Read Ebook: Ettore Fieramosca: ossia La disfida di Barletta by Azeglio Massimo D
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Ebook has 977 lines and 78916 words, and 20 pages
Una sera venne il duca alla casa di Grajano per istipulare l'accordo, e fu fatto un poco di cenetta, alla quale si trovarono certi prelati francesi ed alcune lance che stavano a spasso, ed intendevano appiccarsi con costui, che accettava ognuno in quel tempo.
Io parte pensavo offerire i miei servigi per seguire la fortuna di Ginevra con quella di Grajano; pure, non saprei dirti perch? non mi mossi, n? mi trovai con loro quella sera. Andai, ch'era gi? fatto notte, vagando ne' luoghi pi? deserti di Roma sempre martellandomi il cervello con mille sospetti, e non potevo liberarmi da certi pensieri, i pi? strani che avessi mai. Da molti giorni trovavo la Ginevra pi? sbattuta: e mi pareva tratto tratto di vederle balenar sulla fronte un non so che d'arcano, che studiasse tener celato nel cuore. Passai pure quella notte, Dio sa con che smania. Senti se alle volte il cuore non parla.
L'indomani vado da lei sulle ventitr?. Quando son presso all'uscio, odo in casa un bisbiglio insolito: usciva un frate d'Araceli col Bambino, ed un torchietto davanti. Salto in casa e la fante mi dice: Madonna sta in termine di morte.
La sera innanzi, dopo cena, era stata colta da uno sfinimento, ma non pareva male d'importanza. Posta a letto e confortata con panni caldi, si quiet?, e cos? rimase sino alla mattina. Il sole era gi? alto e non si sentiva. Venne un tal maestro Jacopo da Montebuono che s'impacciava di medicina, e la trov? quasi fredda. Quello sciagurato, invece di por mano a tutti gli argomenti pi? gagliardi, se la pass? con qualche parola dicendo fosse lasciata in riposo. Tornato poi sul tardi, si sbigott?, e gridando ch'era spacciata, fe' correr pel prete, e senza trovar strada a soccorrerla n? a vincere questo suo inesplicabile male, poco dopo l'avemaria, la sconsolata famiglia ud? dalla bocca stessa del medico che era passata.
Gli alloggiamenti di Francia comparvero in questa, ed Ettore dovette interrompere il suo racconto. Si fece avanti il trombetta sonando, e gli usc? incontro un soldato a cavallo per intendere che cosa cercasse.
Saputo il motivo della loro venuta, ne avvert? l'ufficiale di guardia in quel luogo, il quale, poich'ebbe vista la lettera che da Consalvo si scriveva al duca di Nemours capitano di quell'esercito, impose a Brancaleone ed a Fieramosca di aspettare che spedisse al duca ad ottener licenza che entrassero in campo.
Offer? loro intanto una trabacca ove si alloggiava la guardia della porta: ma i due amici, udendo che la stanza del capitano era ancor molto lontana, risolvettero d'aspettar quivi, tanto che il messo fosse tornato con la risposta.
Ivi presso sorgeva un gruppo di querce, con molt'erba fresca, che protetta dall'ombra offeriva in quell'ore bruciate del mezzo giorno un bellissimo stare. Vi si condussero i due guerrieri, e legati i cavalli agli alberi, si disarmaron la fronte e sedettero uno accanto all'altro appoggiando le spalle a quei tronchi. Una leggiera brezza marina rinfrescava loro il viso; onde l'uno riprese a parlare con nuovo animo, ed all'altro crebbe la voglia di ascoltarlo.
NOTE:
Vien cos? chiamato un tratto di campagna presso Castel Sant'Angelo, fra il Tevere e Monte Mario.
Il bambino d'Araceli creduto miracoloso si porta ai moribondi.
CAPITOLO QUINTO.
Fieramosca seguit? il suo racconto con queste parole:
Perduta Ginevra, il mondo fu finito per me. Uscii di casa cogli occhi stupiditi che non davano una lagrima; e dove andassi, o che cosa fosse di me in quei primi momenti, appena lo potrei dire se non me l'avesser fatto conoscere le cose che accaddero dipoi. Andavo come una cosa balorda, o come succede talvolta, ben sai, quando una mazza ferrata ti percuote sull'elmetto a due mani, che per un poco ti zufolan gli orecchi, e pare che ogni cosa dia volta innanzi agli occhi. Cos? non sapendo quasi che cosa mi fosse accaduto, passai ponte e su per borgo me ne venni in piazza di San Pietro.
