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Read Ebook: Brandelli by Guerrini Olindo

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Ebook has 1036 lines and 140084 words, and 21 pages

OLINDO GUERRINI

BRANDELLI

A. Gorlini e C. Via Moscova, 39 Milano.

OLINDO GUERRINI

BRANDELLI

Nuova edizione su quella di A. Sommaruga

MILANO CASA EDITRICE LIBRARIA MODERNISSIMA

<>

di ROSSI ARTURO, Via Pontaccio, 19

IL PRIMO PASSO

Ecco come and? la cosa.

Nell'inverno del 1868 io davo ad intendere alla mia famiglia di studiar legge; anzi per confermarla vie pi? nell'errore, alla fine di quell'anno mi laureai.

La sera, prima di andare a letto, facevo dei versi.

Dopo un po' di tempo fin? la declamazione dell'articolo di fondo, finirono le approvazioni, e i personaggi uscirono ad uno ad uno, involti sempre nella fitta nebbia di fumo di pipa. Mi avvicinai ad un monumento nero che travedevo in fondo alla camera e che giudicai uno scrittoio. M'immaginavo che dietro ci fosse il direttore del giornale un buon diavolo che and? a finire, credo, nelle ferrovie e che in quei tempi scoccava acutissime quadrella alle borse dei conoscenti. Offersi l'articolo, lo misi sul monumento che il senso del tatto mi assicur? essere uno scrittoio, e non ebbi altra risposta che una serie infinita di grugniti che non sapevo se approvativi o improbativi. Quando ebbi finito di parlare, non sentendo di l? del monumento nessun segno di vita umana, tornai indietro, e trovata la porta a tentoni, uscii all'aria aperta. Oh, come respirai largamente! Era ancor freddo, ed il vapore del mio alito mi pareva il residuo del fumo aspirato nell'antro.

Cos? stampato mi faceva un altro effetto, mi pareva pi? bello, e l'avr? letto dieci o dodici volte in fila. Non descrivo l'emozione e i palpiti dello sciagurato che ha peccato la prima volta in tipografia. Ferdinando Martini ha descritto tutto con un verismo cos? preciso, che mi rimetto a lui.

Questa ? la vera e precisa relazione del mio primo passo nella via della pubblicit?.

Compiangetemi.

SANTO NATALE

La signora Giovanna spalanc? la porta e poco manc? che me la sbattesse in faccia. Le scapp? un atto d'impazienza e mi disse:

--Senta: faccia a mio modo. Lei vada a letto.

--Dunque--risposi--c'? ancora molto tempo?

--Lei non ci pu? far nulla. Anzi ci rompe la testa, ci imbarazza... l'abbiamo sempre tra i piedi... Vada a letto. Che cosa vuol farci lei?

E mi volt? le spalle avviandosi verso la cucina che dalla porta aperta fiammeggiava come una fornace accesa.

Io avevo sulla punta della lingua una domanda sciocca.

Volevo domandarle se il nascituro sarebbe maschio o femmina; ma capii che non era il momento di fare domande sciocche. Perch? s'impazientisse la signora Giovanna, di solito cos? cerimoniosa, bisognava proprio che avesse altro per la testa; e piano piano ritornai a chiudermi nello studio.

Il fuoco era acceso e la poltrona mi tendeva le braccia. Come sono lunghe le ore dell'aspettazione!

Di fuori nevicava e i fiocchi di neve gelati della notte e cacciati dal vento battevano sui vetri, fitti, fitti, con un fremito sommesso, quasi timido e doloroso. Il vento di quando in quando mandava un lamento, poi si chetava, e il silenzio non era rotto che dal rumore strano e velato delle poche e lontane carrozze sulla neve, e dal passo cadenzato e lento delle guardie che passavano sul marciapiede allontanandosi a poco a poco. Il silenzio della notte ? sempre solenne e misterioso, ma quando si hanno i nervi tesi dalle veglie e dal caff?, quel silenzio diventa come vivo e pare che qualcuno o qualche cosa vegli in una aspettazione muta e paurosa nelle tenebre profonde. Si attende non si sa che, quasi come il silenzio dovesse essere squarciato dalla rivelazione improvvisa e rumorosa di un mistero. Si aspetta, si tende l'orecchio inconsciamente come per interrogare il grande enigma delle tenebre silenti, finch? la tensione si rallenta e l'incubo dell'aspettazione si risolve nei vaneggiamenti del sogno.

