Ebook has 1043 lines and 31924 words, and 21 pages
SALVATORE DI GIACOMO
Nella Vita
NOVELLE
A VITTORIA AGANOOR POMPILJ
L'IGNOTO.
Sul <> erano poche persone: deserta la via del laboratorio pirotecnico, deserta l'altra di faccia ad essa, ove, in sul principio, ? la semplice e nuda fabbrica dell'Arcivescovado e seguono appresso altre fabbriche basse e si arriva finalmente alla <> incoronata da una fila di case.
L'ora del tramonto avanzava. Un lume dorato che, poc'anzi, aveva tutto acceso, nel lontano, il dosso fuggevole de' Tifati, si raccoglieva in coda a' monti, laggi?, a manca, ove la terra e la collina s'univano e dove pareva che l'ultima arborea decorazione di quelle gobbe immani declinasse nell'immensa e aperta campagna, verso Roma lontana. Tutto intorno taceva di quel greve silenzio invernale che pesa su Capua, la triste citt? delle chiese e delle caserme.
Sul ponte del Volturno, rivolte le spalle alla <> e alta dal parapetto, si stagliava sul livido cielo la statua di San Giovanni Nepomuceno: un braccio era steso al fiume e ne benediceva il queto cammino trascorrente lungo l'umide rive, ad occidente. Erano ancor vive, nel marmo barocco, la testa del santo e il busto suo quasi tutto: le parti inferiori, gi? investite dall'ombra, aveano apparenza confusa. Sotto la statua, addossati al parapetto, due uomini contemplavano il tramonto e, di volta in volta, accennavano a qualcosa lontana, in quel punto nota soltanto a' lor occhi o alla loro immaginazione poi che di faccia ad essi, oltre al ponte ferroviario, parallelo a questo su cui stavano e ch'era di remota origine romana, nulla pareva che turbasse, lungo il fiume e nel cielo e nel piano sterminato, la silenziosa agonia del giorno. A un momento una rapida nuvola si libr? e si scompose alle origini del ponte di ferro, mascherate da un breve caseggiato e dai pioppi della sponda cittadina. Apparve un treno, fischiante, nero, sterminato, il treno di Roma, che per due o tre secondi fugg? su per le arcate romoreggianti e d'un subito sparve, come penetrando, rimpetto, nelle viscere della collina, all'opposta sponda del fiume. Rimasero nell'aria vibrante, per pochi attimi, l'eco lamentosa dell'ultimo grido della macchina e un lieve fumo diffuso, che subito si sciolse. Allora i due uomini si staccarono dal parapetto e parlando piano, con le mani in saccoccia, col capo basso, scesero lentamente dal ponte nella piazza. Alle spalle loro cominciava a nereggiare la torre del ponte; la scaletta che va fino al sommo di essa appena s'intravedeva. Ma un lume brill? a un tratto in cima ad un palo forcuto, piantato sul parapetto destro ove esso quasi s'univa alle mura della torre; e allora gli ultimi gradini biancheggiarono, mentre il soldato che aveva acceso il lume scivolava lungo il palo e il parapetto a terra e scompariva sotto l'androne abbuiato, la cui sonorit? fu brevemente risvegliata da un acuto zufolio, che cess? pur subito. Torn?, alto, il silenzio, e il vecchio ponte rimase deserto affatto.
Chi si fosse in quell'ora, arrivando dal <> soffermato sul <> avrebbe potuto cogliere nel suo pi? penetrante momento lo spettacolo della caduta del giorno. Erano le cose pi? vicine allo sguardo il fiume, il ponte antico, le rive scure e la torre che terminava il passo del ponte: di l? dalla riva superiore erano campagne invisibili, nascoste, e pi? in l? finalmente stavano i monti, con interrotto disegno, coloriti d'un verde ancor tenero. Un roseo lume persisteva ov'essi inclinavano al piano: qui l'ultima fiamma del sole v'accendeva le cime d'un bosco. Ma sotto quel dolce fuoco il fiume, lento, quasi immoto in quel punto, non se ne colorava. Rispecchiava, invece, la verde e soprastante collina e le acque luccicavano verdeggiando, immobili come quelle d'un lago percosso dal mite chiarore della luna. Il ponte di ferro, nero e tagliente, correva su quell'acque. E sul ponte, e sul fiume e sul tramonto era un cielo minaccioso: alcune nuvole basse vi si rincorrevano, si gonfiavano a mano a mano, s'aggrovigliavano: le lor creste mobili e serpentine lambivano nell'alto una sottile fascia di cielo rimasta pallida e pura, e lentamente la conquistavano. Fra tanto, come generata dalla lontana e invisibile campagna, una massa vaporosa, grigiastra e fitta, assorgeva rapidamente all'orizzonte: era come una uguale cortina di fumo che si levasse da terra e cercasse di raggiungere, progredendo, le nuvole sparse pi? in alto. Difatti le invest? a un tratto e con quelle si confuse e si allarg?. Nel medesimo tempo fu un borbottio dietro la cortina, un rombo lieve e trascorrente, che per poco parl? pur al dosso dei monti con pi? debole voce, e quivi si spense. Ora il cielo s'era tutto oscurato. Tuttavia durava ancora in coda a' Tifati, il lume del sole: la rosea fiamma, diminuita ma viva, ardeva ancora in quel punto.