Quel mio amorevolissimo Franciotto, saputa in parte la mia sventura, mi venne cercando, e mi trov? buttato in terra appi? d'una colonna: in qual modo mi vi trovassi, non lo saprei dire. Sentii due braccia che entrandomi di dietro sotto le ascelle, mi sollevarono e mi posero a sedere. Allora mi riscossi e me lo vidi accanto. Cominci? a confortarmi con amorose parole, e cos? a poco a poco ritornavo in me. M'ajut? alzarmi, e con gran fatica mi ricondusse a casa; mi spogli?, e fattomi entrar in letto, si pose seduto al capezzale, e se ne stava senza darmi noja di parole o di conforti che troppo sarebbero stati fuor di tempo.
Passammo cos? quella notte senza aprir bocca. Mi s'era messa una febbre gagliarda che a momenti mi levava di cervello, e la fantasia alterata mi faceva parere tratto tratto d'avere un'enorme figura tutta carica d'armature, accovacciata sul petto, e mi sentivo affogare.
Finalmente l'afflitta natura fu soccorsa dal pianto. Sonavano dieci ore in castello, e la prim'alba entrava pel fesso della finestra. Avevo sul capo appiccata al muro la spada e l'altre arme: alzando gli occhi mi venne veduta la tracolla azzurra, che molt'anni prima m'avea dato Ginevra. Quella vista, a guisa di una balestra che scocca, m'aperse la strada alle lagrime, che cominciarono ad uscirmi a torrenti; e questo, sollevandomi il petto, fu cagione ch'io rimanessi in vita. Dopo ch'io ebbi pianto un'ora buona senza mai fermarmi, mi parve d'esser rinato, e potei ascoltare e parlare; e col soccorso del buon Franciotto, venni passando quella giornata, e verso sera mi volli alzare.
A mano a mano che ritornavo in me, consideravo qual partito dovessi pigliare in tanta calamit?: e d'un pensiero in un altro, disperatomi affatto di poter rimanere in vita, e considerando, se mi lasciavo consumar dal dolore oncia a oncia, quanto fosse per riuscirmi insopportabile una tal qualit? di morte, risolsi di morire allora per volar dietro a quell'anima benedetta. E cos? deliberato con me medesimo, mi parve aver fatto un grandissimo guadagno, e mi sentii mezzo racquetato.
Franciotto, che era stato meco dalla sera innanzi, usc? per veder un momento la bottega, e mi promise di tornar tosto. Io, posto mano alla daga volli far quell'effetto allora allora. Poi ripensato meglio che in quella sera si dovea far la sepoltura alla Ginevra, volli rivederla ancora una volta, e morirle vicino. Vestito cos? a bardosso, cintomi la spada, e preso l'ultimo mio bene, quella tracolla azzurra, uscii.
Passato ponte, m'abbattei nel mortorio. Venivano i frati della Regola a due a due, e pi? compagnie di fratelli cantando il Miserere, prendevano per via Julia e Ponte Sisto, colla bara coperta d'un gran drappo di velluto nero.
Io, se t'avessi a dire, a questa vista non mi smarrii punto; ma pensando che, se non in vita, in morte almeno saremmo uniti, che eravamo avviati all'istesso viaggio, e che una stessa stanza era per accoglierci ambedue, seguii pieno di funesta gioja e gi? tutto nel mondo di l?, lasciandomi condurre senza badare ove s'andasse. Passato Ponte Sisto per Trastevere, entrammo in Santa Cecilia.
Tutti uscirono in silenzio ed io rimasi solo quasi allo scuro; non v'era altro lume che la lampada della Madonna. Udii alla lontana il bisbiglio ed i passi del popolo che usciva. In quella scocc? l'ora di notte, e camminava per la chiesa il sagrestano scuotendo il mazzo delle chiavi, e disponendosi a chiudere.
Nel passarmi, vicino, si accorse di me e mi disse--si chiude.--Io gli risposi--ed io rimango.--
Egli guardatomi, e facendo l'atto di chi riconosce taluno, disse:
--Sei l'uomo del duca? Troppo fosti sollecito.... La porta rimarr? socchiusa; e poich? sei qui tu, io me ne vo pe' fatti miei.--E senza udir altro se n'and?.
