESIMO AUTORE:

GIULIO CAPRIN

GLI ANIMALI ALLA GUERRA

MILANO

PROPRIET? LETTERARIA

Copyright by Fratelli Treves, 1916.

Si riterr? contraffatto qualunque esemplare di quest'opera che non porti il timbro della Societ? Italiana degli Autori.

Milano, Tip. Treves.

Primavera del 1916.

Austriaco.... austriaco.... tedesco.

Se ci sono animali alla guerra? E mica soltanto quelli che ci vanno con i soldati, soldati essi stessi: i cavalli delle armi a cavallo, i muli delle batterie da montagna e someggiate. Ce ne sono anche tanti altri, grossi e piccini, che ci si trovano senza volerlo, povere bestie. E ci rimangono.

I nostri soldati ispirano anche a loro fiducia. Giurerei che qualunque gallina dei paesi irredenti preferisce esser mangiata da un nostro bersagliere invece che dover far le uova per un ufficiale dei gendarmi--peuh!--austriaci.

Ho sentito una volta due maiali che si litigavano un fondo di marmitta trovato in un campo dov'erano passate le cucine di un reggimento. Il maiale, che pretendeva mangiarseli tutti da solo quei ghiotti rimasugli, grugniva a quell'altro:

--Screanzato.

E l'altro di rimando:

--Austriaco.

--Prepotente.

--Austriaco.

--Ladro.

--Austriaco.

--Porco.

A sentirsi dare anche del porco--forse perch? aveva capito: turco--il maiale austriaco perse il lume dagli occhi e strill?:

--Tedesco.

Quello, a sentirsi dire: tedesco, rimase cos? male che rinunci?, sdegnoso, anche alla sua parte di broda: segno evidente che tedesco non era.

In genere dunque, per quel che ho potuto veder io, gli animali alla guerra si portano bene.

Cavalli senza cavalleria.

E prima di tutto i cavalli.

Naturalmente non tutti i cavalli della guerra bisogna immaginarseli come quelli dei monumenti equestri: questi sono cavalli in posa. Ce ne sono anche dei meno belli; anche dei veri <>. Se non altri, tutti i cavalli di umilissimo lignaggio che, prima di essere requisiti, tiravano il barroccio e che anche in guerra continuano nel loro mestiere plebeo: i cavalli del treno ausiliario.

Sui timoni dei carri si leggono ancora i nomi dei proprietari borghesi che li possedevano e dei paesi dove lavoravano in pace. Anche i conducenti hanno un aspetto pacifico: sono soldati territoriali, baffuti e barbuti, infagottati nei vecchi cappotti turchini, ciondolanti e con la pipa in bocca: ma serii e rispettosi. Il loro servizio ? di quelli modesti per cui c'? poca probabilit? di esser messi all'ordine del giorno, ma utile non vi so dir quanto.

Io li ho sempre ammirati questi oscuri collaboratori della vittoria, cavalli, carri e carrettieri. Tutte le notti, piova o tiri vento, a far quella tetra passeggiata per vie piene di buche e di sospetti, a incrostarsi di fango o a soffocare di polvere; e senza lamentele e senza invidia per le superbe automobili dei Comandi, per le autovetture fragorose e petulanti a cui devono ogni momento dare il passo.

Virt? di pazienza e di disciplina: andare al buio, senza domandare agli occhi se hanno troppo sonno o alle spalle se ci si ? fermata sopra troppa acqua. E senza nemmeno la consolazione dei bubboli, che, scampanellando, fanno parer meno lunga la strada. In guerra non si ammettono rumori superflui. I poeti, che hanno cantato gli illustri cavalli di combattimento, dovrebbero ricordarsi anche degli oscuri cavalli del treno ausiliario, e dei territoriali, solidi e tranquilli, che li conducono.

