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Read Ebook: Il Sacro Macello Di Valtellina by Cant Cesare

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Ebook has 272 lines and 43523 words, and 6 pages

Cesare Cant?

IL SACRO MACELLO DI VALTELLINA

Episodio della riforma religiosa in Italia, 1832

Le guerre religiose del 1620 tra Cattolici e Protestanti, tra Lombardia e Grigioni.

INDICE

CAPO I Dottrine di Lutero, Calvino, Zuinglio diffuse negli Svizzeri e nei Grigioni--Descrizione della Valtellina--I nuovi insegnamenti penetrano in Italia; e specialmente nella Diocesi di Como--Novatori rifuggiti in Valtellina--Lodovico Castelvetro--Pier Paolo Vergerio.

CAPO II Protestanti nei baliaggi Svizzeri--Sono cacciati--Premure dei Cattolici--Concilio di Trento--I Borromei--Impresa del Tettone--Calendario gregoriano.

CAPO V La Valtellina indipendente--Invasa dai Grigioni--Politica delle potenze--Battaglia di Tirano--Governo della Valtellina--La Valtellina resa ai Grigioni--Lamenti--Il trattato di Milano ? cassato--I Grigioni espulsi dalla Valtellina--Invasi dagli stranieri--Riconoscono l'indipendenza della valle--Ne spiace alle potenze--Ambagi diplomatiche--La valle consegnata ai Papalini--Occupata dai Francesi--Trattato di Monson.

CAPO VI Passo dei Lanzichinecchi per la Valtellina--Fame--Peste del 1630--Superstizioni--Il duca di Rohan in Valtellina--Capitolato di Milano.

Introduzione alla ristampa del 1885

CAPO I

Dottrine di Lutero, Calvino, Zuinglio diffuse negli Svizzeri e nei Grigioni--Descrizione della Valtellina--I nuovi insegnamenti penetrano in Italia e specialmente nella Diocesi di Como--Novatori rifuggiti in Valtellina--Lodovico Castelvetro--Pier Paolo Vergerio.

Pontificando Leone X, il sassone frate Martin Lutero aveva levata--audace--la voce contro le indulgenze, le quali, se prima erano un compenso alle gravose pene ecclesiastiche per i peccati, vennero poi a sovrabbondanza profuse, insinuandosi perfino contro gli oracoli della Chiesa, che assolvessero vivi e morti dalla pena e dalla colpa, e facendosi traffico delle bolle che le concedevano. Da questo, Lutero si aperse il varco a fare alla curia romana altri rimproveri, pi? uditi perch? veri: poi passando dagli abusi nuovi alli vecchi, e dalla fabbrica alli fondamenti impugn? l'autorit? papale, il celibato dei preti, infine il sacerdozio stesso. Se, a detta di San Paolo, il giusto vive per la fede, la fede ? il tutto, nulla le opere: il monaco orante e penitente ? inferiore al laico credente, la fede Iddio la d? a chi egli vuole, talch? l'uomo non ? libero di operar la propria salute, n? la Chiesa ha nulla a prescrivergli: al solo Cristo devono tutti chinarsi, n? il papa ha efficienza maggiore che l'infimo fedele.

Non che con ci? si venisse a stabilire la parit? di tutte le opinioni e ad abbracciare chiunque ammette il Vangelo. Si volle piantare un'altra autorit? al posto della distrutta e imporre nuovi dogmi sulla grazia, sul battesimo, sulla cena, sui santi. Ne sorsero dunque prontamente molteplici discrepanze, e Calvino predicava in Svizzera e in Francia dottrine diverse; e diverse ne faceva pullulare ciascun caposetta. Non ? da questo luogo il ragionarne, e baster? dire che fin l? si era creduto tutto quel complesso di dogmi, di discipline, di pratiche, che costituisce il cattolicismo. Allora si volle tutto richiamar in esame. Fin l? si era venerata la sacra scrittura qual era interpretata dalla chiesa, depositaria della tradizione apostolica ed unica dispensiera della verit?; allora si volle libero a ciascuno d'interpretare la scrittura a suo senno privato. Invano i capi riformatori, fallendo al proprio assunto, vollero limitare le credenze con simboli, ai quali mancava ogni autorit?. N?, ammesse le negazioni di Lutero e di Calvino, s'aveva titolo per escludere quelle degli Anabattisti, dei Sociniani, degli Entusiasti, che ripudiavano la Trinit?, e la divinit? di Cristo, e ogni rivelamento fuor dell'ispirazione personale.