Io poco li davo retta; pure quelle parole mi fecero risentire, e non sapevo se egli od io sognavamo. Che duca? che porta socchiusa? Che vuol dire questo sciagurato? pensavo fra me.
Pure lontano le mille miglia dal vero, n? essendo capace di molto ragionare in quei momenti, tornai presto nella prima risoluzione, e dopo breve spazio me ne venni col brivido della morte alla bara.
Tolto il drappo che la copriva, e, tratta la daga che era forte ed acuta, mi posi a sconficcar la cassa, e durai gran fatica con quel solo ajuto ad alzar le capocchie de' chiodi; ma tanto feci che n'ebbi levato il coperchio.
Il bel corpo stava avvolto in un lenzuolo vestito di panni bianchissimi. Io prima di morire volevo veder quell'angelo in viso ancora una volta. Mi posi ginocchioni, e andavo svolgendo i veli che mi toglievano quell'ultimo conforto. Alzai l'ultimo lembo, e apparve il volto di Ginevra: pareva una statua di cera. Tutto tremante calai la mia fronte sulla sua, ed alla sfuggita, che mi sembr? delitto, non potei fare di non baciarle le labbra. Le labbra diedero un piccolo tremito. Ebbi a cader morto. Pu? far tanto, dissi, Dio onnipotente, la tua misericordia! E le tenevo le mani ai polsi. Il batticuore mi toglieva il respiro. I polsi davano segno. Ginevra era viva!
Ma pensa com'io mi smarrii trovandomi solo a quel modo. S'ella si risente, dicevo, e si trova in questo luogo, lo spavento basta a darle la morte. Non sapevo che mi fare, e smaniavo. Mi volsi colle braccia stese a quella Madonna, e la pregavo: O vera Madre di Dio! fa ch'io possa salvarla, e giuro pel tuo divin Figliuolo, che sono volti solo al bene i miei pensieri. Ed in cuore feci voto solenne di non cercar mai da lei cosa che fosse contro l'onest?, s'io riuscivo a tornarla in vita, e cancellare in tutto e sempre ogni pensiero di dar morte al marito; la qual cosa sin allora avevo avuta fissa nell'animo, e deliberato prima o poi di porla ad esecuzione.
A questa preghiera fatta tanto di vero cuore non manc? il pietoso ajuto divino.
Il mio Franciotto che era uscito di casa, come ti dissi, nel tornare m'avea veduto andar verso ponte, e parte immaginandosi il vero, e temendo sempre, come mi disse dipoi, ch'io non prendessi partito disperato, m'era venuto dietro. Ma, come discreto, si studiava di parlarmi o darmi disturbo meno che poteva in quei momenti, ben conoscendo che il caso mio non era da consigli, ma solo da ajuti quando venisse il bisogno. Entr? cogli altri in chiesa, e vi rimase nascosto in un angolo oscuro: e mi ha detto pi? volte in appresso che vistomi por mano all'arme, fu per saltarmi in sulle braccia, e stava sull'ale, per non arrivar tardi: vedendo poi che m'affannavo soltanto ad aprir la cassa, stette saldo, e solo a questo punto, conosciuta la necessit?, mi si scoperse. Sentii le sue pedate, quando appena finivo la preghiera; mi volsi e me lo trovai vicino. Cos? da terra gli abbracciai le ginocchia come colui che mi dava due vite ad un punto, e come un angelo che mi scendesse dal cielo: rizzatomi poi consideravo come senza disagio e pianamente si potesse levar di quivi la donna. Alla fine prendemmo la coltre di velluto che copriva la bara, e volta al rovescio, onde se si risentiva non s'avesse ad accorgere su qual lugubre panno si ritrovasse, ed accomodate le lenzuola che ravvolgevano, in modo di farle il miglior letto possibile, con gran diligenza la sollevammo dalla cassa, e piano piano la posammo su quest'involti.
