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Read Ebook: Il richiamo della foresta by London Jack D Uli Gian Translator

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Ebook has 451 lines and 45836 words, and 10 pages

Translator: Gian D?uli

Release date: August 26, 2023

Original publication: Milano: Modernissima, 1924

JACK LONDON

IL RICHIAMO DELLA FORESTA

PREFAZIONE E TRADUZIONE DI GIAN D?ULI

PROPRIET? LETTERARIA RISERVATA

Stab. Tipo-Lit. FED. SACCHETTI & C. -- Via Zecca Vecchia, 7 -- Milano

JACK LONDON

Rapallo, aprile 1924.

VERSO LA VITA PRIMITIVA.

Buck non leggeva i giornali; altrimenti avrebbe saputo che maturavano guai, non soltanto per lui, ma per tutti i cani da guardia dai muscoli forti e dal pelo lungo e soffice; da Puget Sound a San Diego. Perch? uomini brancolanti nelle tenebre artiche avevano trovato un metallo giallo, e perch? compagnie di navigazione e di trasporti, propagavano con gran rumore la scoperta, migliaia di uomini si precipitavano in Northland, la terra del Nord. Questi uomini avevano bisogno di cani, e occorrevano cani grossi, dai muscoli robusti, con i quali faticare e dal pelo lanoso per proteggerli dal gelo.

Buck abitava in una grande casa della soleggiata Valle di Santa Clara. La chiamavano la tenuta del Giudice Miller, ed era lontana dalla strada, mezza nascosta dagli alberi, attraverso ai quali poteva scorgersi la fresca veranda che si stendeva intorno ai quattro lati. Si giungeva col? per viali cosparsi di ghiaia minuta; viali che serpeggiavano per prati ben tenuti e sotto i rami intrecciati d'alti pioppi. Dietro, le cose erano s'una scala ancor pi? spaziosa che sul davanti. V'erano ampie scuderie con una dozzina di staffieri e ragazzi, file di casette inghirlandate di viti, per la servit?, e uno spiegamento ordinato, senza fine, di rimesse e tettoie, di pergolati lunghi, di pascoli verdi di frutteti e cespugli di more. Vi erano poi le macchine per il pozzo artesiano e la grande vasca di cemento dove i figli del giudice Miller si tuffavano ogni mattina e si rinfrescavano nei pomeriggi caldi.

Suo padre, Elmo, un enorme Sambernardo, era stato il compagno inseparabile del giudice, e Buck prometteva di seguire in tutto e per tutto la carriera del padre. Non era tanto grosso -- pesava soltanto sessantatr? chili -- perch? sua madre, Step, era una cagna da pastori, scozzese. Tuttavia, sessantatr? chili, ai quali andava aggiunta la dignit? che viene dal viver bene e dal rispetto universale, gli davano la possibilit? di assumere una perfetta aria regale. Durante quattr'anni, dacch? era cucciolo, aveva vissuto una vita da sazio aristocratico; era orgoglioso di s?, sempre un po' egoistico, come divengono talvolta i signori di campagna, a causa del loro isolamento. Ma s'era salvato dal pericolo di divenire un semplice cane di casa viziato. La caccia e simili divertimenti all'aria aperta avevano impedito il grasso e induriti i suoi muscoli; e, per lui, come per tutte le razze dal bagno freddo alla mattina, l'amore dell'acqua era stato un tonico e un conservatore della salute.

Questa razza di cane era Buck, alla fine del 1897, quando la scoperta di un giacimento aurifero a Klondike attirava uomini da tutte le parti del mondo nel gelato Nord. Ma Buck non leggeva i giornali, e non sapeva che Manuele, aiuto-giardiniere, era uomo non desiderabile. Manuele aveva una passione prepotente; adorava il gioco alla lotteria cinese. Inoltre, nella sua passione pel giuoco, aveva una debolezza dominante, la fede in un sistema; il che rendeva sicura la sua dannazione. Giacch?, per giocare secondo un sistema occorre danaro, mentre il salario di un aiuto-giardiniere basta appena a soddisfare i bisogni di una moglie e di una numerosa progenie.

-- Dovreste almeno avvolgere la merce prima di consegnarla, -- osserv? rudemente lo sconosciuto, e Manuele pass? una grossa corda, doppia, intorno al collo di Buck, sotto al collare.

-- Non avrete che a torcerla per strangolarlo, quando vorrete, -- disse Manuele, e lo sconosciuto brontol? affermativamente.

