Read Ebook: Nella vita: novelle by Di Giacomo Salvatore
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Ebook has 1043 lines and 31924 words, and 21 pages
Ma com'ella si liberava dello scialle, raccogliendolo sul braccio, e gli si rivelava, immobile, ritta di contro a lui e muta e tutta illuminata nella pallida faccia, l'uomo esclam?:
-- Letizia! Ah, tu sei, dunque?
E annunzi?, voltandosi a una porticina socchiusa, dietro la quale una voce borbottava.
-- ? Letizia di <
Letizia si coperse la faccia. Cess? il borbott?o dietro l'uscio socchiuso. Una voce chioccia, mentre l'uomo riponeva il lume sulla mensa dalla quale s'era levato, salut?:
-- Buona sera. Ora vengo.
-- ? Chiarina -- disse l'uomo, sedendo presso alla tavola -- Ha le gambe enfiate, con rispetto, e le unge con certa pomata che ho preso a Napoli. E, per giunta, ha un'emicrania da cavallo. Sar? lo scirocco.
Indic? una seggiola. Soggiunse:
-- Non siedi? Vuoi crescere?
-- Devo parlarvi -- disse Letizia.
-- Meglio. Dunque siedi. Che mi dici? Il furiere che fa?
-- Il furiere m'ha lasciata, don Placido.
-- Ah! -- fece l'uomo, battendo la mano aperta sulla tavola -- Possibile? Senti, Chiarina -- e si gir? sulla seggiola, parlando forte all'uscio socchiuso -- Dice che il furiere l'ha lasciata.
-- Vengo -- rispose ancora la voce.
Don Placido, un grosso uomo rossastro, quasi calvo, animalesco, tese la mano a un piatto ov'era della carne d'agnello e se ne rec? un pezzo alla bocca, strappandogli, co' forti molari, fin l'ultime cartilagini. Si vers? del vino. Sotto il lume, stretta al collo della bottiglia, la sua mano tremava come per impeto di sangue; sul dosso vi rigurgitavano le vene enfiate e le dita vellose ed unte, terminate da unghie, corte e schiacciate, lucevano del recente contatto della vivanda. Un alito impuro emanava da quella stanza e dai suoi abitatori, come un fiato di anime e di materie corrotte: alle nari di Letizia, dal mensale chiazzato da larghe macchie di unto e di vino, saliva un lezzo disgustoso. Il lume a petrolio, per la vampa troppo viva, fumava, e il fumo, in sottile spira nerastra, si levava, interrottamente.
-- Don Placido, -- disse Letizia, vincendo il suo turbamento -- io non posso restar pi? a Capua. Capite, don Placido? Sono rovinata, e la rovina mia non la posso nascondere.
L'uomo la guard? fisamente e gli occhi suoi piccoli e vivi, trascorrendole addosso, s'indugiarono, interrogandolo, su quel piccolo corpo palpitante e raccolto.
Letizia arross? e raggrupp? in grembo lo scialle e vi stese su le pallide e piccole mani.
-- Ho capito -- disse don Placido.
E si gratt? in capo con l'indice della sinistra; con quel della destra e col pollice strinse e trasse avanti il labbro inferiore. Lev? la testa e parve interrogare il soffitto. Poi disse ancora:
-- E a casa tua?
-- Ne sono fuggita.
-- Quando?
-- Ora.
-- Sei andata da lui?
-- No: sono venuta qui.
-- Parla pi? basso.
Vi fu un silenzio. La grondaia del cortile gorgogliava: il romore era distinto, continuo. La pioggia non era cessata. Don Placido moder? la fiamma del lume, si lev?, fece, pesantemente, due o tre passi nella stanzuccia e Letizia lo ud? borbottare, due o tre volte:
-- Evviva il furiere!
All'improvviso le si piant? di faccia presso alla tavola, e le domand? brutalmente e bruscamente:
-- E ora che vuoi fare? La vita?
Ella aperse le braccia e chin? la testa, rassegnata. Meglio delle parole rispondeva l'atto e Don Placido ne comprese tutta la muta disperazione. Ma rimase indifferente, senza piet?, come abituato a cose somiglianti.
-- Andresti a Napoli? -- chiese, dopo un momento.
-- A Napoli? -- balbett? Letizia.
-- Vi ho un amico. Ti raccomander?. La citt? ? grande, vedrai: e qualche altra vi ha fatto fortuna.....
S'interruppe. Un colpo di tosse suonava in un'altra stanza la cui porticina, alle spalle di Letizia, era pur chiusa. Letizia trasal? e l'uomo si mise a ridere.
-- ? la bionda -- disse, guardando a quell'uscio -- Una di Caserta. Parte a momenti per Napoli e io l'accompagno alla stazione.
La breve tossicina risuon? un'altra volta. Don Placido, senza badarvi, -- soggiunse:
-- Per questo ti domandavo se ti piace Napoli. Se ti piace vi andrete assieme. Ora deciditi. Sai, grande citt?, gran gente, gran romore, gran vita. Mica questi sordomuti di Capua, bella mia.
Tese l'orecchio: pioveva ancora, e il borbottio della grondaia era superato dal crepitar della pioggia sulle lastre del cortile.
-- Se vuoi veder la bionda ? di l?, in cucina. Quando hai picchiato vi s'? nascosta: si vergogna. Intanto io vado per un affare mio, fino all'Annunziata. Parla con mia moglie, con Chiarina: tra femmine v'intenderete meglio.....
E aggiunse, alto, cercando il mantello e il cappello in un cantuccio della stanza:
-- Chiarina, io scendo.
La voce chioccia rispose dall'oscurit?:
-- E il treno?
-- Parte alle dieci -- disse l'uomo, aprendo la porta delle scale -- V'? il tempo. Torno subito.
Sulla soglia, voltandosi, disse a Letizia:
-- La casa la conosci: accomodati pure. Parla con Chiarina.
Usc?. La porta si chiuse, Letizia rimase sola. Si guard? attorno, guard? l'uscio socchiuso dietro del quale era donna Chiara e per un attimo, tra un nuovo terrore, ebbe la visione dell'orribile vecchia, gigantesca come il marito, quasi calva all'occipite rigato di filze di capelli tinti, copiosa di carne molle e ondeggiante dal petto enorme sul ventre.
L'uscio si mosse, difatti: Letizia si lev? impiedi, spaventata. Ma non v'apparve la vecchia. Un gatto rossiccio usc?, sbadigliando, da quella penombra. Avanz? nella camera, si ferm? a guardare per un momento Letizia e s'allontan?, scomparendo. Risuon? un'altra volta la tossicina dall'altra parte. Letizia si volse. Macchinalmente spinse l'uscio della cucina ed entr?.
La bionda era seduta a una tavola, presso al focolare: un fagottino era davanti a lei sul quale ella poggiava le mani aperte e la faccia. Un alito inclinava la fiammella del lume ad olio, posto pur sulla tavola, tra le bucce di un'arancia.
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