La Chiesa non aveva mai dissimulato, e tanto meno giustificato, i disordini e gli abusi pullulati nel suo seno; n? mai tenne quei sublimi suoi comizii, che chiamansi concilii, che non facesse savii decreti di riforma. E forse un uomo di alta e sincera volont? avrebbe anche allora potuto condurre a mediazione pacifica, a risoluzione cristiana la chiassosa discrepanza delle credenze e degli atti, adoprandovi l'amore, non l'ira, l'abbraccio, non la repulsione, per saldare l'unit?, anzich? sconnetterla irreparabilmente. Ma, come in altri simili casi, la potenza minacciata s'addorment? sull'orlo del precipizio: papa Leone, dedito al deliziarsi ed alle lettere, e poco temendo dai Tedeschi che reputava grossolani e sprovvisti di maschia volont?, non ebbe tal dissensione in pi? concetto delle tante scolastiche, le quali nascevano e morivano senza lasciar traccia, fra gli ozii ringhiosi e superbi dei conventi e delle universit?. Scossosi poi, come persona che ? destata per forza, diede in estremi, che precipitarono la ruina. Adriano, successogli, conobbe gli abusi della curia romana e del clero, e pensava efficacemente al rimedio. Ma la morte gli ruppe il disegno, e i letterati ne menarono trionfo. Quando i successori videro a quanta importanza riuscisse il movimento, gi? si era l? dove inutili uscir dovevano ammonizioni, consigli, scomuniche. Stabilita gi? in pi? parti la nuova credenza, e sostenuta coll'ardore della novit?, coll'autorit? d'uomini che avevano studiato a fondo, coll'interesse di quei che avevano usurpato i beni delle chiese e dei conventi, coll'appoggio dei principi, che, tolto l'ostacolo di Roma, potevano ormai fare ogni lor voglia, come capi nello spirituale, al pari che nel temporale, fin colla prepotenza delle armi. Tutto furono allora i Cattolici in impedire che la Riforma trapelasse nei paesi ancora mondi, massimamente nell'Italia, dove le crescevano pericolo l'acutezza e curiosit? degli intelletti arditi e vaghi del nuovo, l'abitudine letteraria di cuculiare preti e frati, il conoscersi da presso le esorbitanze romane e l'aver i governi avvezzato i popoli a non tener come sacro tutto quanto fosse papale, n? far gran caso delle benedizioni e degli interdetti. Libri, scuole, missionarii, legati furono disposti, come barriera, contro la Svizzera e la Rezia, donde il contagio viepi? si faceva vicino.

Imperocch?, contemporaneamente a Lutero e senza sapere di lui, il curato Ulrico Zuinglio, in occasione che vi vendeva le indulgenze fra' Bernardino Sansone da Milano, aveva cominciato a predicare a Zurigo che una vita pura ed un'anima religiosa pi? sono accettabili al cospetto dell'Eterno, che non macerazioni e pellegrinaggi. Poi, che il pane ed il vino erano soltanto simboli del SS. Corpo e Sangue. Indi via via, sulla messa, sul purgatorio, sulla confessione, sul venerare i santi, sul celibato dei preti, una folla di novit? che pretendeva antichissime.

Sono i Grigioni discendenti da quei Reti che, devoti a libera morte, difesero l'indipendenza loro contro le armi di Roma, stando a scirocco della Svizzera, nelle valli dove sorgono il Reno e l'Inn, e dove molti Romani rifuggirono al cader dell'antichit?, siccome l'attesta la lingua che ancor vi si parla, detta ladina e romancia.

Fra le turbinose vicende che mutarono faccia all'Europa, subirono anch'essi le leggi della prepotente feudalit? e il dominio dei vescovi di Coira e d'una folla di signorotti che, possedendo appena poche pertiche di paese, si arrogavano per? la sovranit? indipendente, guerreggiavano coi vicini, opprimevano i sudditi, svaligiavano i viandanti.