Buck aveva accettato la corda con tranquilla dignit?. Certamente, non era cosa gradevole; ma aveva imparato ad avere fiducia negli uomini che conosceva e a riconoscere loro una saggezza superiore alla sua.

Senonch?, quando i capi della corda passarono nelle mani dello sconosciuto, egli ringhi? minacciosamente. Aveva soltanto espresso il suo scontento, credendo, nel suo orgoglio, che esprimere significasse comandare. Ma, con sua grande sorpresa, la corda si strinse intorno al suo collo, togliendogli il respiro. In un impeto di rabbia, si lanci? sull'uomo, il quale, per?, lo ferm? a mezzo, l'afferr? per la gola, e con abile giro di mano se lo gett? sulla schiena. Allora la corda si strinse senza piet?, mentre Buck si dibatteva furibondo, con la lingua a penzoloni dalla bocca e il largo petto ansante, invano. Mai in tutta la sua vita, egli era stato trattato cos? vilmente, e mai, in vita sua, era stato cos? arrabbiato. Ma la forza gli venne meno, gli si offuscarono gli occhi e perse la conoscenza, quando arriv? il treno e i due uomini lo gettarono nel bagagliaio.

Ritornato in s?, si rese confusamente conto che gli faceva male la gola e che veniva trasportato in una specie di convoglio che lo faceva trabalzare. Il rauco strido di un fischio di locomotiva ad un passaggio a livello gli fece capire dov'era, avendo viaggiato troppo spesso col giudice per non conoscere la sensazione del viaggiare in un bagagliaio. Apr? gli occhi, nei quali fiammeggi? l'irrefrenabile collera di un re rapito. L'uomo si lanci? per afferrarlo alla gola, ma Buck, ch'era sin troppo agile per lui, gli addent? una mano e non la lasci? andare fino a che non gli fecero perdere i sensi un'altra volta.

-- S?, soffre di spasimi, -- fece l'uomo, nascondendo la mano morsicata al bagagliere accorso al rumore della colluttazione. -- Lo conduco, per incarico del mio padrone, a San Francisco, dov'? un medico per i cani, molto celebre, che lo curer?.

Circa quel viaggio notturno, l'uomo parl? nella maniera pi? eloquente, a proprio vantaggio, in un piccolo ricovero dietro una taverna, sul molo di San Francisco.

-- Non prendo altro che cinquanta, -- borbott?, -- e non rifarei il viaggio neppure se me ne dessero mille in contanti sonanti.

Aveva la mano avvolta in un fazzoletto insanguinato, e un calzone stracciato, sulla gamba destra, dal ginocchio alla caviglia.

-- Quanto ha preso l'altro? -- chiese il padrone della taverna.

-- Cento, -- fu la risposta. -- Non volle neppure un soldo di meno, che il diavolo mi porti.

-- Sono centocinquanta, -- calcol? il taverniere, -- e li vale, se non sono un idiota.

Il rapitore sciolse la benda insanguinata e si guard? la mano morsicata.

-- Se non divento idrofobo...

-- Sar? perch? sei nato per essere impiccato. -- disse il taverniere, ridendo. -- Su, dammi una mano prima di prendere i soldi, -- aggiunse.

Stordito, con un dolore intollerabile alla gola e alla lingua, mezzo strangolato, Buck tent? di tener testa ai suoi aguzzini. Ma fu gettato per terra e ripetutamente preso per la gola, fino a che riuscirono a limare e a togliergli dal collo il pesante collare d'ottone. Allora gli sciolsero la corda e lo lanciarono in una specie di gabbia.

L? rimase per il resto della penosa notte a covar rabbia ed orgoglio ferito. Non poteva capire che significasse tutto ci?. Che cosa volevano da lui, quegli strani uomini? Perch? lo tenevano chiuso in quella angusta gabbia? Egli non ne sapeva la ragione, ma si sentiva oppresso da un vago senso di sciagura imminente. Parecchie volte, durante la notte, balz? in piedi, allorch? la porta della rimessa si spalancava rumorosamente, attendendosi di rivedere il giudice o almeno i ragazzi. Ma ogni volta era la faccia gonfia del taverniere che veniva a spiarlo alla luce di una candela di sego; e allora l'abbaiare gioioso che tremava nella gola di Buck si mutava in un ringhiare feroce.