Piacerebbero anche oggi ai cavalli gli squilli di tromba, le fanfare che rinfrancano il cuore quando non ne pu? pi?. Bisogna che ne facciano a meno. I comandi sono dati sotto voce: il soldato deve parlare quasi nell'orecchio del suo animale. Ma questi obbedisce lo stesso e non si vergogna che gli sia toccato quel mestiere senza splendore di facchino notturno.

Ognuno al suo posto ha le sue soddisfazioni. I cavalli che hanno avuto la fortuna di essere aggregati ai Comandi hanno lo zucchero che gli ufficiali intascano alla mensa apposta per loro. C'era un tenente che prendeva il suo caff? senza zucchero--naturalmente perch? diceva di preferirlo amaro--per offrirne qualche zollina di pi? al suo irlandese.

Ma anche i cavalli di truppa, anche i cavalli di poco prezzo del treno ausiliario, buscano dai loro padroni qualche supplemento di ghiottoneria al rancio di fieno e di biada che passa il Governo: sar? un ros?cchiolo di pane, sar? una semola che il conducente ? riuscito a procurarsi non si sa come, ma, zucchero o crosta di pane, c'? il buon cuore, e l'amicizia si rinsalda tra l'uomo e l'animale.

Il cavallo che fatica nel treno si sente orgoglioso quanto il cavallo di lusso che ha poco da fare nel drappello di riserva dei Comandi. E, quando l'incontra, quasi quasi gli viene la tentazione di cantargliela:

--Bello mio, tu non sei che un imboscato.

Ma l'altro pu? rispondergli:

--Pensa quel che ti pare. Ma l'altra notte, che una granata ? cascata proprio sulla scuderia, nessuno di noi ha avuto paura. Non abbiamo scalciato n? abbiamo rotte le cavezze per scappare. In guerra fa il suo dovere chiunque rimane al posto assegnatogli. Siamo bestie subordinate noi, e guarda di esserlo anche tu.

Ma in fondo al cuore anche il cavallo del Comando, che oggi non ha occasione di essere adoperato, rimpiange la guerra di suo nonno e di suo bisnonno, che il Generale montava nei giorni di battaglia; e poteva inebriarsi anche lui galoppando sotto il fuoco, all'aperto, nel pericolo, ma anche nel sole della gloria.

Sui primi giorni della nostra guerra all'Austria anche i nostri cavalli di cavalleria avevano cominciato ad assaggiare un po' di quel giuoco che esalta e abbellisce la guerra. Intere divisioni di cavalleria erano pronte. I primi reggimenti correvano gi? le strade del Friuli d'oltre confine; verso l'Isonzo: belle galoppate verso i campanili che indicano la presenza dei borghi e dei villaggi nascosti dal fogliame denso. Esplorazioni di pattuglie, ricognizioni di squadroni che promettevano qualche incontro interessante. Si sperava che il nemico avrebbe dato battaglia nel piano per contenderci il passaggio del fiume. Ma il nemico si ritirava e i nostri cavalli, invece che i cavalli degli Usseri, incontravano il fango delle inondazioni, le paludi delle acque fatte straripare dai canali del basso Isonzo.

La decadenza della cavalleria era fatalmente segnata. Per vincere gli Austriaci bisogna batterli con le loro armi, a macchina, facendo la guerra a distanza come la fanno loro, che ad avere il nemico troppo vicino non se la sentono. Cavalleria vuoi dire anche cortesia, generosit?; che volete farvene della cavalleria in guerra contro Austriaci e Tedeschi?

Gli ufficiali e soldati di cavalleria si sono rassegnati a non essere pi? di cavalleria pur di combattere. Vanno con le mitragliatrici, vanno con l'artiglieria; sono andati anche in trincea, a piedi. A Monfalcone, al principio dell'offensiva di questo maggio, gli Austriaci si erano sognati di passare, perch? nelle trincee della Rocca e gi? lungo il mare, c'erano, nuovi del mestiere fangoso ed eroico della fanteria, i cavalleggeri appiedati.

