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Read Ebook: Il Re bello by Palazzeschi Aldo

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Ebook has 1085 lines and 55750 words, and 22 pages

N? si sa come riusc? dipoi a tenersi in vita, ma rimase in condizioni tali da non potersi pi? sollevare, e colla bocca sempre aperta come i pesci.

Era avvenuto da due anni il parto tragico della principessa Penelope.

Il Re compariva ora solo, come un vedovo, nelle grandi solennit? dello Stato, guardava torvo, minaccioso, il popolo suo, ultimamente aveva firmato una sentenza di morte colla pi? grande naturalezza di questo mondo, cosa mai avvenuta in Bir?nia. Tutto il Regno ne era turbato, sconvolto.

Consultati ancora una volta e chirurghi e ostetrici e specialisti e fattone venire uno apposta dall'America, dopo due anni sua Maest? si era ridotto a questo ultimo inumano tentativo pure nella certezza che la Regina vi sarebbe rimasta definitivamente uccisa.

Ma che voleva dire ormai? S'ella avesse dato alla luce l'anelato erede? L'eroe! S'ella moriva, moriva s? eroicamente per la sua patria! E il conte Ercole Pagano Silf, e tutti i dignitari e medici della corte, e lo stesso monsignore Vicario, e Monsignora Superiora delle Clarisse, e Monsignora Generalissima delle Rocchettine ve l'avevano persuasa.

E allorch? il Grande Maresciallo di Bir?nia fu ad annunziare che Sua Maest? la Regina lo attendeva nella camera dell'appartamento ufficiale dove la prima volta l'aveva stretta fra le sue braccia possenti, folle di amore e di desiderio, vergine, forte e bella, si sent? invaso da un tremito convulso, egli andava per l'ultima volta da lei quasi morente, ella si era rassegnata a soggiacere ancora una volta, poteva darsi che gli rimanesse cadavere fra le braccia, pareva che l'odio gli si placasse in cuore e vi rinascesse l'amore, per quella donna che poco a poco aveva dovuto odiare, ma che tutto il suo istinto avrebbe portato all'adorazione. Certo, prima di darle quella suprema stretta le sarebbe caduto ai ginocchi ed avrebbe pianto con lei come un fanciullo in una pi? viva commozione di quando soli a vent'anni si dettero il primo bacio, ora che la sorte dopo tanto amore li aveva rabbiosamente divisi.

Due ore dopo la porta della camera regale fu aperta ne usc? il Re, e vi entrarono con premura il medico e il chirurgo della Corte e le infermiere e cameriere, e di l? a poco il Vicario. Il Gran Maresciallo che aveva vegliato e forse sperato e pregato, segu? in silenzio Sua Maest? che rientr? senza dir motto nelle sue stanze.

Il sangue Ludovico che mai non ment? ebbe ragione anche questa volta e pochi giorni dopo il popolo di Bir?nia seppe quello che doveva aspettare.

-- Santa creatura!

-- Angelo sulla terra! -- Gridava ogni cittadino.

-- Ella muore per noi!

-- Per salvare la sua patria diletta!

La Regina fu dovuta assistere durante la pericolosissima gestazione quotidianamente con farmachi, caffeina, morfina e cocaina e strofanto. Il Re rimase torvo, cupo, levando ora la testa al cielo in atto che voleva essere di preghiera ma che pareva di atroce minaccia e di bestemmia, ora l'abbassava alla terra quasi volesse schiacciarla tutta come un rettile sotto il tallone, ora fissando paurosamente gli occhi sbarrati sul povero Maresciallo che sembrava divenuto la causa di tutta la sventura.

Quando il conte Ercole Pagano Silf comparve tremante ad annunziare al Sovrano che Sua Maest? la Regina era stata assalita dal tremito del parto questi gli fu addosso e afferratolo per la nuca lo schiacci? a terra: <>.

Solo allorquando l'urlo della gioia pi? selvaggia, ch'era sprigionato cos? naturale dal seno di quella folla, fu potuto un pochino acquetare, con gesto lento, con voce spenta, dolorosamente il buon maresciallo annunzi? che Sua Maest? la Regina Sofia Clementina era agonizzante.

Lontano dagli occhi di tutti cresceva il giovine principe. Si sapeva che mai non usciva dalle mani del suo istitutore, e mai non doveva uscirne, uomo straordinariamente dotto e rigidissimo appositamente fatto venire da Tatillon.

Pure anelava il popolo di potere anche fuggevolmente vederlo, il suo giovine Re, ma non gli veniva concesso che assai di rado nelle pi? eccezionali solennit? dello Stato, quando vi compariva alla sinistra del Monarca. Oh! Come ne gongolava tutto in quei giorni, in quei brevissimi istanti che gli era concesso goderlo.

-- Quali fattezze!

-- Che pelle vellutata!

-- Quali sguardi di fuoco!

-- La magnificenza dei capelli!

-- Come le ali dei corvi!

-- Le labbra coralline!

-- La bianchezza dei denti!

-- Tu ci hai fatto languire ad aspettarti perch? eri tanto bello!