Ma il taverniere lo lasci? stare; al mattino, entrarono quattro uomini e presero su la gabbia. Altri tormentatori, pens? Buck, giacch? erano brutti ceffi, stracciati e sporchi; ed egli s'agit? e ringhi? contro di loro attraverso le sbarre. Essi ridevano e lo punzecchiavano con dei bastoni, che egli prontamente afferrava coi denti fino a quando si rese conto di far, cos?, piacere a quella gente. Allora s'accucci? tristemente, e lasci? che la gabbia fosse sollevata s'un carro. Da quel momento egli, e la gabbia in cui era prigioniero, incominciarono un viaggio attraverso molte mani. Impiegati dell'agenzia dei trasporti lo presero in consegna; fu portato in giro s'un altro carro; un carrello se lo port?, con un assortimento d? scatole e di pacchi, s'un vaporetto; dal vaporetto pass? nuovamente s'un carrello, sino ad un grande deposito ferroviario, e finalmente fu posato in un bagagliaio, in coda a sbuffanti locomotive; e per due giorni e due notti Buck non mangi? n? bevve. Nella sua rabbia, egli aveva accolto, da principio, con ringhi l'interesse dei conduttori del treno, i quali lo avevano contraccambiato col prenderlo in giro. Quando si lanciava contro le sbarre della gabbia, tremante e con la bava alla bocca, essi ridevano e lo beffeggiavano. Ringhiavano e abbaiavano come detestabili cani, miagolavano, sbattevano le braccia come ali e si sgolavano a far chicchirich?. Era molto stupida quella commedia, lo sapeva; ma, perci?, di maggiore oltraggio alla sua dignit?; e la sua rabbia aumentava. Non gli importava molto della fame, ma la mancanza d'acqua gli causava una grande sofferenza e gli accresceva la rabbia sino allo stato febbrile. E, in realt?, animoso e delicatamente sensitivo com'era, il cattivo trattamento gli aveva dato subito una gran febbre, alimentata dall'arsura della gola e della lingua gonfia.

Di una cosa era contento: di non avere pi? la corda al collo. La corda aveva dato loro un vantaggio non giusto; ma ora che non l'aveva pi?, avrebbe mostrato loro chi era. Non sarebbero pi? riusciti a mettergli un'altra corda al collo. A ci? era deciso e risoluto. Per due giorni e per due notti, non mangi? n? bevve, e durante i due giorni e le due notti di tormento, accumul? tale provvista di rabbia da non promettere nulla di buono a colui che gli capitasse fra le zampe per primo. I suoi occhi iniettati di sangue lo facevano parere un diavolo infuriato. Egli era cos? mutato che lo stesso giudice non lo avrebbe riconosciuto; cos? che i bagagliari mandarono un respiro di sollievo quando lo scaricarono in fretta a Seattle.

Quattro uomini trasportarono delicatamente la gabbia dal carro in un piccolo cortile interno circondato d'alte mura. Un uomo grasso, in maglia rossa, generosamente larga intorno al collo, usc? fuori a firmare il libro per il conducente.

Buck indovin? in quell'uomo il nuovo aguzzino, e si lanci? furiosamente contro le sbarre. L'uomo sorrise con una brutta smorfia e and? a prendere un'accetta e una mazza.

-- Non lo tirerete mica fuori adesso? -- domand? il conducente il carro.

-- Certamente. -- rispose l'uomo, inserendo l'accetta tra le sbarre della gabbia per far leva ed aprirla.

Immediatamente, avvenne un fuggi fuggi dei quattro uomini che avevano portata la gabbia; i quali da sicuri osservatori, in cima al muro, si prepararono ad assistere allo spettacolo.

Buck si lanci? contro il legno che si fendeva, affondandovi i denti, battagliando con esso. In qualunque punto cadesse l'accetta al di fuori, egli era pronto dentro, ad affrontarla, ringhiando e digrignando i denti, altrettanto furiosamente ansioso di uscir fuori quanto l'uomo dalla maglia rossa era premuroso di dargli modo di uscire.

-- Eccoti, diavolo dagli occhi rossi, -- diss'egli, quand'ebbe fatto un'apertura sufficiente per il passaggio del corpo di Buck. Contemporaneamente, lasci? cadere l'accetta e pass? la mazza nella mano destra.