Il vecchio motto dei dragoni di Genova assicura che l'onore del cavaliere non s'abbassa perch? egli scenda da cavallo:

Soit ? pied, soit ? cheval, mon honneur est sans egal.

Se lo possono applicare, oltre i cavalieri, anche i loro cavalli, i quali, a pensarci bene, anche quando facevano vero servizio di cavalleria, andavano sempre a piedi.

Cavalli e Guide a cavallo.

Sui primi tempi c'erano con noi anche i cavalli delle Guide a cavallo. Volontarie le Guide, e perci? anche i loro cavalli, due per uno, che si portavano da casa. Anche essi si ostinavano a sperare in una guerra garibaldina, in cui l'esplorazione ardita di pochi valesse a facilitare un'avanzata impetuosa. Gli sbarramenti di tronchi che gli Austriaci in ritirata avevan lasciati sulle strade subito dopo il confine si superavano d'un salto, i ponticelli rotti sui fossati si sostituivano con un altro salto. E furono giorni belli per i cavalli e cavalieri.

Come si volevan bene i cavalli e le Guide a cavallo! Per amor del suo cavallo una Guida, che era anche un pittore famoso, ? caduto in mano del nemico.

Andavano in un drappelletto, verso il colle che gli Austriaci hanno fortificato per difendere i ponti di Gorizia, il Podgora. Non si sapeva ancora dove precisamente cominciassero i ripari del nemico. Sotto Gradiscutta i nostri cavalieri furono sorpresriched by the war, pushed everywhere now with marvelous rapidity; great industries, like the new oil industry, sprang into wealth and power. The West, lying vast and unbroken almost from the farther bank of the Mississippi, burst into eager life, and the tide of migration which even before the war had turned strongly toward this empire of the plains quickly became a flood. Railroads were pushed along the wild trails and over the Rocky Mountains. The first transcontinental road was completed in 1868. The great buffalo herds were exterminated in the late sixties and early seventies; millions of acres of rich land were pre?mpted and turned over to agriculture; the greatest wheat and corn belts the world has ever known were brought into production almost in a moment; bridges were flung over rivers and ca?ons; vast cities of the plain arose as by magic. Everywhere a new thrill was in the air. The Civil War had shaken America into eager, restless life. Mark Twain, who was a part of it all, could say in later days: "The eight years in America from 1860 to 1868 uprooted institutions that were centuries old, changed the politics of a people, transformed the social life of half the country, and wrought so profoundly upon the entire national character that the influence cannot be measured short of two or three generations."

To-day we can begin to see the effect which the mighty exodus that followed the war had upon the East. It was little short of revolution. New England had taken the leading place in precipitating the struggle between the States, and she had done it for conscience' sake, and now, though she had won all she had asked, by a curious turn of fate she was repaid for her moral stand by the loss of her leadership and later almost of her identity, for the westward movement that followed the war was in New England a veritable exodus. There had always been emigration from the older States and it had gradually increased during the gold rush period and the Kansas-Nebraska excitement, but the tide had never been large enough to excite apprehension. Now, however, all in a moment the stream became a torrent which took away, as does all emigration from older lands, the most active and fearless and progressive spirits. Whole districts of farming land were deserted with all their buildings and improvements. New Hampshire in 1860 had a population of 326,073; in 1870 the population had shrunk to 318,300, and that despite the fact that all the cities and manufacturing towns in the State had grown greatly during the ten years, the increase consisting almost wholly of foreigners. According to Sanborn, "more than a million acres cultivated in 1850 had gone back to pasturage and woodland in 1900." All growth since the war has been confined to the cities and the larger manufacturing towns, and this growth and the supplying of the deficit caused by the emigration of the old stock have come from an ever-increasing influx of foreigners. Boston has all but lost its old identity. In Massachusetts in 1900 nearly one-half of the population was born of foreign parentage. New England in a single generation lost its scepter of power in the North, and that scepter gradually has been moving toward the new West.

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