Un'ombra scivol? rapidamente sotto il muro dell'Arcivescovado e, a un tratto, se ne spicc? e prese forma, dirizzandosi al <>. Una donna. E pareva giovane, dal facile moto, e dal disegno della persona e dall'incesso. Pareva, da che le pieghe di uno scialle scuro, che dalla testa le ricascava sulle spalle e sul petto, le ombreggiavano tutta la faccia. L'ora gi? tarda raddoppiava il pallido mistero di quel volto, biancheggiante, con apparenza indefinibile, tra lo sparato del panno. Tuttavia, com'ella, per un momento, quasi irresoluta, s'arrestava nel piazzale, un fanciullo la riconobbe e le si fece da presso. Il fanciullo veniva dal <> e andava verso <>: portava la cartella dei suoi libri attaccata al dosso con due brevi corregge che passavano sotto le scapule e in una mano aveva una riga di legno con la quale, camminando e zufolando, egli si percoteva la coscia.
-- Letizia! -- esclam?.
E ristette davanti alla donna, interrogandola con gli azzurri occhi contenti, pieni di candido e inconscio riso infantile.
La donna, sorpresa, si trasse addietro e si guard? attorno. Altri non era sul piazzale in fuori di lei e dello scolaretto; le lor due figure nere, vicine, differenti segnavano, solitarie, la vastit? della via, chiara ancora per lungo tratto e pulita. La donna tremava, borbottava parole che il fanciulletto non riesciva a comprendere. Lo guard?, a un punto, smarritamente, come se pi? non lo riconoscesse, e seguit? a restar muta.
-- Dove vai? -- disse il piccino.
E subito soggiunse:
-- Io vengo dalla scuola. ? finita pi? tardi, oggi. Ora vado a casa. Ho i guanti: guarda.
E le mostr? la mano inguantata, in cui serrava il quadrello. L'altra egli aveva ficcata nella saccoccia dei pantaloncini, fino al gomito. La cav?, lentamente, e la lev?, aperta. Era gonfia e arrossata; l'epidermide, sul dosso, vi si screpolava e si rigava di piccoli solchi lividi. Il piccino la mostr?, lamentando.
-- Vedi, ho i geloni.
Ella taceva, guardandolo. Non lo ascoltava. Il piccino non seppe dir altro e torn? a domandare:
-- Dove vai, Letizia?
Or ella, improvvisamente si chinava sopra di lui, gli gettava un braccio attorno al collo, si traeva addosso il ragazzetto, obbediente, sorridente ancora. E com'egli credeva che volesse baciarlo accost? la gota e atteggi? le labbra. Ella non lo baci?. Gli disse piano, rapidamente, guardandolo negli occhi:
-- Tu non devi dire a nessuno che m'hai vista. Hai capito? A nessuno!
E l'atto e il suono della voce furono cos? imperativi che il piccino, istintivamente, si ritrasse e, voltando la faccia, cerc? di liberarsi. Ma Letizia gli prese il mento nella mano, costrinse, pi? dolcemente, quel piccolo volto quasi impaurito, e lo rigir? e si pieg? fino a disfiorarlo col suo. Ripetette, con voce pi? bassa, con un soffio di voce:
-- A nessuno! Dimmi che non lo dirai a nessuno! Me lo prometti, Paolino? Su, guardami, guarda Letizia tua....... Me lo prometti?.....
Il piccino balbett?:
-- S?..... Non lo dico a nessuno.
Come la donna lo baciava forte sulla guancia, egli le mormor? sulla gelida gota:
-- E a mamma tua? Neppure?
