Read Ebook: Ahi Giacometta la tua ghirlandella! by Beltramelli Antonio
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Ebook has 2913 lines and 61649 words, and 59 pages
ANTONIO BELTRAMELLI
ACCADEMICO D'ITALIA
AHI, GIACOMETTA, LA TUA GHIRLANDELLA!
A. MONDADORI ? EDITORE
Di questa collezione si sono stampati 200.000 volumi.
Agli uomini cortesi, di belle e avvedute lettere, ai cacamillesimi, agli speziali della letteratura e a tutti coloro i quali han giudicato dell'opera mia con furiosa malevolenza, con languida acquiescenza o con savonaroliana anima piagnona! ai molti parlatori e valutatori dell'altrui fatica io non ho mai risposto; non ho mai detto a Tizio, critico; o a Sempronio, flebotomo:
-- Perdoni, Signore, ma se l'opera mia non convince lei, in assoluto, credo che Ella non abbia avuto da Dio, tale e cos? vasto dono da esser certo di convincer gli altri, in assoluto, circa la bellezza e la bont? indiscutibile della sua giudicante prosa. Perch?, o mi inganno forte, o Ella assume, mio caro Signore, una non so quale fierissima aria di infallibilit?, e un cos? forte sentore di tremendo impero ? in tutto quanto Ella sentenziando scrive, che certo non pu? ammettere altri faccia, alla sua sicurezza, eccezione.
Epper? Ella deve essere persona di grande animo e di radicatissime convinzioni; e tutto quanto esce dal suo distinto cerebro deve andare per il mondo con piedi tanto infallibili da poter sfidare le distanze dei secoli e dei millenni: ch?, se questo non fosse, mio onorando Signore, non saprei davvero a qual partito attenermi e dovrei disgraziatamente conchiudere non aver io dinnanzi se non un piacevole cerretano il quale tanto pi? si sbraccia per farsi udire, quanto meno ? convinto della bont? de' suoi cerotti, empiastri, pecette e flemmag?ghi che offre alla attenta e maligna minchioneria del pubblico. --
Questo non ho mai detto io agli uomini cortesi di belle e avvedute lettere, ai cacamillesimi, agli speziali della letteratura, ai sentenziatori e giudicatori e facitori di oroscopi. E mi son preso le busse, ed ho insaccato le male parole, le insinuazioni, le spulciature, le falsificazioni, le grandi arie, le idiozie, le impotenze, le disdegnose ripulse, le fesserie concomitanti e via discorrendo; tutto questo, e ancor pi?, ho insaccato io, sempre fermo al mio silenzio come il peccatore contrito il quale sa di dover tutto sopportare e tutto aspettarsi, e tanto pi? si umilia quanto pi? smisurata riconosce la propria colpa.
Senonch?, miei colendissimi Signori, dopo cos? lungo esercizio e una tanta ed umile sopportazione, venuto al termine del mio silenzio e trovandomi a un tratto il cuore franco e le mani sbrividite, mi vien voglia di rifarmi col primo che mi capita sotto e caricar lui di quella bastonatura che andrebbe equamente distribuita fra tanti.
Ch? se poi questo bisboccia mi venga a parlar di tesi, laddove la tesi se la crea lui nel suo vuoto pneumatico; e di mie sapienti furberie, e di paesi scelti solo per adornata malizia, e di esotismo premeditato, e di dosata poesia e del diavolo che se lo porti, allora mi taccio addirittura, perch? con le donne isteriche e con i critici forsennati non ci si pu? intendere neppure a insolenze.
Cos? quello che non ho mai detto agli uomini cortesi di belle e avvedute lettere, ai cacamillesimi, ai sentenziatori e giudicatori e facitori di oroscopi, non lo dir? neppur oggi... e neppur domani.
La mia strada ? ancor lunga, fratelli della cornacchia, e vedete un po' se vi riesca talvolta di starmi a paro.
ANTONIO BELTRAMELLI
CAPITOLO I
Io mi ricordo, Giacometta, quando vivevi nella tua casa bianca, dai grandi cristalli; sul lembo di un giardino. Allora avevi sedici anni ed eri la sola Giacometta di tutta la citt?.
Conducevi la vita delle persone per bene: uscivi poco, forse la domenica per andare alla messa con la veste pi? nuova; e, qualche rara volta, quando era proprio bel tempo, uscivi per far la tua passeggiata.
E la gente della tua citt? ti guardava perch? eri bella. I giovani si fermavano ad ammirarti.
-- Quella ? Giacometta!
-- Che bella bambina!
E non c'era, dinanzi a Dio, nessun'altra Giacometta all'infuori di te.
Cos? tocca alle vergini, qualche volta, quando escono dal convento, per ritirarsi in una citt? di provincia che ? un convento un poco diverso.
Ma tu avevi una casa bianca, tutta grandi finestre e cristalli che si accendevano, nelle albe e nei tramonti, dei fermi bagliori del cielo; avevi una casa come un faro, sul lembo di un antico giardino ed ivi regnavi, sola donna e madonna, fra due zii antichi e ricchissimi, per i quali eri, con tutta la tua giovinezza, un paradiso.
S?, Giacometta, tu eri il paradiso anche per me che non ero tuo zio e avevo forse dieci soldi ogni domenica per allietare la mia sontuosa giovinezza.