Varii Comuni uniti costituiscono una giudicatura sotto un landamano o podest?. Tutte insieme poi le 25 giudicature, i 49 grossi comuni e gl'innumerevoli piccoli, ogni anno, al san Giovanni, tenevano i comizi generali alternandoli fra Davos, Hanz e Coira, dove i Grigi avevano 28 suffragi, 24 i Caddei, 15 le Dritture. In casi straordinarj radunavano i soli capi e primarj ufficiali, per lo pi? in Coira, i quali pure non potevano dar voto che secondo le istruzioni ricevute dalle loro comunit?, presso le quali rimaneva sempre il poter sovrano. Ci? rendeva lungo e spendioso il trattare coi Grigioni, bisognando girar di comune in comune ad ungere le girelle perch? corressero. Ne deriv? sfacciata corruttibilit?, intrigo universale e una sfacciata oligarchia, la quale concentr? nelle due famiglie dei Planta e dei Galis tutti gli uffizi di lucro o di onore.

Giovanni Comander, arciprete della cattedrale in Coira, Enrico Spreiter, Giovanni Blasius, Andrea Fabritz e Filippo Salutz, avevano propagato fra i Grigioni le dottrine di Zuinglio e di Calvino, e ben presto la riforma si stabil? nelle Dieci Dritture; nella Lega Caddea prosper? attorno a Coira, ma scarsamente nell'Engadina e pochissimo nella Lega Grigia.

Invano gli Svizzeri fedeli tentarono rimettervi il cattolicismo; invano della Riforma disgustarono gli Anabattisti ed altri trascendenti, dai quali Lutero e Zuinglio erano esecrati non meno che il papa: nella dieta d'Hanz fu stabilito che a tutti fosse libero professare la religione cattolica o l'evangelica; i ministri non insegnassero se non ci? ch'? contenuto nel Vecchio e Nuovo Testamento. Questo rest? fino ad oggi lo statuto religioso dei Grigioni. Ogni parrocchia ebbe il diritto di scegliersi i pastori; sciolti gli obblighi ereditati di far celebrare messe e anniversarj; non si ricevessero pi? frati nei monasteri, non si mandasse danaro a Roma per annate o dispensa o che altro motivo. La Chiesa vi fu costituita al modo svizzero, senza vescovi, e con concistori e conferenze; poi s'introdusse il sinodo nazionale, che s'accoglieva ogni mese di giugno.

Il fiume Adda, scendendo dal monte Braulio ai confini del Tirolo tedesco sino a perdersi nel lago di Como, traccia il corso della Valtellina, la quale toccava a levante esso Tirolo, a mezzod? i dominii bergamaschi e bresciani della Repubblica veneta, a settentrione le terre dei Grigioni, dai quali paesi tutti ? separata per montagne pi? o meno alte, alcune altissime fra le prime d'Europa; e basti nominare lo Spluga e lo Stelvio, attraverso ai quali si va ai Grigioni ed ai Tirolesi, una volta per scabri sentieri alpestri, oggi per vie stupende. Ad occidente la Valtellina finisce in un vasto delta, impaludato dal fiume e dagli scoli montani, e che tocca il territorio milanese e il lago di Como. Di terre importanti ? seminata, di cui sono principali, sul fondo stesso della valle, Morbegno, Sondrio, capo della valle, Ponte, Tirano, congiunte allora appena da scoscesi viottoli, ora da piana strada. La valle si sviluppa in una serie di bacini, chiusi da strozzature di monti ravvicinantisi. E principalmente alla Serra questi la chiudono quasi affatto, lasciando solo un piccolo e difficile accesso ad un altro ampio anfiteatro, che forma il contado di Bormio. Sboccano in questo le valli Viola e di Pedenosso, che a maestro mette all'Engadina e ai Grigioni; la val Furva a levante, che verge alla Camonica e al Bresciano; e a tramontana la valle di Fraele, per cui entrando nella retica valle di Santa Maria, si va in Val Venosta e a Bolzano nel Tirolo. All'opposta estremit? della Valtellina, verso il lago di Como, si prolunga a settentrione un altro contado, di cui era capo Chiavenna, terra di grossi traffici, perch? chiave d'un trivio che, verso mezzod?, scende al lago di Como, a settentrione sale, per la valle San Giacomo e pel letto del Liri, al monte Spluga, donde si varca alla valle del Reno e a Coira, citt? capitale dei Grigioni. A greco poi s'interna la valle della Mera, che comunica colla val Pregallia, e questa coll'Engadina, dove sorge l'Inn, che, innavigabile, procede fin nel Tirolo.