-- Dio! -- fece Letizia, inorridita -- Vuoi dirlo a mamma?
-- No, no! -- disse lo scolare, raccogliendo il quadrello che gli era sfuggito.
Lo lev?, con la piccola mano inguantata, e promise, solenne:
-- A nessuno.
Si rincammin? a piccoli passi, serio. A met? della via la infantile sua curiosit? lo punse: si volse. Letizia moveva al ponte, dirittamente, e la sua figura nera si rilevava, con fine disegno, sul tramonto. Parve a un tratto, ch'ella, soffermata, incerta, facesse per tornare addietro. Subito lo scolare riprese la sua strada verso <>. Ma avanti di arrivare a un vico traverso incontro al quale moveva, si ferm? ancora una volta e, sicuro di non esser visto, allung? il collo, voltandosi addietro, verso il piazzale gi? lontano. Ora Letizia, immobile, stava a mezzo il gran ponte, contro il parapetto. Il segno della sua testa liberata dallo scialle, del suo busto proteso, delle sue braccia, lungo le quali lo scialle ricascava e che s'allargavano, premendolo co' gomiti, sul parapetto, era evidente. Il fuoco del tramonto ella raggiungeva col capo, eretto, immoto. Una dorata aureola s'effondeva attorno a quel capo e quasi lo penetrava e lo immaterializzava; pareva che a momenti in quel roseo vapore esso fosse per dissolversi, mentre al vento lieve ed opposto una ciocca di capelli, volta a volta, vi palpitava e, investito dallo stesso vento, un lembo dello scialle sbatteva i fili della sua frangia su quell'incendio lontano.
Due, tre volte, perdutamente. Letizia s'era sporta dal parapetto sul fiume tacito e lento. Avea chiuso gli occhi, s'era allungata sul parapetto col busto, col ventre, lasciando penzolar le gambe dentro del ponte; e con le braccia stese, irrigidite quasi sul vuoto, aveva aspettato che una forza misteriosa, fatale, implacata la sospingesse d'un subito. Ma al senso pauroso del vuoto s'erano ritratte le sue braccia tremanti, gli occhi suoi s'erano aperti e subito chiusi sull'acqua tragica e scura e pi? greve, pi? rilassato era rimasto quel corpo senza volont?, sul muretto. Or ella temeva quasi di spiccarsene, anzi le pareva che sul punto di scivolarne a terra qualcosa dovesse risospingerla e precipitarla dall'alto. Rimase prona sul parapetto e pianamente riaperse gli occhi e guard? il fiume, disotto. Il Volturno trascorreva lento e silenzioso tra le quattro arcate di fabbrica imperatoria: l'acqua torva, pareva, a tratti, stagnante, cos? tardo era il suo cammino. Ma, di volta in volta, dei gorghi l'agitavano, e su per la giallastra superficie si rincorrevano pezzi di fradicio legno e batuffoli di paglia o di fimo. Nereggiavano lateralmente le rive, e, pi? in l?, sotto il ponte ferroviario, prima di far gomito, l'acqua, incorrotta, luceva, con aspetto diverso.
La donna interrog? un'ultima volta il fiume. Or ne saliva un alito d'umidit? e il liquido fangoso, che lambiva alle basi immani i pilastri quadrati degli archi, aveva un fascino freddo. La chiamava. Nulla pareva pi? propizio del silenzio circostante, dell'ora solitaria.
-- Che morte! -- ella mormor?.
E come, nell'atto in cui s'indugiava, le cupe acque la tentavano, l'attiravano ancora, pallidissima, vibrante per tutto il corpo d'un tremore improvviso, Letizia scivol? sul ponte dal parapetto e a questo s'addoss?, quasi mancando. Confusamente le appariva, ora, uno spettacolo novello. A man destra l'Arcivescovado, le case basse, una via che procedendo lungo le case si stringeva, e, nell'alto, pi? in l?, sul cielo bianchiccio, la cupola della <>. In fondo, rimpetto a lei, l'alto anfiteatro della <> il cui largo arco era terminato dalla fabbrica rozza e massiccia della polveriera. Le finestre di <> trattenevano ancora il lume del tramonto e se ne accendevano; abbasso, quasi sull'argine del fiume, l'infame contrada <> sciorinava su d'un sentiero invisibile le sue due o tre casucce a un sol piano.
