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Read Ebook: Storia degli Italiani vol. 04 (di 15) by Cant Cesare

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Ebook has 839 lines and 129143 words, and 17 pages

STORIA DEGLI ITALIANI

PER CESARE CANT?

EDIZIONE POPOLARE RIVEDUTA DALL'AUTORE E PORTATA FINO AGLI ULTIMI EVENTI

TORINO UNIONE TIPOGRAFICO-EDITRICE 1875

Da Comodo a Severo. Despotismo militare.

Di et? la pi? felice del genere umano furono da alcuno qualificati gli ottantaquattro anni dalla morte di Domiziano a quella di Marc'Aurelio; e il nome degli Antonini rest? cos? caro ai Romani, che i successori l'aggiunsero al proprio, sebbene non curassero meritarselo; anzi da quel punto si manifesta pi? apertamente, e senz'ammanti di giurisdizione civile, il despotismo militare; pessima fra le tirannidi, perch? soffoga le passioni che sono vita della societ?.

Lo aveva preparato Augusto coll'incarnare nello Stato la forza militare per mezzo delle guardie pretoriane. In onta dell'antica costituzione, erano aquartierate in Italia; poi Tiberio, col pretesto d'esimere le altre citt? dagl'incomodi alloggi e di mantener meglio la disciplina, stanzi? le loro dieci coorti sui colli Quirinale e Viminale, in un campo fortificato donde padroneggiavano e minacciavano Roma; Vitellio le crebbe a sedicimila. Erano pi? che bastanti a tener in freno qualche milioni d'inermi; ma guaste negli ozj d'un'opulenta citt?, vedendo dappresso i vizj del regnante e la fiacchezza del governo, si persuadevano che nulla resisterebbe alla loro forza, e come arbitri assoluti, davano e toglievano l'impero, non per altro, sovente, che per la speranza del donativo. Gl'imperatori per connivenza ne dissimulavano l'indisciplina, ne compravano il favore e il voto, che esse pretendevano poter dare quali fiore e rappresentanti del popolo; i loro capitani nei casi di Stato sedevano giudici, col qual mezzo superarono di potenza i consoli stessi, e contribuirono a sfasciare il senato. Quando poi Comodo nel prefetto del pretorio un? al militare comando un'autorit? civile, come ministro di Stato e presidente al consiglio del principe, quella dignit? divenne la prima dell'impero, e se ne gloriarono Ulpiano, Papirio, Paolo, Modestino ed altri giureconsulti di primo grido.

Se la suprema podest? apparteneva alla forza, perch? anche le legioni di provincia non sarebbonsi arrogato di salutare imperatore colui che fossero disposte a sostenere colla spada? Massime dopo il tempo che descrivemmo, essendo gli eletti per lo pi? stranieri, spesso contendenti un coll'altro, scelti fra soldati, e costretti a vivere nei campi, l'impero vest? sembianze affatto militari, e l'imperatore non fu il primo magistrato di Roma, ma il generale degli eserciti, e sua principale e quasi unica cura il contentar questi o frenarli. Ma attesoch? l'estensione dell'impero obbligava a mantenerne molti, l'uno per gelosia chiarivasi nemico all'imperatore che fosse eletto dall'altro esercito. Dopo che, coll'estinguersi la famiglia dei Cesari e le succedutevi de' Flavj e degli Antonini, neppure un'ombra di legittimit? sosteneva que' principi di ventura, i soldati sentirono di poterli fare e disfare, alzar sullo scudo o trafiggere colle spade.