Altri varchi ha la Valtellina. E principali quel della Casa di San Marco verso i Bergamaschi; e Zappelli di Aprica verso i Bresciani; a Tirano la valle di Poschiavo, italiana di lingua e grigione di governo; a Sondrio la val Malenco, che termina nella montagna del Muretto, per le cui ghiacciaje si cala fra Grigioni.

Il cielo, la lingua, le produzioni della Valtellina e dei contadi son quelle della Lombardia ed alla Lombardia erano state sempre unite, obbedendo nell'ecclesiastico ai vescovi di Como, nel civile, ai duchi di Milano. Ma quando questi s'infiacchirono col separare la causa loro da quella dei popoli, la lasciarono invadere da stranieri. I Grigioni, non appena assicurata la libert?, ambirono conquiste e, con quei pretesti che non difettano mai agli ambiziosi, piombarono assai volte sulla Valtellina; nel 1512 la occuparono tutta, e bench? nella pace di Jante la ricevessero come cara e fedele confederata al vescovo di Coira e alle Tre Leghe, salvo i privilegi e le consuetudini sue antiche, l'ebbero ben presto ridotta a serva. Solito abuso di chi ha la forza.

Le dottrine nuove propagate nei Grigioni, per la vicinanza, per il commercio, per i magistrati, non tardarono a introdursi anche nella Valtellina, piacendo ai Grigioni dominatori che questa si allontanasse ognora pi? dalla Spagna, allora dominatrice del Milanese e capitana della parte cattolica. Adunque a Poschiavo da Rodolfino Landolfo fu piantata la prima stamperia che i Grigioni avessero; e per quanto il papa e il re di Spagna ne reclamassero, seguitava a diffondere i libri dei Riformati per l'Italia; la valle fu aperta a quegli Italiani, che, per sospetto di eresia, erano dalla patria sterminati.

Perocch?, appena i nuovi insegnamenti valicarono le Alpi, furono qui accolti, studiati e applauditi nell'ombra e nel mistero. Che se qui non suscitarono tanto incendio come in Alemagna, nasceva da ci? che il popolo, gi? avvezzo a sentir declamare da novellieri, da poeti, da predicatori contro la corte di Roma, come si tollerava pienamente, non trovava in quelle diatribe l'allettamento della novit?. Deditissimo poi agli spettacoli religiosi, non sapeva abbracciare un culto senza bellezza, senza vita, senza amore, surrogato a quella bella liturgia romana, ove i canti, or lieti e trionfali, or teneri e melanconici, gravi sempre e maestosi, e le cerimonie, venerabili per antichit? e per significazione profonda, riposano sul dogma della presenza reale, e si manifestano con una ricca e magnifica arte, composta di idee, le pi? sublimi unite ai simboli pi? graziosi. Dei sentimenti pi? puri, manifestati colle forme pi? splendide e variate. Un culto che all'Italia diede una seconda gloria, quella delle arti, e il primato sul mondo, quando la politica la cancellava col sangue dal catalogo delle nazioni. Se aggiungi l'essere pi? vicino il rimedio, anzi nel cuore, troverai le ragioni onde Iddio vest? la grazia che concesse alla nostra patria di rimaner nell'arca ov'? la sicura salute.