La povera Ginevra non avea aperti gli occhi, ma le usciva dal petto qualche tronco sospiro. Franciotto cercando per gli armadj, trov? per buona sorte le ampolle delle messe, e ci venne fatto, mettendole quel becco sottile fra le labbra farle scendere qualche stilla nello stomaco a riconfortarla: poco tuttavia e solo per dare un leggiero ajuto agli spiriti; che non avremmo voluto fosse tornata in s? in cotesto luogo. Dipoi con gran cura, io da capo e Franciotto da piedi, presi i lembi della coltre, l'alzammo, e senza accidente come volle la Vergine Santissima la portammo fuori di chiesa, e per San Michele venimmo a Ripa, dove sono le barche. Fra queste ve n'era una di Franciotto. Non sapevamo cos? su due piedi trovar luogo n? migliore n? pi? sicuro. Vi portammo la Ginevra; ed accomodatole un poco di letto sotto coverta, ajutati da due o tre uomini che guardavano la barca, me le posi accanto, e Franciotto corse per un barbiere amico suo, uomo di fede e dabbene, onde venisse ad ajutarla, e trarle sangue se bisognava.
Dovea ripassare per Santa Cecilia. Giuntovi s'avvide d'una compagnia d'uomini armati che era ferma davanti la porta, e sulle prime credette fosse la corte. S'and? accostando pianamente muro muro, finch? giunto ad appiattarsi vicino a loro s'accorse che non era la corte altrimenti. Erano da trenta pezzi d'arme tra picche e spadoni a due mani. In disparte una lettiga vuota portata da due uomini. E quello che pareva lor guida stava guardando verso la chiesa, serrato nel mantello, e si mutava or s'un piede or s'un altro in atto d'impazienza. Poco stante uscirono due come famigli, ed accostandosegli dissero: Eccellenza, la cassa ? sconfitta e vuota!....
Fu tanta la potenza di queste parole, che scioltosi colui dal mantello percosse con una lanterna, che tenera sotto, sul capo del servo, e se lo fe' cadere ai piedi; e l'altro, a non essersi cacciato a correre, avrebbe avuto di peggio, che gi? colui aveva posto mano alla spada. Dopo molto tempestare gli convenne partirsi scornato.
Franciotto avea notato fra quegli armati uno in cappa e mantello alla curiale, ed al lume di certi torchi che avean con loro, riconosciutolo per quel ribaldaccio di maestro Jacopo da Montebuono. La presenza di costui in tal luogo, ed in tal compagnia, gli fece nascer di strani sospetti.
Quando si furono avviati, tenne loro dietro alla lontana, e invece d'andar pel barbiere, fece disegno sul sopradetto maestro Jacopo. Solo dubitava non si facesse accompagnare sino all'uscio da alquanti di costoro. Ma, come a Dio piacque, abitando al principio della Longara, quando fu a Ponte Sisto, per esser cos? breve tragitto, lasci? andar gli altri che passarono il ponte; ed egli s'avvi? a casa sua. Franciotto lo raggiunse sotto l'arco, e dettogli non temesse di nulla, lo preg? venisse insino a Ripa grande per una giovane che stava col mal di morte; e tante gliene seppe dire che lo condusse da noi.
Come fu entrato sotto coverta, tosto riconobbe me e la Ginevra, e s'accorse ch'egli aveva dato in un trabocchetto. Franciotto, trattomi da parte, mi narr? ci? che aveva veduto avanti a Santa Cecilia e le parole udite, tantoch? principiai a riflettere: mi si squarci? il velo, e capii come doveva essere andata la cosa. E stringendo maestro Jacopo, e minacciandolo, ch? era il pi? pauroso uomo del mondo, lo feci cantare, e mi disse che per ordine del Valentino avea dato alla donna la sera della cena un vino medicato, per virt? del quale era rimasta assopita, ed ajutando esso l'inganno, l'avea dichiarata morta, onde, portata in chiesa, il duca avesse agio a venirsela a prender la notte.
Era un vero miracolo che una trama tanto bene ordita fosse andata a vuoto: e pensa quanto ne ringraziai Iddio.
Allora volto a maestro Jacopo, gli dissi: Ascoltatemi, maestro Jacopo. Io potrei farvi cascar morto con questa daga, ma vi voglio conceder la vita col patto che sia salva quella di costei: onde adoperate i vostri argomenti se volete tornar sano alle vostre brigate. Se poi direte ad anima viva come sia finito questo fatto, io v'ammazzer? come un cane ad ogni modo.