Delle venticinque legioni che erano sotto Augusto, sedici furono poi licenziate o incorporate nelle altre: ma Nerone, Galba, Vespasiano, Domiziano, Trajano, Marc'Aurelio ed Alessandro Severo ne formarono tredici nuove. Ciascuna componevasi di cinquemila uomini; e al tempo di quest'ultimo imperatore, tre accampavano in Bretagna, una nell'Alta e due nella Bassa Germania, una in Italia, una nella Spagna, una nella Numidia, una fra gli Arabi, due nell'irrequieta Palestina, altrettante nella Mesopotamia, e cos? nella Cappadocia, due nella Bassa ed una nell'Alta Mesia, una nel Norico, una nella Rezia: dell'altra non sappiamo il posto. Il numero ne vari? poi, e fin trentasette furono imperante Diocleziano. Ad alcuni paesi imponevasi d'offrire truppe ausiliari, che si esercitavano colla disciplina romana, ma nelle armi cui ciascuno avevano avvezzato la patria e l'educazione; il che metteva ogni legione in grado d'affrontarsi con qualsifosse altra gente, comunque armata. Inoltre si menava appresso un treno di dieci grandi macchine militari e cinquantacinque minori da avventare projetti; oltre l'occorrente per piantare un campo.

Le prime guerre Roma sostenne coll'armi proprie e dei popoli vinti, obbligati a tributare un certo numero di cavalli e fanti, di navi e marinaj. Obbedivano questi a capi di loro nazione; e sebbene talvolta eguagliassero, talaltra eccedessero anche in quantit? l'esercito romano, li teneva in rispetto l'essere scelti ciascuno da gente diversa, scevri dalle legioni, dipendenti dal generale supremo. Cesare pel primo assold? Barbari; Augusto imit? ed estese l'esempio, e per sicurezza propria ne introdusse fra le guardie pretoriane. Progredendo, l'Italia si trov? esausta di forze, i socj ridotti a provinciali e privati dell'uso delle armi; onde fu necessario ricorrere ai Barbari. I Germani, gente robusta ed agguerrita, volentieri ponevano a servizio altrui il proprio valore, contenti di tenue soldo e scarsa prebenda; sicch? furono preferiti dagl'imperatori, cui sembrava anche vantaggioso il decimare cos? quei formidabili.

Per? la tirannide uccide se stessa. Coll'escludere dalle armi i provinciali e i cittadini, separavasi la forza dall'interesse d'adoprarla; ottenevasi per avventura la quiete, ma si spegneva il valore; nel mentre si rendevano pi? formidabili i nemici coll'aggiungere la disciplina al naturale coraggio. Costoro ben presto entrarono anche tra le privilegiate file legionarie; poi, non pi? bande, ma popolazioni intere vennero assoldate: infidi ajuti, che nel frangente ricusavano travagliarsi contro i proprj fratelli; avidi, preferivano il sacco alla battaglia; capricciosi, costringevano il generale a far giornata quando e dove meno convenisse; infine torcevano le armi contro i proprj maestri.

Insomma le minaccie dei Barbari aveano reso necessario l'esercito, e perci? l'onnipotenza imperiale; vero governo militare, parallela al quale svolgeasi un'altra civilt? pacifica; quello opprimendo, questa costituendo leggi sapienti. Una serie d'insigni guerrieri portati all'impero ritard? per avventura l'invasione da ogni parte minacciata, ma recavano sul trono le dispotiche e feroci abitudini dell'accampamento e della guerra. Dalle spade alzati, da queste abbattuti, qualvogliasi riforma restava impedita dall'effimera loro durata, e dall'obbligo di vegliar sempre in armi contro gli stranieri, e pi? contro gli usurpatori, che con altrettanto diritto si sollevavano, e che si sostenevano col tenersi amici i soldati per gratitudine del passato e per apprensione dell'avvenire.

Comodo, successore di Marc'Aurelio, ricco solo di forza, lussuria e codardia, fu il primo imperatore nato da padre regnante; ma si cred? generato da uno dei gladiatori che Faustina dalla sanguinosa palestra chiamava a contaminare il talamo di Marc'Aurelio. Gli esempj e le lezioni di questo non ne corressero l'indole; e a dodici anni trovando soverchiamente scaldata l'acqua del bagno, ordin? di gettar nel fornello il bagnajuolo.

