Read Ebook: L'isola dei baci: Romanzo erotico-sociale by Corra Bruno Marinetti F T
Font size:
Background color:
Text color:
Add to tbrJar First Page Next Page
Ebook has 397 lines and 16451 words, and 8 pages
MARINETTI E BRUNO CORRA
L'ISOLA DEI BACI
MILANO STUDIO EDITORIALE LOMBARDO Via Durini, 18 1918
PROPRIET? LETTERARIA
Questo libro mi piace.
BRUNO CORRA.
INDICE
I TURISTI MISTERIOSI
La troppo intensa partecipazione alla vita febbrile della nostra epoca guerresca e rivoluzionaria, ci costrinse, ai primi di agosto, a prenderci quindici giorni di assoluta vacanza. Il primo treno in partenza dalla stazione di Milano verso un porto di mare, alla ricerca di un'isola piacevole e fresca.
Napoli. Banchina dell'Immacolatella. Le quattro del pomeriggio. Mancano pochi minuti alla partenza del piroscafo per Capri. Odori ruvidi e selvaggi di carbone, catrame, sterco, carrube e aranci collaborano colla fermentazione bollente del mare. Atmosfera di lana scottante. Sul ponte troviamo a stento due posti che ci permettono di sudare comodamente fra un deretano di popolana e un napoletano sbarbatissimo, vestito all'inglese, che ostenta un accento perfetto nel parlare francese.
Il mare gonfio d'oro accecante. Afa. Abbiamo la sensazione di trovarci nel letto dorato di Desdemona sotto i cuscini e i pugni del negro Otello.
Ansia crescente. Desiderio di tuffarsi nel fresco della velocit?, verso l'indaco del golfo liscio, ricamato di scie e triangoli stanchi di vele. Se non si parte subito avremo fatalmente un colpo di sole. Sopraggiungono invece dei nuovi viaggiatori sbuffanti, agitati, rumorosi, elegantissimi, strani, affannosamente accorati di non trovare pi? un posto da sedere.
Sono dieci o dodici uomini d'et? diversa, evidentemente ricchi, ma dai modi insoliti e tutti legati da un incomprensibile interesse comune.
Fra di loro una giovane signora elegante, alta, fine, snodata nella lieve e morbida toilette nera, sotto l'ala fuggente di un magnifico cappello nero: viso pallido delicato, bocca sensuale un po' grande, occhi scuri ma brillanti, pieni di un'intelligenza allegra. Indoviniamo subito suo marito, Paul De Ritten, bellissimo giovane, snello, occhi azzurri sotto i capelli biondi ondulati, ch'egli ricompone di tanto in tanto con le mani fine, aristocratiche, cariche di anelli antichi. Ritto davanti a noi indica e spiega ai suoi amici le grosse mine galleggianti fra le quali il piroscafo naviga ora cautamente.
A cento metri sulla nostra destra ci segue un cacciatorpediniere, lucido, metallico, geometrico, grondante di luce.
La velocit? non ci dava frescura. Sonnecchiavamo dalla noia quando ci si avvicin? uno degli ultimi viaggiatori sopravvenuti, il conte Ricard, giovane, grasso, bruno, mellifluo, pettinatissimo, modi untuosi. L'avevamo conosciuto e ritrovato spesso nei centri artistici europei, senza domandarci mai chi era e se realmente ci piaceva. Utilissimo per?: volle presentarci ai suoi amici e alla bellissima Contessa De Ritten. Questa sembrava spostata fra quegli uomini, trascurata. Suo marito non le rivolgeva quasi mai la parola.
Una frase colta a volo aument? per noi il mistero che avvolgeva tutta la comitiva: "Ma le donne proprio non ci volevano: il conte de Ritten ? stato poco serio, poteva lasciare la sua signora a casa,,. Parlava cos?, concitatamente, il barone Truffard, tricheco vestito di bianco, grosso viso ultra violetto, corpo straripante viscido. Si alz? faticosamente. Raggiungemmo insieme il gruppo dei suoi amici che discutevano animatamente pro e contro un articolo della Tribuna sulla questione Dalmata.
-- Andate a Capri per riposarvi? domandammo a Ricard.
-- No, si tratta di una riunione politica.
-- Un congresso?
-- No qualche cosa di molto pi? importante. Vi spiegher? tutto domani. Quel magro, miope, ? un valentissimo musicista ebreo inglese, figlio di un ricco banchiere della Rue Saint-Honor?, Jean Cohn. Dietro di lui quel tipo d'abatino tutto curve e moine, dalla grossa bocca viziosa, e dagli occhi sfuggenti ? il giovane poeta Guido Pietrachiara, umbro, ricco, un certo ingegno.
Il piroscafo rallentava sotto le alte rocce a terrazze di Sorrento, giallastre, vecchie sulla morbidezza giovanile, sana e carnale del mare troppo azzurro. Lass? le balaustre straripanti di vegetazioni invitavano agli amori facili. Tutti si sporgevano al parapetto del piroscafo sul vociare dei barcaioli napoletani.
Con voce languida e un po' rauca la Contessa De Ritten diceva:
-- Che paese meraviglioso! Bisognerebbe non aver fatto ancora il proprio viaggio di nozze, per venirlo a far qui.
-- Puoi farne un secondo, con un altro, se lo desideri -- rispose De Ritten con una punta d'ostilit?.
-- Oh no! ? troppo tardi! Ora non posso pi? pensare che al caro marmocchietto nostro.
Il piroscafo si volt? per fendere di nuovo l'alito soave del golfo opprimente di delizia. La prua copriva e scopriva sospirando il profilo nudo dell'Isola di Capri, perlacea, coricata, inutile e assurda all'orizzonte.