Si sapeva gi? di certi gesti imperiosi del Principe, di sguardi sdegnati che avevano abbruciato interi personaggi nella Corte.

-- Oh! s'egli era giustamente superbo d'essere tanto bello e tanto grande!

Di tutti i Ludovichi questo, il pi? agognato, era il pi? bello e il pi? sovrano, nella sua eccezionale figura.

La povera Regina s'era spenta nel dare alla luce un simile prodigio, era rimasta ancora per quattro anni colla bocca spalancata in agonia, prima d'esalare la sua anima purissima a Dio.

Ma che voleva dire? Ella si era tutta sacrificata per la patria adorata, il sacrificio era stato a pieno coronato, s'era trasfusa intera in lui, e in lui pi? grande risplendeva, e la si venerava gi? come una martire santa.

Un giorno, il bellissimo principe sarebbe stato incoronato! Con quale grandezza avrebbe salito il trono, e cinta la corona e vestito l'ermellino! Gli sarebbe stata scelta una sposa degna di lui, e tutto ritornava a sorridere lietamente in Bir?nia dopo il dramma delle undici principesse, e della infelice Regina Sofia Clementina.

D'anno in anno le principesse crescevano e andavano spose alle pi? lontane e vicine corti, e venivano per loro mezzo strette nuove e salde amicizie, in tutto era tornata la pace e la felicit?.

Si sa che negli ultimi istanti della sua vita volle al suo capezzale solo il figlio, e che proprio prima di chinarvi sopra la testa definitivamente fece chiamare ancora una volta il conte Ercole Pagano Silf, che rimase fino all'ultimo presso il morente Sovrano, e a fianco di quello che sorgeva.

Il popolo reclamava il giusto atto, reclamava una Regina, della quale da tanto si sentiva privo, degna di tanto Re.

E fu precisamente alla corte di Caudiria che una delle pi? pure e soavi principesse della terra gli venne destinata.

I giorni che precederono le fauste nozze tutto il popolo and? sottosopra per l'avvenimento, ognuno coltiv? fiori nel campo e nel giardino, nell'orto, sopra il balcone, e in un testo, nell'angolo del pi? umile davanzale fior? una rosa per quel giorno e fu la Bir?nia un solo giardino.

Come egli fu bello quella mattina benedetta dal pi? smagliante azzurro del cielo, dal sole pi? fulgido, si sarebbe lasciato uccidere ogni cittadino per un suo bacio.

Escono maestosamente dalla porta della reggia le guardie reali, e dipoi i componenti il corpo diplomatico e corpi religiosi, i grandi dignitari della Corte, le dame, i cavalieri, gli ufficiali, squillano alto nel cielo le trombe d'argento e il tutto s'apre in due bande, appare alla soglia il Re coronato, fermo, alto, superbo, lanciando con divina semplicit? tali sguardi fieri sulle plebi in ginocchio ammonticchiate, nella polvere.... tali sguardi che ognuno implora dal cielo gli sia messo quel piede sopra le spalle per sentirsene schiacciato e posseduto.

Nel silenzio della piazza e degli attigui viali, scoppiano e sussultano i singhiozzi di tutto un popolo, nessuno ha saputo contenere il pianto.

E quante volte volle poi quel popolo che i graziosi sovrani venissero al balcone della Reggia, mai dissetandosi di quella religiosa ammirazione, nessuno poteva mai sentirsene satollo. E quel popolo che aveva trascorsa la notte intera sul piazzale, che nemmeno la fame sarebbe stata capace di allontanare, avendoci portate le provvigioni, incominci? i bivacchi, furono accesi i fuochi dell'accampamento, in attesa del d? seguente, per l'incoronazione del Sovrano e della sua sposa.

Congedati i grandi dignitari della Corte, quelli delle cariche, i gentiluomini, i cavalieri, le dame, gli ufficiali, tutto quanto il corpo diplomatico e corpi religiosi, i giovani sposi vennero alfine lasciati soli. Ultimo a congedarsi fu il vecchio conte Ercole Pagano Silf, che, fattosi presso al Sovrano, balbett? qualche parola sommessamente, guardingo, in aria sospetta, alla quale il Sovrano rispose con una mossa della pi? brusca e completa seccatura.

Ora andava di finestra in finestra per il salone che era quello delle conversazioni e precedeva le stanze private del Re e della Regina. Guardava assorto i bei colli della Bir?nia seminati di ville e di villaggi, alzava di tanto in tanto la testa al cielo come per trarre un pi? lungo respiro, torcendosi un po' nei regali indumenti quasi vi si fosse sentito troppo stretto, ed avesse una grande voglia di sciogliersi.

Nemmeno degnando di uno sguardo la tenera sposa che rimasta ferma presso un tavolo gelido di musaici, colla mano appoggiatavi appena come sul ghiaccio, tremante quale colomba attendeva senza il coraggio di alzare il capo d'oro, un po' stopposo, sul suo Re, sullo sposo suo, sul giovane bellissimo dal quale attendeva vacillante e ignara una prima stretta.