Di forza prodigiosa, trapass? fuor fuori un elefante colla lancia; uccise in un giorno cento leoni nel circo, ciascuno d'un solo trar d'arco; colle frecce levava di netto il collo a struzzi correnti, e trafisse una pantera senza toccar l'uomo con cui essa era alle prese. Perch? non mancassero belve all'imperial trastullo, viet? agli Africani d'uccider leoni, n? respingerli qualora affamati si accostassero ai villaggi. Di tutto ci? si fa gloria, e vuole se ne tenga memoria ne' giornali. Degli applausi del vulgo s'inebbria, e per serbarselo amico, istituisce una compagnia di mercadanti e una flotta che rechi grano dall'Africa, se c?piti male quella d'Egitto; ma immaginatosi un giorno che il popolo lo schernisca, comanda un generale macello e l'incendio della citt?, e a gran pena il prefetto de' pretoriani nel dissuade. Non meno segnalato per lussurie, tenne a sua posta trecento concubine e altrettanti cinedi; viol? le proprie sorelle; sul resto si tiri un velo.

A tante pazzie occorrevagli denaro; onde rincar? le imposizioni, traffic? delle cariche, per denaro assolse rei, e permise assassinj e vendette. Lungo sarebbe ridire le vittime innocenti del forsennato, che ben presto, dato lo sfratto ai tutori impostigli da Marc'Aurelio, lasci? ogni arbitrio ai compagni di sue dissolutezze, salvo a disfarsene non appena il contrariassero. Perenne, entratogli in grazia col fomentarne le passioni, assisteva con esso ai giuochi Capitolini, quando un filosofo cinico compare nel teatro e grida a Comodo: -- Mentre ti tuffi nelle volutt?, alla tua vita insidiano Perenne e suoi figliuoli>>. Detto fatto, Perenne fe gettar nel fuoco colui: ma all'imperatore rest? il sospetto ch'egli aspirasse veramente a regnare perch? n'era capace; indi le legioni britanne deputarono mille cinquecento uomini che venissero a Roma chiedendo la morte del ministro; il quale, reo o no, fu ucciso colla moglie, la sorella e tre figliuoli: condiscendenza che rivel? la debolezza del governo all'esercito lontano.

Gli sottentrava Cleandro, che dalla Frigia nativa portato schiavo a Roma, appartenne prima a Marc'Aurelio, poi a Comodo, il quale gli diede una sua concubina a sposa e la libert?; poi non avendo a temerne n? l'abilit? n? la virt?, gli concesse sconfinato potere. E colui ne abusava per vender cariche, provincie, entrate, giustizia, vite d'innocenti. Fatto incetta de' grani, affam? la citt? per arricchirsi e per acquistar favore colle distribuzioni. Cre? patrizj molti schiavi appena tolti alla catena, e gli assise in senato; e fin venticinque consoli elesse in un anno: chi os? portarne richiamo all'imperatore, pag? l'ardimento col sangue. Ma mentre celebravansi i giuochi circesi ecco entrare una turba di fanciulli capitanati da una viragine, e mandar feroci grida contro Cleandro: il popolo vi fa eco, ed accorre al palazzo suburbano ove questi era coll'imperatore, e ne chiede la morte; a tegoli e ciottoli volta in fuga i pretoriani: e Comodo che, immerso in sozze lascivie, ignorava il caso, sgomentato fa gettare ai tumultuanti la testa del favorito, che con la moglie, i figliuoli, gli amici ? trascinato per le vie.

Altro consigliatore de' suoi delitti era il liberto Antero di Nicomedia; e quando i pretoriani lo uccisero, l'imperatore se ne vendic? col mandare a male quanti di essi pot?. Gli stessi prefetti del pretorio erano mutati si pu? dire ogni giorno; alcuni non durarono che sei ore; i pi? colla carica perdettero la vita.

Mossa da privata ambizione, Lucilla sorella sua presunse di voltare lo Stato congiurando coi principali senatori; ma il sicario, preso mentre vibrando il colpo diceva, <>, fu coi complici messo a morte; la principessa esigliata a Capri ed ivi uccisa: dove pure fu relegata e morta l'imperatrice Crispina, propostasi d'imitare le scostumatezze del marito.