Molti per? aderivano ai nuovi teologanti, condotti o dal febbrile aspirare a perigliose novit? e da smania di farsi nome, o da paura di sembrare attardati nel comune movimento, o da imitazione. Non pochi allettati dallo specioso nome di riforma, che s? spesso significa rivoluzione e che vieppi? lusingava quando la Chiesa congregata non aveva ancora tolti in esame i fondamenti delle controverse dottrine. Chi del diffondersi dei nuovi dogmi in Italia pi? volesse sapere, ricorra allo Schelornio, al Gerdesio, ad altri, con questo per? di crederli a riserva, giacch? per leggerissime ragioni pongono della loro taluni, che non cessarono d'essere fedeli cattolici. I novellieri, come Masuccio Bandello, il Poggio, il Sacchetti, il Lasca, ridondavano di burle sul clero. I poeti, dall'iroso Dante fino al bizzarro Ariosto, avevano bersagliato i papi. Uomini di gran senno e gran virt? palesavano la necessit? di togliere ai Riformati il maggiore pretesto col levare dalla Chiesa gli abusi. E tutti costoro, e il Bembo, il Trissino, il Flaminio, altri ed altri, furono dai protestanti contati come eretici, bench? sapessero abbastanza che per riformare non ? mestieri distruggere, e che le riforme opportune e durevoli devono venire dall'amore, non dalla collera, dall'autorit? che dirige, non dalla violenza che tumultua.

Nei partiti non si guarda ai mezzi, e dalle pi? strane vie si confida la riuscita; e il nostro frate esult? quando vide le bande di Carlo V calar in Italia col Freundsberg e col Borbone; e quei miserabili che da un capo all'altro devastarono miserrimamente l'Italia, erano da lui sperati salvatori, e a Zuinglio scriveva: "Dio ci vuol salvare; scrivete al contestabile che liberi questi popoli; alle teste rase tolga il denaro, e lo faccia distribuir al popolo che muore di fame. Poi ciascuno predichi senza paura la parola del Signore. La forza dell'anticristo ? prossima al fine".

Corre una popolare tradizione che Martin Lutero predicasse in molti paesi del lago di Como, e che a Menaggio alcuni lo facessero per ispregio cader di pulpito. Del che, indispettito, volt? loro le spalle, pronunziando certi versetti d'improperio che corrono fin oggi per le bocche di quei terrazzani. Di ci? io non trovai monumento: pure la tradizione deve avere qualche fondamento. Ben ? fuor di dubbio che Calvino, verso il 1535, visse sconosciuto alla corte di Ferrara presso la duchessa Renata di Francia, scolara sua di religione, e non pochi guadagn?. Ma poich? vennero scoperti, chi fu preso, chi scamp?, chi venne messo a carceri e tormenti.

Per le persecuzioni, com ? il solito, nessuno si convert?, alcuni dissimulavano le loro opinioni, i pi? fuggivano l? dove potessero trovar pace, negli Svizzeri, fra i Grigioni. E per continuare in luoghi ove il cielo, i costumi, la favella gli avvertisse d'essere ancora in Italia, si ricoveravano nei baliati svizzeri italiani, che oggi sono il Canton Ticino, in Valtellina e massimamente a Chiavenna.

Il primo che d'Italia ci capitasse fu Bartolommeo Maturo, priore dei Domenicani di Cremona, che predic? le novit? in Valtellina nel 1528. Poi nella Val Pregalia, infine fu pastore a Vicosoprano e nella valle di Tomiliasca. Ai piedi dell'Albula s'erano messi Francesco e Alessandro Bellinchetti fratelli bergamaschi e, abbracciata la riforma, vi lavoravano una miniera di ferro. Avendo voluto riveder la patria, furono arrestati dall'inquisizione; la dieta retica li reclam? come proprii cittadini, e non fu ascoltata se non quando minacci? confiscar i beni dei Domenicani in Morbegno.

Le due Engadine e la Pregalia devono ai rifuggiti italiani la loro riforma, talch? divenne prevalente il numero dei protestanti, e pi? facile il propagarsi nella confinante Valtellina.

Giulio da Milano, prete secolare, predic? nell'Engadina inferiore e fond? a Poschiavo una chiesa, di cui per trent'anni fu pastore . E l? attorno le chiese di Brusio, Ponteilla, Prada, Meschin, Piuro: ed ebbe successore Cesare Gaffuri francescano di Piacenza.