Fu dopo alcuni minuti di questa posizione, che scossosi e riaperti gli occhi, come sovvenendosi che un'altra persona era l? con lui nella stanza, e che forse aspettava proprio una sua parola, un gesto, qualche cosa da lui, la sua sposa, ancora in piedi, colla fronte a terra, avvolta ancora nei veli candidi....

Si alz?, and? ancora verso una finestra, ma il suo pensiero era ora vicino, l? in quella sala dalle grandi cornici che si attorcevano dappertutto come serpenti d'oro, dove lui era colla giovine donna quasi rattrappita dal suo contegno stranamente indifferente.

-- Gi?.... -- prese poi a dire come chi non sappia incominciare un discorso difficile -- gi?.... eh!... povera piccina.... Eh! sei venuta qua.... anzi, ti hanno portata qua, te ci sei venuta.... come un salame, non ? vero? Povera creaturina! Sposa al pi? bel Re del pi? beato regno della terra....

And? ancora per la sala, imbarazzato dalla difficolt? delle proprie parole, e per nulla aiutato dal contegno passivo di lei, ma poi, avvicinandosi dolorosamente, accigliato: -- che dici, che pensi di me, che da un'ora sono qui e non ti abbraccio, non corro a ricuoprirti di baci e di carezze, ora che sei mia, e non ci avvinghiamo insieme immemori di tutto colla forza dei venti anni nostri?... Povera piccola mia, sai? -- e pi? le si avvicinava pietosamente carezzevole, con una grande amarezza nelle parole; ella non sapeva pi? dove nascondere lo sguardo per la soggezione, la gola le si era serrata, gli occhi le si velavano, credendo che il momento ignoto fosse giunto, tremava sentendosi cos? vicina la bella persona profumata, ancora stretta nell'uniforme sfolgorante. -- Un orribile inganno pesa su te, su me, un orribile inganno, un destino perverso ci tiene nel suo pugno e ghigna e ride in quest'istante della nostra sciagura. Guardami, guardami, alza la faccia, alza la faccia sopra di me, guardami, ma guardami per Dio! -- Alz? la testa spaventata la Regina, e parve che gli occhi arginassero un rivo di pianto che fosse per isgorgarvi, guardami cara, la mia pelle, la mia bocca, il mio sguardo, i capelli, le mani, ma guardami per Dio, non ti accorgi, di nulla ti accorgi? Non senti?... Che senti vicino a me?... -- Due grosse lacrime riuscirono a sgorgare ed irrigarono le guance rosee della fanciulla che guardava il Re senza nulla vedere, nulla comprendere, colla confusione di un bambino che si senta rimproverare da una persona della quale abbia la pi? grande soggezione. -- Guardami.... ti sembra davvero che io sia il tuo Re? Lo sposo tuo? Che senti vicino a me? Non ti agghiaccia un poco -- le prese la mano fra le sue -- la stretta della mia mano troppo morbida, e troppo bianca? Ti pare, dimmi, che con questi occhi possa io impossessarmi della tua piccola anima intera, di te? Povera piccina mia, sai, non sono un Re, non sono il tuo Re, il tuo sposo, trascino da venti anni sopra la terra la pi? ridicola menzogna, ed ho giurato a mio padre, al suo letto di morte di trascinarla sempre, sono dannato a questa pena, questo solo tu dividerai meco, questa ridicola e infame menzogna, questo solo ci unisce. Sei stata trascinata con me in un gorgo infernale, questo solo ci unir?. -- Vag? ancora per la stanza scuotendo dolorosamente la testa, guardando coi grandi occhi perduti nel vuoto dinanzi. -- Sei venuta sposa.... al pi? bel Re del pi? beato regno della terra -- rise ghignando amaramente scandendo una ad una le parole -- bello come quello delle favole, non ? vero? -- Rise ancora torcendo la bella bocca. -- Non sono il tuo Re mia cara, no, no, eccoci qui, siamo due regine.... -- spalanc? le braccia -- proprio cos? -- e le lasci? andare gi? morte lungo la persona.

-- Oh! Ma non ? per te s? crudele la sorte, tu, rifatta dallo stupore, abituata a rivestire l'inganno atroce che ci avvince e nel quale siamo insieme rinchiusi come in una botte di ferro, potrai ugualmente essere felice, non disperare. -- Si volse a guardarla ancora nella primitiva posizione piangendo silenziosamente pure senza capire, piangendo per il disagio di quel momento senza scorgere pi? in l?, senza rendersi ragione nemmeno un poco di quelle parole, di quel contegno cos? inaspettato, sentendo che qualche cosa di ignoto e di orribile era su lei.

La Regina gli sedeva accanto colla faccia cerea, un poco contratta e sofferente di chi non abbia potuto dormire per una notte intera. Ma di lui solo s'occupavano tutti, affascinati dalla sua prodigiosa e pur delicata figura che tutto illuminava e riscaldava.

-- Come gli ? bello!

-- E come ? felice accanto alla sua sposa che pare una tortorella spaventata.

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