Le parole del sicario, il quale seppe dire e non fare, invelenirono Comodo contro il senato; e se dapprima, feroce per inclinazione non per calcolo, sapeva anche perdonare, e sull'esempio paterno avea gittato al fuoco le rivelazioni offertegli da Manilio, segretario dell'usurpatore Avidio Cassio, allora fece rivivere i delatori e i processi di maest? e, solito corredo, i supplizj degl'innocenti e di quelli la cui virt? facesse raffaccio all'imperiale corruttela. Ricorderemo fra questi i due fratelli Quintilj Massimo e Condiano della Troade, unanimi a segno che operavano come un uomo solo; insieme governavano le provincie e comandavano gli eserciti, insieme sostennero il consolato ed altri onori, insieme da Comodo furono uccisi.

Avesse almeno costui saputo usare la brutale valent?a a tutela de' confini. Ma al primo arrivar al trono cedette quante fortezze serbava sul territorio dei Quadi, patto che questi si tenessero inermi e cinque miglia discosto dal Danubio, n? s'adunassero che una volta il mese in presenza d'un centurione. Anche da altri Germani compr? la pace, e lasci? che i Saracini riportassero vantaggi sopra l'impero. Poi un semplice soldato, di nome Materno, che a capo di disertori avea messe a soqquadro Spagna e Gallia, vedendosi circuito d'ogni dove, sparpagli? i suoi, e con alquanti di essi si spinse fino in Italia col proposito di scannare Comodo e farsi imperatore . Gi? alcuni suoi eransi mescolati alle guardie di questo, allorch? altri li tradirono, e il supplizio di Materno sed? il tumulto. Per? il valore de' generali pot? reprimere i Frisoni, e respingere i Caledonj che avevano superato la muraglia di Trajano; e Comodo menava trionfi, e intitolavasi imperatore senza veder mai gli accampamenti. Solo una volta mostr? voler passare in Africa; ma come ebbe raccolto denari assai, li sciup? in gozzoviglie.

Naturali infortunj aggravarono i mali del suo regno: tremuoti; peste, che fin due in tre migliaja d'uomini al giorno mieteva in Roma; and? in fiamme il tempio della Pace, dove erano riposte le spoglie della Giudea, le opere dei letterati, preziose spezie d'Arabia e di Egitto; perfino al palazzo s'apprese l'incendio e al tempio di Vesta, da cui fuggendo, le sacre vergini esposero per la prima volta agli occhi profani il Palladio, talismano dell'impero.

Il privato pericolo pot? pi? che la pubblica indignazione; poich? Marcia concubina di Comodo, Leto capitano delle guardie, ed Ecleto suo ciambellano, sapendosi designati a morte, avvelenarono Comodo, di appena trentun anno, dopo regnato dodici . Il senato, che ver lui era disceso all'infimo dell'abjezione, come il vide morto ripigli? coraggio, fece abbatter le statue, raderne il nome dalle lapidi, negar sepoltura al vile gladiatore, al parricida, al tiranno pi? sanguinario di Nerone; ma fra poco Settimio Severo lo far? riporre fra gli Dei, istituirgli sagrifizj e solennit? anniversarie pel suo natale.

I congiurati corsero alla casa di Publio Elvio Pertinace, vecchio senatore e consolare, allora prefetto della citt?, il quale, udito chiamarsi di mezzanotte, suppose venissero per ordine di Comodo a ucciderlo; onde, fattili entrare, disse: -- Da buon tempo vi aspettavo, giacch? io e Pompejano siamo i soli amici di Marc'Aurelio lasciati sopravivere>>. Pompejano era virtuoso marito della trista Lucilla sorella di Comodo, e ricusando assistere all'anfiteatro, n? vedere il figliuolo di Marc'Aurelio prostituire la persona sua e la dignit?, stava per lo pi? in campagna, pretessendo malattie che cessarono solo nel breve regno del successore.

Pertinace era nato presso Alba del Monferrato, da uno schiavo carbonajo, che gl'impose quel nome per la pertinacia sua nel voler abbandonare il mestiero paterno, e mettersi a Roma maestro di greco e latino. In questa professione poco vantaggiando, diede il nome alla milizia, divenne centurione, poi prefetto di una coorte nella Siria e nella Britannia. Marc'Aurelio per un'accusa il degrad?, poi scopertala falsa, creollo senatore, e il mand? colla prima legione a guerreggiare i Germani. Ritolta a questi la Rezia, fu fatto console: poi, regnando Comodo, si vide a vicenda alzato e depresso, in fine assunto governatore di Roma. Dabbene, assiduo agli affari, grave senza dispetti, dolce senza fiacchezza, prudente senz'astuzie, frugale senz'avarizia, grande senza orgoglio, amatore dell'antica semplicit? romana, parve a Leto e ai congiurati opportunissimo a riparare ai guasti dell'ucciso.