Che libro leggessi non lo so e non lo sapevo neppur quella sera. Ma ricordo bene che presto mi cadde di mano e cominciai a fantasticare cos? tra la veglia e il sonno. Mi ritornavano in mente i bei giorni trascorsi in villa colla mia povera bimba e sentiva ancora le sue parole come se l'avessi lasciata poco prima. La rivedevo bionda, rosea; sorridente attraversare con me i campi dove le spiche mature erano alte come lei, dove i passeri spaventati dalle nostre risa volavano via cinguettando. Mi ricordavo il giorno in cui andammo assieme a pescare ed io la portavo sulle spalle per attraversar l'acqua e stavamo tutti e due nascosti nell'erba fresca ed alta delle rive, in silenzio, aspettando. Sentivo il suo grido di trionfo quando una lasca minuscola finalmente penzigli? dall'amo, e la vedevo ritta, coi ricci per le spalle e la felicit? negli occhi, batter le mani e gridare. Oh quegli occhi, azzurri come foglie di mammole, grandi come occhi di donna, io li vedevo e li vedr? sempre che mi guardano come nell'agonia sua, imploranti un aiuto che io non poteva dare, nuotanti gi? nelle nebbie della morte, ma sempre grandi, sempre azzurri, belli sempre ed ora per sempre chiusi. Si pu? soffrire al mondo quanto soffrii adagiandola colle mie mani nella cassa e chiudendole gli occhi, i dolci occhi che non posso ricordare senza sentire qualche cosa che si straccia nelle mie viscere?

Per questo desiderava che mi nascesse una bambina, e tremavo pensando che i presagi eran poco favorevoli al mio desiderio. Fino nel sogno mi inseguivano i pensieri angosciosi del giorno e li divideva certo la povera martire che sul suo letto di dolore aveva troppi altri strazi che la laceravano. E cos? sognavo, quando il silenzio notturno fu rotto da un grido acutissimo, da un vagito lungo che mi rimescol? tutto il sangue dentro e mi fece saltare in piedi desto ed ansante.

Quando Iddio e la signora Giovanna vollero, potei entrare. Mi chinai sul letto e chiesi a mia moglie:

--Come va?

--? rinata la Lina--rispose sorridendo.

Nella culla bianca, affondata tra i veli ed i pizzi, giaceva la nuova venuta riposandosi della fatica fatta nel venire al mondo. Quando allontanai il copertoio per vederla, la neonata apr? gli occhi e mi guard?.

Era lei! Erano i suoi occhi, i suoi dolci occhi, azzurri come le mammole! Era la povera morta che mi guardava ancora cogli occhi della sorella!

Come non diventano matti i babbi in certe occasioni?

Oh, Santo natale della bimba mia, che tu sia benedetto!

NEVE

C'? la neve?

Vi pare una domanda sciocca, non ? vero? Eppure in casa mia ha una grave importanza, poich? in un momento di tenerezza paterna ho avuto la imprudenza di prometterla al mio bambino che non ricorda pi? quella dell'anno passato. Io gli ho promesso la neve per il giorno di Natale io che l'ho avvezzato a credere ciecamente alle mie parole! La stagione si manteneva sempre eccellente e cominciavo a fare il diplomatico col signorino, cercando di preparare delle scappatoie alla paterna autorit?. Ho insinuato cos? alla larga certi dubbi impertinenti sulla infallibilit? dei lunari, e prendendola da lontano, ho fatto per incidente certe subdole supposizioni che implicavano la perfetta serenit? del giorno di Natale; ma non c'? stato verso di proteggere decentemente la mia ritirata. Questa sera stessa dipingevo con colori vivacissimi e con eloquenza meravigliosa, le delizie di una passeggiata da farsi nel santo giorno, con un sole splendido ed un cielo sereno, sino ai giardini pubblici, dove al caff? vendono i dolci tanto buoni. Il signorino mi ascoltava serio serio, colle mani dietro la schiena napoleonica, e pareva soddisfatto della magnifica prospettiva di vedere i pesci rossi nel laghetto e di mangiare i pasticcini al caff?, quando ad un tratto mi ha chiesto a bruciapelo se ci sar? anche la neve!

Iddio misericordioso mi tenga le sue sante mani sul capo e non permetta mai ch'io faccia di questo periodico una cattedra di irreligione, specialmente in questi giorni benedetti. Ma per? mi sia permesso di dolermi che la tradizione cristiana, e specialmente cattolica, abbia incorniciata la nascita del suo Messia con tutti gli orrori della stagione invernale. Anche a me sono noti, press'a poco, i risultati della moderna esegesi che tendono a stabilire Nazareth e non Betlemme come luogo di nascita di Cristo, secondo il Vangelo di Giovanni. So benissimo che il censimento di Quirino, che la leggenda ritiene causa del viaggio a Betlemme, ? almeno di dieci anni posteriore all'anno della Nativit? secondo Luca e Matteo, poich? i due evangelisti fanno nascere Ges? sotto il regno di Erode e il censimento non fu fatto che dopo la deposizione di Archelao e che ad ogni modo questa operazione amministrativa dovette aver luogo solo nelle provincie romane e non nelle tetrarchie. Ma non ? il caso di sfoggiare una erudizione troppo facile per tacciare di inverosomiglianza tante pie leggende, e ripeto che non voglio tener cattedra di irreligione. Solo mi preme di protestare contro la tradizione della neve natalizia, cui debbo il mio paterno imbarazzo.

