Read Ebook: Il Re bello by Palazzeschi Aldo
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Ebook has 1085 lines and 55750 words, and 22 pages
ALDO PALAZZESCHI
IL RE BELLO
VALLECCHI EDITORE FIRENZE
PROPRIET? LETTERARIA
Firenze, 1921 -- Stabilimenti Grafici Attilio Vallecchi -- Via Ricasoli, 8
IL RE BELLO
-- Sua Maest? la Regina attende.
Il conte Ercole Pagano Silf, gran Maresciallo di Bir?nia, dette queste parole rimase fermo nel mezzo della sala, sotto l'immensa scintillante lumiera veneziana, considerando la persona del Re.
-- Tutto ? pronto? -- chiese il Re.
-- Tutto, Maest?.
-- Fu pensato a tutto?
-- A tutto.
E il conte Ercole Pagano Silf, al quale nulla sfuggiva del pensiero del Sovrano, comprese.
-- Monsignore vicario gi? da mezz'ora ? genuflesso dinanzi all'altare acceso, dall'alba di stamane le Orsoline alzano al cielo la loro invocazione, Monsignora Superiora delle Clarisse fece eseguire il digiuno di preparazione, e nella cattedrale fu adempiuto il triduo solenne, al grido di tutte le vergini e le madri di Bir?nia.
-- Andiamo -- disse il Re interrompendolo bruscamente.
Il gran Maresciallo apr? la porta e, passato il Sovrano, lo segu? a capo basso per il lungo e deserto corridoio della Reggia.
Giunti ad una porta si ferm? il Re, il gran Maresciallo l'apr?, entr?, e fattosi a un passo dalla soglia annunzi?:
-- Sua Maest? il Re.
Il conte Ercole Pagano Silf si ritir?, chiuse cautamente la porta, rest? un momento a capo basso, si dette a girellare su e gi? per il corridoio, e fermandosi davanti ad una finestra e levando in alto la testa e le braccia parve volesse dire: -- Signore, esaudiscilo!
-- Come gli ? grande!
-- Come Lui -- ognuno diceva e pensava. -- I baffi, gli occhi, la persona tutta!
-- Come gli ? Re!
-- Che garbo da Sovrano!
-- Quanta maest?!
Sarebbero stati tutti ben volentieri ventiquattro ore digiuni per offrire a lui un pranzo di gala, e si sarebbero sentiti tutti pieni, e se taluno avesse toccato un filo d'erba solo in Bir?nia non un cittadino sarebbe rimasto indietro d'un passo al suo Re per difenderlo.
Era il Regno della Bir?nia come una patriarcale famiglia.
Vicino alla figura fortissima del Re eravi quella della Regina, pallida e sofferente da varii anni per una nevrosi cardiaca che le si andava aggravando ogni d?, e la faceva rimanere sempre colla bocca aperta come i pesci.
Raramente essa poteva mostrarsi al popolo cos? malata com'era, ma quando nelle grandi solennit? dello Stato vi era costretta e gli compariva boccheggiando e dolorosamente sopita, ognuno guardandola in espressione desolata e amorosa pareva supplicare: -- Signore! Perch?, perch? non l'hai esaudita? Perch? l'hai voluta s? infelice?
S'era poco a poco addensata una nube sul limpido cielo di quel Regno, una nube che pareva oscurare dalla fronte del Re quella dell'ultimo cittadino.
E quando il Sovrano assorto nel pensiero divenuto fisso, dava un enorme pugno sulla tavola, quello che si chiamava in Bir?nia il pugno di Ludovico, e venivano a quel modo prese le decisioni supreme dello Stato, e il giudizio inappellabile del Re era pronunziato, non si poteva pi? dire ch'esso fosse divinamente puro, che un riflesso di quella nube ne turbava la serenit?.
Il conte Ercole Pagano Silf, gran Maresciallo di Bir?nia, era il regolatore di quel pugno, e faceva colla sua parola, collo sguardo, coi suoi mezzi tutti a che il braccio del Monarca si movesse il pi? possibile in tempo, ed era riuscito, l'eminente uomo di Stato, a farglielo tenere su alzato per tre quarti d'ora interi e a fargli dare il pugno proprio nel momento giusto.
E fin qui nulla avrebbe turbato la pace del nostro Sovrano e del Regno tutto della Bir?nia se a tale punto, per la fatica dei parti troppo frequenti non ne fosse uscita turbata la salute della Regina Sofia Clementina, che venne assalita da una ancor lieve affezione di cuore per la quale i medici del regno e quelli chiamati dai regni limitrofi, si pronunziarono per un certo periodo di riposo dai doveri coniugali, e sopratutto a che Sua Maest? non avesse dovuto subire a breve scadenza le fatiche di una nuova gestazione e di un parto conseguente, per non dover gravemente risentirsene in salute.