Lo portarono dunque al campo de' pretoriani , i quali, sebbene affezionati a Comodo dalle largizioni, accettarono il nuovo imperatore, perch? prometteva tremila dramme per testa, e il condussero con rami d'alloro al senato, perch? se n'approvasse l'elezione. Qui cogli applausi interrompendo i rifiuti di Pertinace, gli fu conferito il titolo d'augusto, di padre della patria , di principe del senato, e recitato dai consoli il panegirico. Egli non permise si chiamasse augusta la moglie sua che nol meritava, n? cesare il figlio sinch? non ne venisse degno. A questi cedette ogni suo possesso perch? non avessero ragione di chieder nulla allo Stato; poi, perch? l'accidioso fasto della corte nol guastasse, mand? il figliuolo ad educare presso l'avo materno.

Le virt? private conserv? sul trono. Schietto nel vivere, usava come prima co' migliori senatori e gl'invitava a cene familiari, derise da quelli che preferivano le sanguinarie prodigalit? di Comodo. Per risanguare l'erario fece voltare in moneta le abbattute statue del predecessore, vendere all'asta l'armi, i cavalli, le vesti di seta, i mobili , fra cui un carro che indicava l'ora e il cammino percorso; le concubine e gli schiavi, eccettuando solo i nati liberi e rapiti a forza; costrinse i favoriti del tiranno a rendere parte del male acquistato, con cui pag?, oltre i pretoriani, i creditori dello Stato, le pensioni maturate e i danneggiati; abol? i pedaggi nocevoli al commercio, e decret? per dieci anni immune chi rimettesse a coltura le sodaglie d'Italia; profess? non accetterebbe legati a danno di legittimi eredi; ai banditi per fellonia restitu? patria e beni, castig? i delatori, e imped? si apponesse il nome suo sugli edifizj, dicendo: -- Sono pubblici, non dell'imperatore>>.

I buoni godeano di veder rivivere Trajano e Marco Aurelio: ma troppi erano quelli cui giovavano il disordine e il silenzio delle leggi; e i pretoriani, temendo riformata la disciplina, ribramavano Comodo. Ottantasette giorni appena dopo la sua elevazione, alcune centinaja di essi precipitaronsi traverso a Roma nel palazzo , aperto dalle guardie e dagli infidi liberti. L'imperatore, vilmente abbandonato dai cortigiani, colla maest? della presenza e l'autorit? della parola arrest? i furibondi, che gi? si ritiravano, quando un Gallo, o non avesse inteso il discorso, o fosse di passione pi? violenta, gli cacci? la spada nel corpo, dicendo: -- Eccoti un dono de' tuoi soldati>>; negli altri rinasce la sete di sangue; e l'imperatore, avvoltosi il capo nella toga, pregando il cielo a vendicarlo, spira sotto mille colpi, e per la sgomentata citt? ? portato dai pretoriani.

Cos? la forza militare sormontava il contrasto oppostole dall'impotente senato e dagli Stoici, e stabiliva il despotismo de' pretoriani in Roma, degli eserciti fuori. Lo rivel? una scena di beffa tremenda. Perocch? il popolo infuriato corse al campo de' pretoriani, assediandolo minaccioso: ma non avendo capi, non comparendo i consoli, non adunandosi il senato, la folla si disperse. I pretoriani non aveano ucciso Pertinace per alcun fine o per innalzare qualc'altro, ma non trovando raccolto il senato per eleggere un successore, pubblicarono che l'impero era in vendita, si darebbe al miglior offerente. Sulpiciano, suocero dell'imperatore, ch'era stato spedito da questo nel campo a chetare il tumulto, non aborr? di concorrere a un seggio stillante di tal sangue; altri competerono; finch? ne venne voce a Didio Giuliano, vecchio e ricco milanese, che or favorito or disgraziato dagli imperatori, avea traversato senza rumore le principali dignit?, e adesso nel lusso e ne' bagordi consumava una delle pi? sfondolate fortune. Stava allora spensieratamente banchettando cogli amici, i quali lo animarono a concorrere, ed egli va al campo, comincia a dirvi, promette ripristinar le cose come sotto Comodo, e dalle cinquemila dramme offerte per soldato, sale a seimila ducencinquanta , pagabili all'atto.