Con la bocca serrata, con le braccia penzoloni, volte le spalle al tramonto la donna non distaccava lo sguardo da quel gruppo di case. Di l?, su pel fiume, pareva che le arrivasse una voce aspettata, un susurro incitante. E fascinata, immobile, ella rimase l? ritta, tra le ombre che scendevano rapidamente sul ponte.
L'ora scocc? all'Arcivescovado. Letizia si volse attorno, smarrita. Era notte. S'era spento l'incendio del bosco, il cielo s'era chiuso, un velo plumbeo, subitamente, scendeva sulla <> e la nascondeva. Nell'ombra, alcune forme confuse passavano sullo spiazzo e si disperdevano. Allora ella scese dal ponte verso il <>. Travers? lo spiazzo con celere passo, tutta raccolta nello scialle, frettolosamente. E pur, sul punto di penetrar nella via cittadina illuminata e viva, per un momento si sofferm?, parve incerta. Ma ella voleva soffocare nello scialle un singhiozzo e nascondervi le sue lagrime, poi che piangeva, procedendo. Fu un attimo. Poi mormor?:
-- Andiamo. Volont? di Dio.
Rabbrivid?. Si premette le labbra con un lembo dello scialle, come per soffocarvi nell'atto stesso che ne uscivano quelle parole orrorose. Ma vide, davanti a lei, luminoso, felice il <>: alcune donne ridevano sulla soglia d'una bottega, un cuoiaio tranquillamente fumava presso alla sua, appoggiato allo stipite, e con un cicaleccio allegro, parlando di cose vane e giovanili, sbucavano da un palazzo tre o quattro fanciulle e passavano.
-- S?, s? -- disse Letizia, disperatamente, nel cospetto di questa provocante pace d'anime e di cose -- Volont? di Dio!.. Volont? di Dio!
Entr? nel <>, e and? avanti, risoluta.
Andava, andava, senza fermarsi, con la testa bassa. In <>, ove metteva il primo tratto del Corso, da un globo enorme si diffondeva la luce elettrica e il vaporoso pulviscolo d'una pioggerella fitta e fredda roteava, penetrato da quel lume, per breve spazio attorno. Alle prime avvisaglie della pioggia i capuani avevano disertata la piazza: vi rimanevano de' soldati d'artiglieria, in piccoli gruppi, un crocchio di borghesi che s'avviava, per ripararvi, all'androne del palazzo municipale, due carabinieri ammantellati, gravi, lenti, solenni e lo scemo del <>, un piccolo uomo di forme e di fisonomia scimiesche le cui membra piteciche s'aggrovigliavano al palo del lume elettrico, sferzate dalla pioggia e tremanti.
Come Letizia pass? d'avanti all'<>, una folla d'operaie del laboratorio pirotecnico ne sbuc? fuori con alte voci confuse, imprecanti alla pioggia, e si rincorse lungo la murata del Municipio, trascorrendo verso <> ove il Corso finisce. Letizia si mescol? a quella folla e and? avanti. Di tratto in tratto se ne spiccavano due o tre operaie e pigliavano, per rincasare, altre strade. Presso <> la comitiva s'era diradata: le tre femmine di un ultimo gruppetto che Letizia seguiva a un tratto si misero a correre, rincorandosi, strillando, con le gonne raccolte, e presto sparvero nel buio. Letizia s'arrest?: si guard? attorno, cercando di risovvenirsi. Poi fece ancora quattro o cinque altri passi e scomparve in un palazzetto a una delle cui finestre basse penzolava, sbattuta dal vento, l'insegna tarlata di una locanda.
Per la scala sal? a tentoni. Non v'era lume, ma ella conosceva il numero dei gradini e il posto della porticina alla quale picchi?, con la mano spiegata, due volte.
-- Viene! -- fece, di dentro, una roca voce maschile.
S'aperse la porta e un fiotto di luce dilag? sul pianerottolo. L'uomo che aveva aperto reggeva il lume nella destra e stringeva gli occhi cercando d'affisar bene la sconosciuta e traendosi addietro per lasciarla passare.
-- B? -- disse ancora, dopo aver chiuso l'uscio, cautamente -- In che vi devo servire?
Lev? il lume fino al volto della donna e con l'altra mano fece visiera alla fiamma.
Ma com'ella si liberava dello scialle, raccogliendolo sul braccio, e gli si rivelava, immobile, ritta di contro a lui e muta e tutta illuminata nella pallida faccia, l'uomo esclam?: