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Ebook has 72 lines and 5278 words, and 2 pages

Gabriele d'Annunzio

I ROMANZI DELLA ROSA

L'INNOCENTE

MILANO--FRATELLI TREVES, EDITORI--MILANO Via Palermo, 2, e Galleria Vittorio Emanuele, 64 e 66. ROMA: Corso, 383.--NAPOLI; Via Roma , 34. BOLOGNA: presso la Libreria Treves, di L. Beltrami, angolo Via Farini. TRIESTE: presso Giuseppe Schubart. LIPSIA, VIENNA e BERLINO: presso A. F. Brockhaus. PARIGI: presso J. Boyveau et Chevillet, 22, rue de la Banque.

L'INNOCENTE.

I ROMANZI DELLA ROSA:

I ROMANZI DEL GIGLIO:

I ROMANZI DEL MELAGRANO:

POESIE:

MISTERI:

DRAMI:

Gabriele d'Annunzio

L'INNOCENTE

MILANO

FRATELLI TREVES, EDITORI 1899.

PROPRIET? LETTERARIA

Tip. Fratelli Treves.

ALLA CONTESSA MARIA ANGUISSOLA GRAVINA CRUYLLAS DI RAMACCA QUESTO LIBRO ? DEDICATO.

L'INNOCENTE

Andare d'avanti al giudice, dirgli: "Ho commesso un delitto. Quella povera creatura non sarebbe morta se io non l'avessi uccisa. Io Tullio Hermil, io stesso l'ho uccisa. Ho premeditato l'assassinio, nella mia casa. L'ho compiuto con una perfetta lucidit? di conscienza, esattamente, nella massima sicurezza. Poi ho seguitato a vivere col mio segreto nella mia casa, un anno intero, fino ad oggi. Oggi ? l'anniversario. Eccomi nelle vostre mani. Ascoltatemi. Giudicatemi." Posso andare d'avanti al giudice, posso parlargli cos??

Non posso n? voglio. La giustizia degli uomini non mi tocca. Nessun tribunale della terra saprebbe giudicarmi.

E pure bisogna che io mi accusi, che io mi confessi. Bisogna che io riveli il mio segreto a qualcuno.

A CHI?

Il primo ricordo ? questo.

Era di aprile. Eravamo in provincia, da alcuni giorni, io e Giuliana e le nostre due bambine Maria e Natalia, per le feste di Pasqua, in casa di mia madre, in una grande e vecchia casa di campagna, detta La Badiola. Correva il settimo anno dal matrimonio.

Ed erano gi? corsi tre anni da un'altra Pasqua che veramente m'era parsa una festa di perdono, di pace e d'amore, in quella villa bianca e solinga come un monasterio, profumata di violacciocche; quando Natalia, la seconda delle mie figliuole tentava i primi passi, uscita allora allora dalle fasce come un fiore dall'invoglio, e Giuliana si mostrava per me piena d'indulgenza, se bene con un sorriso un po' malinconico. Io era tornato a lei, pentito e sommesso, dopo la prima grave infedelt?. Mia madre, inconsapevole, con le sue care mani aveva posto un ramoscello d'olivo a capo del nostro letto e aveva riempita la piccola acquasantiera d'argento che pendeva dalla parete.

Ma ora, in tre anni, quante cose mutate! Tra me e Giuliana era avvenuto un distacco definitivo, irreparabile. I miei torti verso di lei s'erano andati accumulando. Io l'aveva offesa nei modi pi? crudeli, senza riguardo, senza ritegno, trascinato dalla mia avidit? di piacere, dalla rapidit? delle mie passioni, dalla curiosit? del mio spirito corrotto. Ero stato l'amante di due tra le sue amiche intime. Avevo passato alcune settimane a Firenze con Teresa Raffo, imprudentemente. Avevo avuto col falso conte Raffo un duello in cui il mio disgraziato avversario s'era coperto di ridicolo, per talune circostanze bizzarre. E nessuna di queste cose era rimasta ignota a Giuliana. Ed ella aveva sofferto, ma con molta fierezza, quasi in silenzio.

C'erano stati pochissimi dialoghi tra noi, e brevi, in proposito; nei quali io non avevo mai mentito, credendo con la mia sincerit? diminuire la mia colpa agli occhi di quella dolce e nobile donna che io sapevo intellettuale.

Anche sapevo che ella riconosceva la superiorit? della mia intelligenza e che scusava in parte i disordini della mia vita con le teorie speciose da me esposte pi? d'una volta in presenza di lei a danno delle dottrine morali professate apparentemente dalla maggioranza degli uomini. La certezza di non essere giudicato da lei come un uomo comune alleggeriva nella mia conscienza il peso dei miei errori. "Anch'ella dunque--io pensavo--comprende che, essendo io diverso dagli altri ed avendo un diverso concetto della vita, posso giustamente sottrarmi ai doveri che gli altri vorrebbero impormi, posso giustamente disprezzare l'opinione altrui e vivere nella assoluta sincerit? della mia natura eletta."

A poco a poco, in fatti, di abuso in abuso, io era giunto a riconquistare la mia primitiva libert? col consenso di Giuliana, senza ipocrisie, senza sotterfugi, senza menzogne degradanti. Io mettevo il mio studio nell'esser leale, a qualunque costo, come altri nel fingere. Cercavo di confermare in tutte le occasioni, tra me e Giuliana, il nuovo patto di fraternit?, di amicizia pura. Ella doveva essere la mia sorella, la mia migliore amica.

Spontaneamente, questa aspirazione sentimentale si volse verso Giuliana.

Sdegnosa di mescolanze, ella aveva gi? rinunziato ad ogni carezza, a qualunque abbandono. Io gi? da tempo non provavo pi? n? pur l'ombra d'un turbamento sensuale, standole accanto; sentendo il suo alito, aspirando il suo profumo, guardando il piccolo segno bruno ch'ella aveva sul collo, io rimanevo nella pi? pura frigidit?. Non mi pareva possibile che quella fosse la donna medesima che un giorno io aveva veduto impallidire e mancare sotto la violenza del mio ardore.

Io le offersi dunque la mia fraternit?; ed ella accett?, semplicemente. Se ella era triste, io era pi? triste ancora, pensando che noi avevamo sepolto il nostro amore per sempre, senza speranza di resurrezione; pensando che le nostre labbra non si sarebbero forse unite mai pi?, mai pi?. E, nella cecit? del mio egoismo, mi parve che ella dovesse in cuor suo essermi grata di quella mia tristezza che io gi? sentivo immedicabile, e mi parve che ella dovesse anche esserne paga e consolarsene come d'un riflesso del lontano amore.

L'illusione era caduta; ogni fiamma era spenta. La mia anima aveva pianto sinceramente su la ruina. Ma come opporsi a un fenomeno necessario? Come evitare l'inevitabile?

Era dunque gran ventura che, morto l'amore per le necessit? fatali dei fenomeni e quindi senza colpa di alcuno, noi potessimo ancora vivere nella stessa casa tenuti da un sentimento nuovo, forse non meno profondo dell'antico, certo pi? elevato e pi? singolare. Era gran ventura che una nuova illusione potesse succedere all'antica e stabilire tra le nostre anime uno scambio di affetti puri, di commozioni delicate, di squisite tristezze.

Ma, in realt?, questa specie di retorica platonica a qual fine tendeva? Ad ottenere che una vittima si lasciasse sacrificare sorridendo.

La mia gratitudine talvolta diveniva cos? calda che si espandeva in una infinit? di delicatezze, di premure affettuose. Io sapevo essere il migliore dei fratelli. Quando ero assente, scrivevo a Giuliana lunghe lettere malinconiche e tenere che spesso partivano insieme con quelle dirette alla mia amante; e la mia amante non avrebbe potuto esserne gelosa, allo stesso modo che non poteva esser gelosa della mia adorazione per la memoria di Costanza.

Ma un giorno io m'avvidi ch'ella soffriva anche nella sua salute; m'avvidi che il suo pallore diveniva pi? cupo e talvolta si empiva come di ombre livide. Pi? d'una volta sorpresi nella sua faccia le contrazioni d'uno spasimo represso; pi? d'una volta ella fu assalita, in mia presenza, da un tremito infrenabile che la scoteva tutta e le faceva battere i denti come nel ribrezzo di una febbre subitanea. Una sera, da una stanza lontana mi giunse un grido di lei, lacerante; e io corsi, e la trovai in piedi, addossata a un armario, convulsa, che si torceva come se avesse inghiottito un veleno. Mi afferr? una mano e me la tenne stretta come in una morsa.

--Tullio, Tullio, che cosa orribile! Ah, che cosa orribile!

Ella mi guardava, da presso; teneva fissi nei miei occhi i suoi occhi dilatati, che mi parvero nella penombra straordinariamente larghi. E io vedevo in quei larghi occhi passare, come a onde, la sofferenza sconosciuta; e quello sguardo continuo, intollerabile, mi suscit? d'un tratto un terrore folle. Era di sera, era il crepuscolo, e la finestra era spalancata, e le tende si gonfiavano sbattendo, e una candela ardeva su un tavolo, contro uno specchio; e, non so perch?, lo sbattito delle tende, l'agitazione disperata di quella fiammella, che lo specchio pallido rifletteva, presero nel mio spirito un significato sinistro, aumentarono il mio terrore. Il pensiero del veleno mi balen?; e in quell'attimo ella non pot? frenare un altro grido; e, fuori di s? per lo spasimo, si gitt? sul mio petto perdutamente.

--Oh Tullio, Tullio, aiutami! aiutami!

Agghiacciato dal terrore io rimasi un minuto senza poter proferire una parola, senza poter muovere le braccia.

--Che hai fatto? Che hai fatto? Giuliana! Parla, parla.... Che hai fatto?

Sorpresa dalla profonda alterazione della mia voce, ella si ritrasse un poco e mi guard?. Io dovevo avere la faccia pi? bianca e pi? sconvolta della sua, perch? ella mi disse rapidamente, smarritamente:

--Nulla, nulla. Tullio, non ti spaventare. Non ? nulla, vedi.... Sono i miei soliti dolori.... Sai, ? ? una delle solite crisi.... che passano. C?lmati.

E i miei occhi esterrefatti cercarono in torno, su i mobili, sul tappeto, dovunque, un indizio.

Allora ella comprese. Si lasci? cadere di nuovo sul mio petto e disse, rabbrividendo e facendomi rabbrividire, disse con la bocca contro la mia spalla , disse:

--No, no, no, Tullio; no.

Seppi, dopo, che gi? da alcuni mesi la travagliavano malattie complicate della matrice e dell'ovaia, quelle terribili malattie nascoste che turbano in una donna tutte le funzioni della vita. Il dottore, col quale volli avere un colloquio, mi fece intendere che per un lungo periodo io doveva rinunziare a qualunque contatto con la malata, anche alla pi? lieve delle carezze; e mi dichiar? che un nuovo parto avrebbe potuto esserle fatale.

Queste cose, pure affliggendomi, mi alleggerirono di due inquietudini: mi persuasero che io non avevo colpa nello sfiorire di Giuliana e mi diedero un modo semplice di poter giustificare d'avanti a mia madre la separazione di letto e gli altri mutamenti avvenuti nella mia vita domestica. Mia madre a punto era per arrivare a Roma dalla provincia, dove ella, dopo la morte di mio padre, passava la maggior parte dell'anno con mio fratello Federico.

Il caso mi favor?. Per la morte d'una zia, Teresa fu costretta ad allontanarsi da Roma e a rimanere assente qualche tempo. Io potei con una insolita assiduit? presso mia moglie riempire il gran vuoto che la "Biondissima" partendo lasciava nelle mie giornate. E non era ancora svanito in me il turbamento di quella sera; e qualche cosa di nuovo, indefinibile, da qualche sera ondeggiava tra me e Giuliana.

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