O Giugurta, Roma ha trovato il compratore!

Didio, a piene voci acclamato, ? fra' pretoriani condotto per le deserte vie di Roma, indi nel senato, che uditolo enumerare i proprj meriti e vantare la libert? della sua elezione, ossequiosamente si congratul? della pubblica felicit?. Collo stesso corredo guerresco portato in palazzo, vide il trono di Pertinace e la frugal cena che s'era disposto: eppure imband? con pi? splendore che mai, e consum? la notte in banchettare, trarre ai dadi, e ammirar Pilade ballerino.

Ma il popolo non un applauso avea levato; anzi, qualvolta egli comparisse, gli avventavano ingiurie e sassi, indignati da quel turpissimo mercato; e provocavano a sempre nuove risse i pretoriani. Poi fra breve la folla si ammutina, ed avventatasi nel circo dove egli assisteva ai giuochi, gli rinnova le imprecazioni; ricorrendo anch'essa fatalmente alla forza armata come i tiranni, fa appello agli eserciti lontani perch? vengano a vendicare la prostituita maest? dell'impero. Quel grido d'angoscia trov? eco in tutto l'impero, e gli eserciti di Britannia, di Siria, dell'Illiria, comandati da Clodio Albino, Pescennio Nigro e Settimio Severo, disdissero l'indegno contratto, fosse orgoglio, o invidia dei soldati, od ambizione dei capi.

Clodio Albino, nato nobilmente in Adrumeto d'Africa, avea scritto d'agricoltura, poi, abbandonato lo stilo per la spada, allora comandava l'esercito di Britannia. Mai non aveva perdonato; crocifisse centurioni per colpe da nulla; uggioso in casa e con tutti; in un pasto logor? cinquecento fichi, cento pesche, dieci poponi, cento beccafichi e quattrocento ostriche. Ricusata obbedienza a Didio, si sosteneva nella Britannia senza assumere il titolo d'augusto, anzi esortando a ripristinare la repubblica, e asserendo non si acconcerebbero le cose finch? il potere civile non prevalesse al militare, e al senato non fosser rese le antiche prerogative.

Pescennio Nigro d'Aquino, di poca ricchezza e meno studio, ma ardito soldato e buon capitano, era salito ai primi gradi della milizia; mantenitore della disciplina, non tollerava che gli uffiziali maltrattassero i soldati, fece lapidare due tribuni per avere sottratto alcun che della paga, e appena a suppliche dell'esercito perdon? la testa a dieci che avevano rubato del pollame; non permetteva il vino in campo; viaggiava a piedi e scoperto la testa; voleva i suoi servi portassero fardelli onde non parere oziosi nelle marcie. Nel governo importante quanto lucroso della Siria, procacciossi amore colla fermezza non discompagnata da affabile compiacenza: onde appena s'ud? assassinato Pertinace, tutti l'esortarono ad assumere l'impero, le legioni orientali si chiarirono per lui, per lui il paese dall'Etiopia all'Adriatico, e di l? dal Tigri e dall'Eufrate gli vennero regie gratulazioni. Nella solennit? dell'acclamazione proferendosi il consueto panegirico, Pescennio interruppe l'oratore che il paragonava a Mario, ad Annibale, a non so quali altri capitani, dicendo: -- Narraci piuttosto quel che han fatto costoro d'imitabile. Lodare i vivi, e massime l'imperatore che pu? ricompensare e punire, ? da adulatore. Vivo, desidero di piacere al popolo: morto, mi loderete>>. Virt? moderate, pregevoli nel secondo posto, non sufficienti al primo. Invece di difilarsi sopra l'Italia ov'era invocato, Pescennio si rallent? nella voluttuosa Antiochia, persuaso che la sua elezione non sarebbe n? contrastata, n? macchiata di sangue cittadino.