Che a Nazareth l'inverno sia rigido, lo credo, bench? io non ci sia mai stato n? d'inverno n? d'estate. Bench? Nazareth sia ad una latitudine anche pi? meridionale di quella di Tunisi e le linee isochimene notino per quella regione una temperatura invernale di + 10 centig. in media, so che la patria del falegname Giuseppe ? sul monte e quindi soggetta a squilibri forti di clima. Ma poich? la tradizione pia fa nascere Ges? a Betlemme, molto pi? al sud, in latitudine pi? meridionale di Tripoli, in luogo montuoso ma aperto ad oriente e riparato a settentrione dai monti che limitano la riva sinistra del Cedron, dubito che la neve fosse molto alta la notte del 25 dicembre dell'anno 1.

Sant'Epifane mette il Natale ai 6 di gennaio, e San Clemente Alessandrino dice che ai suoi tempi chi lo celebrava nel 19 o 20 d'aprile, chi al 20 maggio. Nel passato secolo vi fu chi sostenne che il Natale doveva cadere in settembre, ma il calendario del Bucherius mette la festa ai 25 di dicembre, e la Chiesa la celebra in quel giorno.

Certo in dicembre ? freddo; almeno per lo pi? l'inverno ? gi? inoltrato verso la fine dell'anno. Ma se badassimo alle tradizioni ed ai quadri dei pittori, tra i gradi 31 e 32 di latitudine dovrebbe esistere la Siberia e non la Giudea. Ci dipingono certe nevicate da fare invidia alla Groenlandia, mentre anche ora gli ulivi prosperano a Betlemme senza paura di morire gelati. Giacomo de Vitry narra che l'esercito dei crociati, giunto sulle rive del Giordano a met? di Novembre, prese un bagno con molto piacere. E se al 6 di gennaio ? solennizzato il battesimo di Ges? che fu dal Battista immerso nel fiume, certo il Giordano non doveva essere gelato anche secondo l'idea della Chiesa. Quanto al bue ed all'asinello, non hanno che una dubbia frase del profeta Abacucco per giustificare la loro presenza nel presepio; e ad Abacucco ne lasceremo tutta la responsabilit?.

Dunque il Vangelo non ci dice che nel giorno di Natale, a Betlemme, nevicasse. La geografia fisica lo nega. Perch? dunque dovr? esserci la neve quel giorno? Perch? queste belle ed erudite riflessioni non mi vennero in mente quando promisi la neve al mio bambino? Chi lo persuade ora? Se gli cito Abacucco, ho paura che non lo prenda sul serio. Specchiatevi, padri imprudenti, e vedete dove vi pu? trascinare una promessa fatta leggermente!

Ma io l'ho tuttavia colla scienza che non mi ha saputo guidare nelle promesse.

Nel 1644 l'Accademico Stellato affermava che l'oroscopo <> lo induceva a credere che <>. Non so se l'indovinasse per quell'anno; so che l'indovina per questo. Provino un po' i meteorologi odierni, che non usano termini meno difficili, ad indovinare che tempo far? per le feste di Natale del 2122? Vedremo se ci colgono. S?, lo vedremo!

BIBLIOTECHE

L'argomento del resto ? appunto arrivato, direbbe Bismark, al momento psicologico. Noi diciamo che ? maturo, e la figura rettorica cos? ? pi? giusta, poich? il frutto maturo o si coglie o marcisce e cade. E poich? l'argomento delle biblioteche marcir? negli archivi del ministero e cadr? in dimenticanza, se gi? non c'? caduto, ? proprio il caso di una locuzione figurata da porgere ad esempio agli sventurati s?, ma infelicissimi studenti dei licei.

Ad una domanda del deputato Martini, il solo, fra cinquecento deputati che si suppone sappiano leggere, il quale si sia fermato a dare un'occhiata a quel capitolo del bilancio, ci ? toccato di sentire il ministro per la pubblica istruzione confessare non aver potuto leggere il rapporto della Commissione d'inchiesta sulla Vittorio Emanuele senza arrossire. Quella biblioteca, per norma dei lettori, non ? nell'isola di Pantelleria, ma a due passi dalla Minerva.

Vien dunque fatto di ricorrere a quell'aritmetica che par diventata privilegio dell'onorevole Bernardino Grimaldi, e ricordando la regola del tre, brontolare spaventati: <>

Come sorveglia il Ministero le biblioteche dello Stato? ? una innocente domanda alla quale non so che risposta si possa dare. Il Ministero infatti si contenta dei rapporti, dei conti e delle statistiche che gli mandano i bibliotecari, onestissima gente, incapace di usare nemmeno in sogno de' quattrini e delle cose pubbliche, ma soggetta come tutti gli uomini di questo mondo a sbagliare. Onestissima gente, piena di buona fede, ma esposta a tutti i pericoli cui la buona fede espone: almeno cos? si ? visto nella biblioteca Vittorio Emanuele. Come dunque sorveglia il governo, come si guarda da questi pericoli? Con un semplicissimo sistema che ho visto nel 1870 applicato alla nettezza pubblica in Subiaco: aspettando cio? che la divina provvidenza mandi un temporale a spazzar via tutto, il buono e il cattivo, le immondizie ed il bucato disteso, aspettando un qualche pasticcio troppo grosso per nominare una commissione d'inchiesta che faccia piazza pulita alle immondizie dell'avvenire. Questo sistema sublacese ? economico, ma via, non ? igienico.

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