Un Parravicini valtellinese fond? una chiesa privata a Caspano nel 1546: ma essendosi trovato un crocifisso fatto a pezzi, il popolo in furore arrest? lui, che al tormento si confess? reo di tal sacrilegio: ma a Coira protest? aver confessato solo per lo spasimo, e se ne accert? autore uno studente.

Il Mainardi fu accolto dal ricco Ercole Salis a Chiavenna e posto capo della chiesa quivi allora formatasi, e nella quale gli successe poi lo Zanchi suddetto. Perocch?, ad interpellazione di esso Salis, la dieta di Davos del 1554 aveva dichiarato coloro che abbracciassero la riforma in Valtellina potrebbero tener in casa precettori e catechisti; e i rifuggiti stanziare sulle terre della repubblica, dopo sottoscritto alla confessione evangelica.

Francesco Stancari mantovano insegn? in Valtellina l'ebraico, prima d'andare a professarlo in Polonia.

A Teglio fu ministro Paolo Gaddi cremonese, che aveva fatto tirocinio a Ginevra, poi assistito alcun tempo il pastore di Poschiavo.

Frate Angelo di Cremona domenicano, che lass? predicava la quaresima nel 1556, si avvent? contro gli insegnamenti e i riti riformati, talch? l'uditorio malmen? la costoro cappella e il Gaddi ed altri; e il governatore della pace ordin? che esso ministro si collocasse altrove.

Il sospetto di contagio religioso indusse il vescovo di Como sin nel 1523 a spedire in Valtellina un fra' Modesto inquisitore; ma ne fu respinto, e si stanzi? che nessun inquisitore entrasse pi? su quel territorio. Il clero e i cattolici zelanti non cessarono di opporsi singolarmente a cotesto accogliere i profughi d'Italia; frati e particolarmente cappuccini assai venner da Milano e da Como a predicare la verit?. Nel 1551 si domand? l'attuazione di una legge antica, per cui nessun profugo o predicatore evangelico potesse rimanere pi? di tre giorni in Valtellina. Antonio Planta governatore, bench? riformato, temette il furor del popolo e consent? la domanda, ma la dieta rinnov? il suo primo editto.

II pastore della ricca chiesa di Chiavenna ebbe un terzo delle rendite della cattolica; gli altri almen 40 scudi, prelevati sui benefizi degli assenti o della parrocchia. Altre chiese v'erano a Tirano, Regoledo, Mello, Morbegno, Dubino. Pi? tardi se ne posero anche nel contado di Bormio, e pare che almeno venti ne esistessero in Valtellina, tutte servite da rifuggiti italiani. Insomma la valle poteva dirsi un compendio di tutt'Italia: tanti erano quelli che da ogni paese vi si ricoverarono, allettati dalla vicinanza, dalla fida compagna dei profughi e dalla speranza di prossimi cambiamenti.

E potevano essi consolarsene al vedere ed all'esagerare a se stessi, secondo si suole, come in ogni parte germogliasse quel ch'essi chiamavano seme della parola di Dio. Notissimo ? come da antico stessero ricoverati nelle valli subalpine di Luzerna e Agrogna a pi? del Monviso alcuni dissidenti, forse avanzo dei Valdesi, dei quali portano il nome. Tollerati e tranquilli sinch? i nuovi riformati svizzeri li sollecitarono a metter fuori le professioni di loro fede, e in tal modo provocare la persecuzione. A quelle chiese aveva servito di molta dottrina Scipione Lentulo napoletano, e quando Emanuele Filiberto duca di Savoja cominci? acerba persecuzione contro i Valdesi, egli molto soffr?, indi ricover? a Sondrio, poi a Chiavenna, coltivandovi le nuove credenze in compagnia di Simone Fiorillo, pur napoletano.

Molto radicarono le nuove opinioni in Vicenza, ed un'accademia di quaranta si era radunata per prendere partito del come credere e adorare. Inquisizione ecclesiastica non tollerava Venezia, ma i suoi inquisitori di Stato colsero cotesti novatori, e fecero strozzare Giulio Trevisani e Francesco di Rovigo: gli altri scamparono a rotta. Fra i quali Alessandro Trissino con altri ripar? a Chiavenna, donde scriveva al concittadino suo Lionardo Tiene, perch? con tutta la citt? abbracciasse una volta a viso aperto la riforma.