Un emulo superiore sorgeva in Settimio Severo, di Lepti nell'Africa Tripolitana e di famiglia senatoria; sperto nell'eloquenza, nella filosofia, nelle arti liberali e nella giurisprudenza, sostenne magistrature e comandi; faticante di corpo e di mente, alieno dal fasto e dalla gola, violento e tenace nell'amore come nell'odio, provvido dell'avvenire e dei mezzi onde profittarne, disposto a sacrificare fama e onest? all'ambizione, incline all'ingordigia e pi? alla crudelt?. L'astrologia, passione de' suoi nazionali, lo aveva lusingato dell'impero; spos? una Giulia Domna sira, perch? gli astri aveano promesso a costei, diverrebbe moglie d'un sovrano; e sotto Comodo ebbe accusa d'avere interrogato indovini sul divenir imperatore.

In Pannonia, udita la morte di Pertinace, raduna i soldati, svela il turpe mercato de' pretoriani, e gli incita a vendetta con un'orazione eloquente e colla pi? eloquente promessa di un donativo doppio di quel di Didio: poi colla prontezza richiesta dal caso scrive ad Albino promettendo adottarlo e chiamandolo cesare; non tent? Nigro, perch? sapeva nol potrebbe sedurre; e mosse senza riposo verso l'Italia, che con isgomento vide le legioni di Pannonia sbucare per Aquileja.

Didio sgomentavasi; i pretoriani, buoni solo al tumulto, tremavano delle invitte legioni di Pannonia e d'un tal generale; e se dai teatri e dai bagni correvano alle armi, a pena sapeano maneggiarle; gli elefanti sbattevano dal collo gl'inesperti condottieri; la flotta di Miseno mal volteggiava; e il popolo rideva, il senato gongolava. Didio in tentenno, ora faceva pronunziare Severo nemico della patria, ora pensava associarselo all'impero, oggi gli spediva messi, domani assassini: ordin? che le Vestali e i collegi sacerdotali uscissero incontro alle legioni, ma ricusarono: arm? i gladiatori di Capua, e con magiche cerimonie e col sangue di molti fanciulli fece prova di sviare il nembo.

Ma i soldati che custodivano l'Appennino disertarono a Severo; disertarono i pretoriani, appena esso gli assicur? da ogni castigo, purch? consegnassero gli assassini di Pertinace. Avvertito che questi erano presi, il senato decret? morte a Didio, il trono a Severo, a Pertinace onori divini. Illustri senatori furono deputati a Severo, sicarj a Didio, che piagnucol? perch? gli lasciassero la vita: -- Che male fec'io? ho mai tolto di vita alcuno?>> Ma dovette ripagare col sangue i sessantaquattro giorni di regno che coll'oro avea comprati.

Severo, che in quaranta giorni avea coll'esercito traversate le ottocento miglia che corrono da Vienna a Roma, consegu? l'impero senz'altro sangue. Uccisi gli assassini di Pertinace, rese a questo segnalate esequie, e diede lusinghe al popolo e al senato. Prima d'entrare in Roma raccolse i pretoriani in gran parata, e ricinto de' suoi guerrieri, salito in tribunale, li rimbrott? di perfidia e codardia, e privandoli del cavallo e delle insegne, li conged? come felloni, e li sband? a cento miglia.

In loro luogo ne elesse quattro tanti, cernendoli dai pi? prodi suoi, di qual fossero paese: onde a tutti i soldati fu aperta la speranza d'entrare fra' pretoriani. Questi cinquantamila uomini, fior degli eserciti, dovevano dalle legioni essere considerati come loro rappresentanti, e togliere le speranze d'una ribellione. Il prefetto del pretorio crebbe d'autorit?, non solo restando capo dell'esercito, ma e delle finanze e delle leggi. Per gratitudine o per politica condiscendenza Severo concesse ai soldati l'anello d'oro, aument? le paghe, e con ci? il lusso, la mollezza, l'indisciplina, mentre l'itala giovent?, sturbata da quel suo privilegio, si diede al ladro o al gladiatore.