Il maestro spaventato mi promise tutto ci? che volli, e con gran premura si mise attorno alla donna; onde io consigliatomi con Franciotto feci scioglier la barca, e tutti insieme pel fiume ne venimmo alla Magliana, che di poco eran suonate le cinque ore.
Il buon maestro non disse mai nulla di questo.
Ginevra frattanto s'era risentita, ed avendo aperti gli occhi, li girava intorno attonita. Io, fatto oramai sicuro d'averla viva, e parendomi d'aver operato un miracolo, attendevo di tutto cuore a ringraziar Dio, posto ginocchioni al capezzale di lei, che avevamo allogata in una cameretta del vignajuolo.
Dopo un poco d'ora, tenendole io una mano, sulla quale appoggiavo la fronte e talvolta le labbra, la ritrasse e m'alzava i capelli che mi cadevan sugli occhi, guardandomi fisso. Alla fine mi diceva: Oh non sei tu Ettore mio?.... Ma come qui?.... Dove siamo?.... Non mi par la mia camera.... sono in altro letto.... Oh Dio, che cos'? stato?
In questa, Franciotto, che s'affacciava ogni tanto per vedere come andasse la cosa, comparve sull'uscio. Ginevra diede un grido, e gettandomisi addosso tutta tremante diceva:--Ajutami, Ettore; eccolo, eccolo! Vergine Santissima, ajutatemi!--Io mi sforzavo rassicurarla il meglio che potevo, ma tutto era niente, e mostrava aver tanto spavento del buon Franciotto che pareva gli occhi le volessero schizzar fuori dalla fronte. M'avvidi dello scambio e le dicevo: Ginevra, sta di buona voglia; non ? il duca costui, ma un mio carissimo amico, e ti vuole quanto bene egli ha.
L'avresti veduta a queste parole deporre ogni timore, e volgersi piacevolmente a Franciotto quasi in atto di chieder perdono. Pensa come in cuor mio maledivo quello scellerato!
Ginevra allora cominci? a domandarmi che le spiegassi in qual modo si trovasse quivi, ed io la pregavo fosse contenta per allora aver fede in me, ed attendere solo alla salute, che voleva riposo; e tanto le dissi, che mi riusc? di quietarla; e, verso la mattina, fattole prender un cordiale, s'addorment?.
Ma non dormivo io. Ben conoscevo ch'era pazzia lo sperare volesse indursi a rimanere meco; e che a mio e forse a suo malgrado, pure avrebbe voluto tornarsene col marito, appena le sue forze gliel'avesser concesso. Onde spedii velocemente a Roma Franciotto ad informarsi in che termini si stesse col?, e come vi fosse intesa la cosa.
Torn? verso sera, recando la nuova che il Valentino s'era levato colle sue genti, ed avviato verso Romagna, ed avea menato con s? Grajano e la compagnia. Non si sapeva quale impresa fosse per fare dapprima.
Ne feci motto alla Ginevra, la quale, udito da me alla fine quanto le fosse occorso, ondeggiava in varj pensieri senza sapere a che risolversi. Con molte parole le mostrai che in modo nessuno le conveniva tornarsene a Roma, ove il Valentino avrebbe con facilit? potuto trovarla, ed emendare il primo colpo fallito: che suo marito, avvolto nelle faccende della guerra, e tutto cosa del duca, difficilmente avrebbe potuto, anche volendo, servirle di difensore: e poi come, dove rintracciarlo? La pregavo, con affetto grandissimo, non volesse andar contro ad una quasi divina disposizione, che per istrade tanto fuor delle ordinarie ci aveva riuniti, togliendola da una condizione piena d'insidie e di pericoli: pensasse che levandoci di qui, potevamo per la supposta morte condurci senza sospetti in parte ove libera e tranquilla potrebbe almeno aspettare e vedere dove andasse a parare la sua fortuna e quella di suo marito; ed alzando la fede, le dissi queste formate parole:
--Ginevra! io giuro alla Vergine Santissima che sarai meco, non altrimenti che se fossi con tua madre.--Franciotto ancor esso ajutava; tantoch? la buona Ginevra alla fine con molti sospiri, n? potendo affatto vincere un cotal rimorso che la rodeva mi disse:--Ettore, tu sarai mia guida, a te sta il mostrare che il Cielo, e non altri mi t'ha mandato.
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