Tutti tacquero, seduti, ripresi a poco a poco dal torpore solare.
Si sentiva soltanto borbottare il grosso deputato russo Markoff, apopleticamente seduto, viso gonfio, pizzo e baffi biondi, stiffelius nero fuori moda, pancia scoppiante tra le coscie enormi divaricate, piccoli occhi celesti, irritati dalle lentezze del cameriere che gli portava ora la quarta ghiacciata di caff?. La prese e la tenne con le due mani sotto il mento religiosamente.
-- Ho detto portare presto presto da bere... Voi me non venire mai!... Voi servire sempre altra gente prima di me!
Poi disse al suo servitore:
-- Ora che scenderemo, prima d'andare all'Albergo, bisogna mandare dispaccio al nostro ambasciatore a Roma.
GIACOMO SATUTTO
Ed arriv? infatti sorreggendo con tenerezza fraterna un essere fantastico e misterioso che merita una rapida, ma completa descrizione. Sembrava un mendicante vagabondo; ed era relativamente pulito.
Era vecchio, magro, lungo, curvo, cadente, ma con dettagli accurati nel vestito tutto rammendato. In mano, il classico bastone dei viandanti, pi? alto della sua stessa persona, con in cima appiccicato un disco di cartone bianco coperto di scritture a matita.
Sulle spalle gli ciondolava una specie di lunga borraccia bitorzoluta, coperta di panno grigioverde e tutta legata come un salame.
Aveva in testa un berrettino biancastro da galeotto. Dei piccoli occhi di ferro grigio. Malamente sbarbato. Portava infilata al braccio sinistro una grossa gamella da soldato, nuova. Rischi? di cadere cento volte scendendo in barca poich? gli arnesi che gli servivano di scarpe erano di una eccezionale antipraticit?: sembravano enormi sandali ed erano invece semplicemente le colossali suole mal tagliate di un paio di scarpe fuori da qualunque misura umana.
Si soffriva pensando ai dolori di quei poveri vecchi piedi nudi e callosi che volevano trascinare ed erano trascinati dal peso di quei due zoccoli strani di cuoio accartocciato e di stracci inutili.
In barca si tolse dalle spalle l'incomprensibile borraccia. Gli domandammo: "? per l'acqua, non ? vero?,,. Ci rispose con voce affannosa: "No, non c'? acqua, serve per la curiosit? della gente,,.
Poi, mostrandoci con un gesto iroso il signor Truffard che sorrideva: "Tutti vogliono sapere dove vado e se c'? l'acqua nella borraccia, tutti si arrabbiano perch? sono tutti nell'inganno, io solo vado verso la verit?; Dio ? davanti a me e ho avuto il battesimo del sangue; possono fare quel che vogliono, gli uomini, ma non impareranno mai a far crescere l'erba!,,.
Gli domandammo che cosa significavano le scritture del suo disco. Rispose, con voce spenta: "Tutta la mia vita,,.
Intervenne Truffard che ci spieg? solennemente come stesse raccogliendo i pensieri e gli aforismi profondissimi di Giacomo Satutto, per pubblicarli sul Figaro.
Ma Satutto non voleva interpreti. Disse irosamente: "Faccio tutto per la curiosit? della gente. Tutti vogliono sapere cosa c'? nella gamella. ? vuota. Aspetter? sempre il rancio. Se mi d?nno qualchecosa bene, ma non cerco mai niente a nessuno. Il vicer? lo sa,,.
Questo discorso sconclusionato ci viet? d'interessarci alla bellezza di Capri. Seguimmo Truffard e il suo strano protetto all'albergo della Grotta Bleue, dove met? della comitiva aveva gi? fissato l'alloggio.
L'ALBERGO DELLA GROTTA BLEUE
Ci convincevamo sempre pi? che le stravaganze esteriori di quella gente non potevano essere che un'abilissima mascheratura di tenebrosi bench? indecifrabili scopi politici.
Prima di tutto era assai sospetto, nel momento attuale, il fatto che numerosi individui appartenenti alle pi? svariate nazionalit? fossero cos? uniti da legami evidentemente profondi -- Truffard, banchiere francese. De Ritten, letterato francese, figlio d'un camerlengo del Papa; Pietrachiara, poeta italiano; Benali, attore italiano, Conte Ladolce, dalmata; Ricard, francese o irlandese; Markoff, deputato della Duma; il granduca Federor Cohn, musicista ebreo inglese che si dichiara cristiano e fa l'antisemita; Djamil, avvocato turco egiziano; Stopwitz, archeologo polacco, ma forse austriaco; Werkopfen, antiquario e numismatico svizzero, ma forse tedesco; il barone Makra, professore ellenista d'origine rumena; Rudolf Thompson, direttore d'una Biblioteca di Chicago, nordamericano d'origine tedesca; Terrapiccola, ricco proprietario brasiliano.
Le nostre indagini, invece di chiarirsi, si annebbiavano. E vi naufragavano dentro gli isolotti incerti delle nostre ipotesi.
Nel corridoio sentimmo: da una porta semiaperta il brontolio di Markoff che dettava al segretario: "non dimenticate di porre nettamente la questione del disarmo...,,.
Ma fummo distratti dalla voce concitata di De Ritten che usciva velocemente dalla sua camera senza vederci, sbattendo dietro di s? la porta. Origliammo, poi guardammo dal buco della serratura. La contessa De Ritten, deliziosamente discinta, singhiozzava su una poltrona.
Pensammo che la Contessa De Ritten fosse di una nazionalit? nemica e che da questo derivasse il dissidio evidente che agitava la coppia.
Add to tbrJar First Page Next Page