E Buck pareva davvero un diavolo dagli occhi rossi, mentre si raccoglieva tutto per lanciarsi, il pelo irto, la bocca bavosa, con un luccich?o furioso negli occhi pieni di sangue. Egli lanci? dritti sull'uomo i suoi sessantatr? chili di furia, accresciuti dalla repressa rabbia di due giorni e due notti, ma a mezz'aria, quando le sue mascelle stavano per chiudersi sull'uomo, egli ricevette un colpo che arrest? lo slancio del corpo e gli fece stringere i denti in uno spasimo d'agonia. Volteggi? nell'aria e tocc? terra con la schiena e col fianco. Non era mai stato battuto con una mazza, in tutta la sua vita, e non comprendeva. Con un ringhio che era in parte abbaiare e pi? ancora lamento, fu di nuovo in piedi e ancora una volta si lanci? nell'aria. E ancora una volta gli tocc? un nuovo colpo che lo abbatt? per terra, annientato. Questa volta si rese conto della mazza; ma la sua rabbia non conosceva cautele. Egli torn? all'assalto una dozzina di volte e altrettante volte la mazza ruppe l'assalto abbattendolo al suolo. Dopo un colpo particolarmente terribile, egli si trascin? sui piedi, troppo stordito per lanciarsi. And? qua e l?, barcollando e zoppicante, col sangue che gli colava dal naso, dalla bocca e dalle orecchie, il magnifico manto spruzzato e macchiato di bava sanguigna. Allora l'uomo gli si avvicin? e, deliberatamente, gli assest? un terribile colpo sul naso. Tutta la pena che aveva gi? sofferto fu niente al paragone della raffinata tortura di questa.

Con un ruggito che pareva, nella sua ferocia, quasi leonino, egli si lanci? ancora una volta sull'uomo. Ma l'uomo, passando la mazza dalla destra alla sinistra, l'afferr? freddamente per la mascella inferiore, torcendola indietro e in gi?. Buck descrisse un intero circolo e mezzo nell'aria, poi s'abbatt? per terra, sulla testa e sul petto.

Per l'ultima volta si slanci?. Allora l'uomo gli assest? il colpo di grazia, che aveva appositamente trattenuto a lungo, e Buck cadde privo di sensi.

-- Non ? certo lento a domar cani, dico io! -- grid? con entusiasmo uno degli uomini sul muro.

-- Preferirei domare, piuttosto di una bestia simile, un lupo ogni giorno e due volte la domenica, -- rispose il conducente mentre saliva sul carro e avviava i cavalli.

Buck ricuper? i sensi, ma non le forze. Giaceva dov'era caduto, e di l? osservava l'uomo dalla maglia rossa.

-- Risponde al nome di Buck, -- diceva l'uomo, ad alta voce, da solo, citando dalla lettera del taverniere che aveva annunciato la consegna della gabbia e del suo contenuto.

-- Ebbene, Buck, mio caro, -- continu? allegramente, -- abbiamo avuto una piccola disputa, e ora la miglior cosa da fare ? di considerare la cosa una cosa finita. Tu hai imparato qual ? il tuo posto ed io conosco il mio. Sii un buon cane e tutto andr? bene. Capisci?

E mentre parlava, accarezzava senza paura la testa battuta implacabilmente, e bench? il pelo di Buck divenisse irsuto al tocco della mano, la sopportava senza protestare. Allorch? l'uomo gli port? dell'acqua, il cane la bevve avidamente, e pi? tardi prese a volo un generoso pasto di carne cruda, pezzo per pezzo, dalla mano dell'uomo.

Egli era vinto ; ma non fiaccato. Vide, una volta per sempre, ch'egli non aveva alcuna probabilit? di vincere contro un uomo armato di mazza. Aveva imparato una lezione, che non dimentic? pi? per il resto della vita. Quella mazza era una rivelazione. Era la sua presentazione nel regno della legge primitiva, e s'avanz? ad incontrarla a mezza via. I fatti della vita assumevano, ora, un aspetto terribile; ma, affrontando quel nuovo aspetto, indomito, egli l'affrontava con tutta la penetrazione viva della sua natura risvegliata. Col passar dei giorni, arrivarono altri cani, in gabbia o al guinzaglio, alcuni docili e altri, ringhiando e digrignando i denti, come era capitato a lui; e li vide tutti passare sotto il dominio dell'uomo dalla maglia rossa. E ogni volta che assisteva a quello spettacolo brutale, Buck ripensava alla sua lezione: un uomo con una mazza era uno che dettava legge, un padrone da ubbidire, bench? non fosse necessario, riconciliarsi con lui. E a questo riguardo, Buck non fu mai colpevole; bench? avesse visto dei cani bastonati divenire servili con l'uomo, e agitar la coda e leccargli le mani. Vide pure un cane, che non voleva n? conciliarsi n? obbedire, essere alla fine ucciso nella lotta di sopraffazione.

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