Avrei io potuto pensare a te, logicamente, con dieci soldi per settimana?... Io, figlio della scarna probit? in camicia e dedito agli economici legumi?
Ma avevo diciannove anni solamente e la mia semplicit? e un cuore spendaccione; avevo anche un amore sconfinato per le nuvole, per i sogni, per le apparenze, per le notti stellate, per il tempo di primavera e per il mistero de' tuoi grandi occhi celesti, Giacometta dalla veste blu.
Perch? avevi allora una veste blu ed io ti vedevo nel giardino; io solo che ero un imperatore nella mia soffitta la quale era buia, sudicia e fredda ma guardava sul tuo giardino.
E il mio cuore stava sempre alla finestra.
Tu lo vedesti un giorno, questo mio cuore un poco scemo, come un geranio rosso nel quadratuccio buio della mia soffitta ed io sentii un'ebetudine fonda paralizzarmi e una beatitudine infinita irradiare il mio corpo mortale, figlio della probit? e degli economici legumi.
Allora il mio nome scomparve fra le cose luminose di questa terra ed io non fui pi? niente, non fui pi? che un sospiro e un ardore nella tua scia, giovinetta dai grandi occhi celesti che ridevi come un'allodola canta quando si ruba l'anima dei poeti e delle nuvole.
E la citt? dai tre campanili non parlava allora che di te, sempre di te, Giacometta Maldi, orfana, ereditiera, bella e misteriosa. Chi ti avrebbe dato marito? Quale befana impennacchiata sarebbe giunta fino al tuo cuore col suo pargolo vezzoso, appena slattato, ma sicuro gi? di impalmarti per le giuste nozze? Quale margherita familiare avrebbe potuto trarti alla sua casa con tutti i tuoi poderi, per mezzo di un onesto figlio di famiglia tutto amorose virt??
Chi sposer? Giacometta Maldi?...
Ecco il bando per la citt? grugnita, dai tre campanili; e tutti gli uomini e gli omuncoli dai quindici ai trent'anni, si misero a far la Maratona sotto le tue finestre; e tu non uscivi che non ne avesti quindici o venti, sparsi lungh'esso la strada, in tutte le positure, con tutti i sospiri, coi pi? ardenti e allumacati occhi, tutti fluente giulebbe per te, per te angelo dalle belle ali, e ben piumate.
Ahi Giacometta, Giacometta!
E si mosse la signora Carolina e la signora Geltrude e la contessa Buttasenno e la marchesa Palmividi e la principessa Assaiassai! Tutte si mossero le squinternate signore, per Giacometta che aveva gli occhi celesti; e vestiron di gala e tentaron gli ispidi zii i quali rispondevano sempre con lo stesso muso e nello stesso tono:
-- Lo racconta a noi? E che ci entriamo noi?... Ne parli a Giacometta. E' lei che deve sposare.
Ma Giacometta, fin dalle prime parole, rideva.
E la citt? dai tre campanili si accigli?, fece il viso dell'arme.
-- Ah, quella Giacometta, che testa romantica!... Che brutta educazione!... Ma che vuole? Ma che cosa aspetta? Il principe delle Asturie? Gi?, infelice l'uomo che la prender? in moglie, con quel temperamento!... ? una cavallina da brutte sorprese!... O certo che il marito, le corna le avr? dopo un mese, a farla lunga!...
E fosti diffamata per la bocca stessa di quelle befane che volevano impalmarti coi loro mocciosi.
E il sole era sempre con te.
Guardati dai salti improvvisi, anche se dovesse chiamarti Elena argiva.
Giusto in quel tempo passasti dai sedici ai diciassett'anni e raccogliesti i tuoi cappelli biondi in una nuova acconciatura.
Chi ti insegnava ad essere tanto mai bella, Giacometta, ahi, Giacometta?...
E il mio cuore, povero e inutile vagabondo, stava sempre alla finestra. E tu alzavi gli occhi celesti per vedere la mia ammirazione che si pietrificava nello spasimo. Io stavo diventando un oggetto scemo sul davanzale di una finestra.
A volte ti udivo ridere di lontano; a volte giungevi di gran corsa tutta affannata e rossa; a volte parlavi con qualcuno... con chi?... con qualcuno al di l? del vasto giardino, per il mondo. Parlavi ma non percepivo le parole; udivo bens? la tua giovine calda voce.
Poi ti si disse, e non so perch?, ch'io avevo licenziato qualche parola rimata per le stampe e ti venne in mente ch'io fossi un poeta, io, nutrito di onesti legumi e coi miei poveri dieci soldi per settimana! I poeti portano le corone di alloro ed io avevo un cappelluccio verdino e tutto spellato come una vecchia gatta e avevo altres? una miseriola di vestito che quasi quasi non mi copriva niente.
Cos? le scarpe piangevano dai loro tiranti e la cravattina si faceva sempre pi? striminzita e lisa e senza natural colore.
Potevo essere degnamente poeta con simili masserizie? Io ero appena un povero oggetto scemo sul davanzale di una finestra e avevo le scarpe solate di bucce di cocomero.
Ma tu mi vedevi e bastava questo perch? il mio affanno crescesse a dismisura. Poi siccome le alterazioni dello spirito si ripercuotono nella nostra viva materia, io venivo perdendo l'appetito di giorno in giorno mirabilmente, il che, per le domestiche economie, non era trascurabile.
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