I Socini di Siena avevano intanto spinta pi? logicamente la libera interpretazione del Vangelo; e, invece di arrestarsi a confini arbitrarj, negarono la Trinit? e in conseguenza la redenzione. Fu loro discepolo Giampaolo Alciato da Milano, che predic? a Ginevra ed in Polonia con l'altro sociniano piemontese Giorgio Biandrata; e Calvino, che visto il trascendere della riforma pensava frenarla coll'autorit? che aveva scassinata, avvent? contro lui parole certo non tolte dal Vangelo: "uom non solo di stolido e pazzo ingegno, ma di affatto farnetico sino alla rabbia". E Teodoro Beza, altro caporione, lo intitol? "uomo delirante e vertiginoso" onde, mal sicuro a Ginevra, ricovr? verso il 1560 a Chiavenna.

Nella visita fatta alla Valtellina nel 1594, il Ninguarda vescovo di Como trovava ricovrati a Sondrio parecchi sbanditi dalla patria, singolarmente artefici di Cardona e del Bresciano; Natalino da Padova, Calandrino da Lucca, Luigi Valesano prevosto di San Mojolo; a Boalzo il domenicano Forziato Castelluzio calabrese; a Poschiavo, frate Agostino agostiniano d'Italia , che gi? aveva tratto dalla sua un quarto degli abitanti; a Morbegno avevano messo famiglia Giulio Sadoleto di Modena, Bernardo Passajotto vicentino, Pier Giorgio d'Alessandria sartore, Giovan Battista ed Aurelio Mosconi del Polesine, Francesco Rapa di Musso, Paolo Benedusio e Giovanni Antonio Corte di Gravedona e vi predicava Girardo Benedettino di Fossano piemontese.

Caspano, il semenzajo della nobilt? valtellinese, abbondava pi? che altri di evangelici, come essi si intitolavano o di eretici come gl'intitolavano i nostri, ai quali predicava Angelo cappuccino piemontese; Lorenzo Gajo di Soncino minor osservante predicava a Mello, e un cappuccino a Traona. In altri libri scontrai Ottaviano Mej lucchese, uomo di grande erudizione in greco ed ebraico, e di virt? lodatissima, che per lungo tempo fu ministro in Chiavenna e mor? nel 1619; Antonio dei Federici di Sonico in Valcamonica stava a casa in Teglio. Ortensia Martinenga contessa di Barco viveva a Sondrio. Isabella Manrica di Bresegna napoletana, ricchissima e colta e in relazione con Annibal Caro, stette a Chiavenna in povert? e ritiro, alla quale dedicarono Celio Curione la vita della Morata, e frate Ochino l'opera della presenza di Cristo nel Sacramento. Marcantonio Alba di Casale Monferrato era predicante in Malenco. Plinio Parravicino comasco a Vicosoprano. Antonio Tempino di Gardona in Teglio. Vincenzo Parravicino comasco, ministro nei Grigioni, volt? dal francese in italiano il trattato di Mestrezat sulla comunione di Ges? Cristo nel sacramento della cena. Aggiungiamo fr? Francesco Carolini, Paolo Barretta ed Antonio Crotti da Schio vicentino; altri ce ne verranno nominati nel processo di questo racconto.

Cos? i Riformati gi? erano a lite fra loro. E anche in Valtellina i rifuggiti, come avviene quando il senno individuale sottentra al comune, mancava un punto d'accordo. Abbandonandosi all'orgoglio della libera interpretazione mettevano fuori sottigliezze ed errori ogni giorno nuovi e, intolleranti quanto coloro da cui si erano staccati, ognuno accusava l'altro perch? facesse uso di quella libera ragione sulla quale egli stesso si appoggiava. In esecrare il papa e riprovar la chiesa cattolica e abbattere il clero erano unanimi, ch? facile ? accordarsi nell'odio e nella negazione. Ma quando si venisse ai dogmi, nasceva quella confusione che ? inevitabile ove ognuno ha diritto d'essere interprete della parola di Dio. Repudiato poi il simbolo cattolico, che pure traeva autorit? dall'ispirazione superna, qual ragione doveva legarli al simbolo luterano o al calvinista, opere d'uomini, variate nelle successive edizioni? Quindi molti trascorrevano con Socino a negare la trinit?, o cogli Anabattisti a non accettare che la personale aspirazione.