Attese fiducioso il Re di Bir?nia, e non appena l'augusta consorte parve guarita and? a lei con tutto il suo poderoso slancio e la pi? ardente speranza sicuro che quella sarebbe stata la sua ultima fatica e insieme il coronamento di tutte le altre.
Non ment? il sangue Ludovico, la graziosa signora pot? in breve fare annunziare a tutto il popolo suo che l'avvento troppo lungamente anelato era prossimo.
Giunse il parto assai scabroso per la debolezza della Sovrana che fu dovuta sostenere con farmachi, e quando il Gran Maresciallo si present? a darne annunzio al Re, che aspettava trepidante, comprese il Re da quello sguardo.
-- No! No! -- grid? Sua Maest? -- Vai via sai, brutto pagliaccio che non sei altro, via!
E questa nuova principessa fu chiamata Geltrude.
Da quel giorno si oscur? la pace del felice Stato.
-- Sangue Ludovico! -- urlava ora spaventosamente il Monarca come un'invocazione una minaccia e una bestemmia.
Le nove principesse erano state segregate all'ultimo piano della Reggia, e venivano condotte a prendere aria per i giardini nelle ore che il Re dava udienze, acci? egli, attratto a carezzarle per quel dolce istinto paterno che ? in tutti gli uomini, non venisse assalito dal pensiero orribile, che lo turbava d? e notte, proprio nel momento che le piccole teste gli erano fra le mani e non si sentisse lanciato a stritolarne una senza potersi rendere responsabile del suo operato.
Cadeva il Regno nelle mani dei Ludovichi Giulii, ramo bastardo dei Ludovichi, e che viveva fuori Regno. Senza dubbio essi avrebbero stretto alleanza cogli Sg?rpi, dominatori di quattro secoli prima, vinti e cacciati da Ludovico il grande con soli settantasette uomini. E sulla piazza dei Settantasette era il monumento equestre di Ludovico il Grande. La Bir?nia sarebbe divenuta un lacch? della Sgorp?a. Tutto finiva, la tradizione eroica, tutto cadeva, era la fine dei Ludovichi!
E tutto perch? una donna, una pallida donna dannata non riusciva a dare alla luce che delle miserabili principesse. Quale gastigo! Era dunque maledetta? Che aveva in corpo costei? E quella che aveva adorata e stretta nelle estasi pure della giovinezza prese a odiare come il peggiore nemico. Per la sua mano, per la sventura che l'aveva segnata tutto cadeva, Bir?nia, dinast?a, Ludovichi, la pace, tutto! E sapeva che il popolo con lui ne soffriva quanto lui.
Il conte Ercole Pagano Silf, aveva tentato di condurre il sovrano a riflettere, si sarebbe potuta ritoccare la costituzione ed ammettere la donna al regno. La bella principessa Eufrasia sarebbe stata una regina meravigliosa.
-- Mai! -- urlava il Re. -- Mai!
Sotto il regno dei Ludovichi la femmina era stata amata solamente come tale, ma non le era stato concesso da nessuno dei dodici Re l'ombra di accesso nelle cure dello Stato. Furono le donne dei Ludovichi sagge ed ottime spose, e migliori madri; giunse taluna ad occuparsi colle proprie mani della cucina della Reggia, non pi? in l?. Che direbbero gli occhi di Ludovico il Grande dalla Piazza dei Settantasette nel vedere un giorno una gonnella ai suoi piedi, sul suo trono, per la festa della costituzione?
-- Mai!
Il buono e saggio Maresciallo aveva anche consigliato qualche strattagemma per salvare la situazione e il Regno dalla rovina, avrebbe potuto il Re segretamente giacersi con altra donna, fingere una nuova gestazione della Regina, operare sapientemente il baratto, come in mille altri casi del genere erasi usato.
-- Mai!
E su questa faccenda il conte Ercole Pagano Silf non era mai riuscito ad attaccare un filo solo al braccio del Monarca e il pugno Ludovico era sempre caduto disperatamente senza piet? e fuori di tempo.
Non c'era che una via, sottoporre la Regina ad un'ultima estrema prova e fu fatto. I medici, dopo avere preparata l'augusta donna al cimento, e avere cercato prima ogni mezzo per sollevarla e rinforzarla, si espressero che pure essendo assai pericoloso il farlo si poteva tentare, e fu l'avvento, il decimo, della principessa Genovieffa.
N? si sa come riusc? dipoi a tenersi in vita, ma rimase in condizioni tali da non potersi pi? sollevare, e colla bocca sempre aperta come i pesci.
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