Francesco Calabrese e Girolamo da Mantova predicavano apertamente contro il battesimo dei bambini in Engadina, onde furono espulsi dall'inquisizione protestante, che non era meno intollerante della romana. Camillo Renato spacci? uguali dottrine a Caspano, poi a Chiavenna; e vi costitu? una chiesa separata ove s'insegnava che l'anima finisce col corpo, che soli i giusti risorgeranno ma con corpo diverso, che niuna legge naturale impone cosa fare od ommettere, che il decalogo ? inutile a coloro che credono, lor legge essendo lo spirito, che il battesimo e la cena son semplici segni di avvenimenti passati, e non portano alcuna grazia particolare o promessa. Il Mainardo tent? correggerlo, e stese una confessione di fede che ne riprovava gli errori, ma esso gli rispose violentemente, incoraggiato dal Negri e dallo Stancari. Bench? il sinodo grigione del 1547 lo condannasse al silenzio, continu? e infine il concistoro di Chiavenna lo dichiar? scomunicato. Adopravano cio? le armi dell'autorit?, quelli che l'autorit? impugnavano. Camillo ? dato dai contemporanei come maestro di Lelio Socino, il quale in fatto molto il frequent? a Chiavenna. I suoi seguaci procurarono che per gl'Italiani riformati si stabilisse un sinodo di qua dei monti, senza dover condursi a quelli fra i Grigioni, paese lontano, di lingua diversa, e dove si tolleravano alcuni riti cattolici, di qui ripudiati. Ma si conobbe ch'era arte per prevalere dove minor fosse il numero, e che pericolerebbero le chiese cisalpine col disunirsi dalle retiche.

Anche Michelangelo Florio ministro a Solio, e Gerolamo Torriano a Piuro variarono intorno all'espiazione. Luigi Fieri bolognese a Chiavenna impugn? la divinit? di Cristo, onde fu scomunicato nel sinodo del 1561. E poich? gli Antitrinitarii erano perseguitati in Isvizzera, molti vennero in Valtellina, fra cui Camillo Socino, Marcello Squarcialupo medico di Piombino, Niccol? Camulio, ricco negoziante, che col Torriano suddetto e con Bartolommeo Silvio ministro di Traona predicavano nel loro senso, finch? il sinodo del 1571 li sband?. Il qual sinodo approv? il diritto dei magistrati di riprovare l'eresia. Anche l'Alciati e il Biandrata nel 1579 furono esclusi per sempre.

Adunque si comincia col titolo di riforma, e presto si giunge alla rivoluzione. I rivoluzionari impugnano tutto il passato e vogliono stabilir un avvenire, ma tosto sorgono altri, per cui quei primi motori son gente attardata, son retrivi, son tiranni e alla loro volta sono sopravanzati da altri, che non trattano pi? di riformare ma di abolire, non negano solo il papa, ma Cristo. I primi novatori invocano allora l'autorit? dei libri santi, impongono simboli nuovi, dopo aboliti i vecchi. Chi non crede chiamano eretico, e se non basta scomunicarlo il fan passibile di pene temporali. E tutto ci? nel giro di pochi anni.

Non occorre aggiungere che i titoli di anabattista e d'ariano erano regalati a questo o a quello dei riformati per puro pretesto d'ingiuria e scredito, come erano ripicchiati quei di papista e di frate, pascolo troppo consueto dei partiti: chi nutriva rancore con un altro lo tacciava d'eretico e traditore e spione, e il volgo ignorante e dotto credeva, come fa sempre, alle ingiurie generiche. Oltre che ai rifuggiti d'ogni fazione suole mescolarsi una ciurma miserabile e intrigante, che tutte le fazioni disonora e ruina.

CAPO II

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