Ci? pi? tardi: per allora, con truppe valorose e devote egli mosse ad assicurarsi l'impero non da' Barbari, ma dai due emuli, pari d'armi, di forza, d'artifizio. Prevalendo di rapidit? e d'accorgimenti, appo Isso e Nicea sconfisse Nigro, e quando il seppe ucciso dai soldati presso Cizico, aspre vendette esercit? sugli amici del vecchio e generoso amico suo; spense la famiglia di esso e i senatori che l'aveano servito da tribuni o generali, gli altri sband?, e i beni al fisco; molti di grado inferiore mise a morte; condann? coi padri i figli degli uffiziali che avea tenuti ostaggi; alle citt? fautrici dell'emulo tolse i privilegi; quelli che, buono o mal grado, l'aveano servito di denaro, ne dovettero il quadruplo a lui; lamenti scoppiassero pur d'ogni parte, egli non vi ascoltava.

Nel caldo della vittoria passa l'Eufrate, vince gli abitanti dell'Osroene e dell'Adiabene che, fra l'ultime discordie, avevano trucidato i Romani e scosso il giogo; penetra nell'Arabia che avea parteggiato con Nigro, fa guerra anche ai Parti, conquista una porzione della Mesopotamia che riduce a provincia, assedia ed espugna Bisanzio, principale baluardo contro i Barbari.

Sapendo che Albino era caro al senato quant'egli odioso, Severo non osava romperla seco apertamente, e gli scriveva lettere lusinghiere, ma al tempo stesso mandava per assassinarlo. Scoperta la slealt?, Albino la proclam?, assunse il titolo d'imperatore, e tragittato nella Gallia, vi fece nodo di autorevoli persone. Severo allora sacrifica una fanciulla per cercare nelle viscere di essa l'esito della guerra: presso Lione s'affrontano cencinquantamila Romani: dopo lunga e incerta battaglia fra eserciti di pari valore, Albino, piagato a morte, spira ai piedi di Severo , che con barbara gioja il fa calpestare dal suo cavallo e lasciare ai cani sulla soglia della sua tenda.

La sicurezza non sop? in lui il desiderio di vendetta. La moglie ed i figliuoli d'Albino, gi? perdonati, fe trucidare e gettar nel Rodano, come tutti i parenti e gli amici, coi beni de' quali arricch? i guerrieri suoi e se stesso. Mandando al senato la testa d'Albino, si lament? con lettera beffarda del bene che i senatori gli aveano voluto, vant? il governo di Comodo, e -- In questo teschio voi che l'amaste leggete gli effetti del mio risentimento>>. Giunto poi, sciorin? in senato vilipendj contro Albino, lesse lettere a quello dirette, encomi? le precauzioni di Silla, Mario ed Augusto, mentre Pompeo e Cesare erano periti per inopportuna clemenza. Conseguente alle parole, in pochi giorni quarantadue senatori, consolari o pretori immol? con altri assai alla vendetta, alla gelosia ed all'avarizia sua; fece deificare Comodo, uccidere Narcisso che l'aveva attossicato.

La disciplina era il suo scopo; la voleva come un generale d'esercito, dispoticamente; giusto coi piccoli per deprimere i grandi, valendosi de' giureconsulti per organizzare l'obbedienza, e associando la giurisperizia coll'assolutismo; i soldati viepi? voleva sottomessi, quantunque obbligato a condiscendere in parte ad essi perch? stromenti di sua elevazione e conservazione. Il popolo, contento di vederlo uccider ladri, masnadieri, prepotenti, prese a benvolergli; lo chiamava il Mario o il Silla punico, mentre gli Africani lo amavano qual vindice dell'antica Cartagine, il cui nome ricompariva sulle medaglie che la nuova batteva in riconoscenza de' vantaggi da lui decretatile.

Mosso per nuove battaglie, da Brindisi fu nella Siria ed a Nisiba di Mesopotamia per respingere i Parti : varcato l'Eufrate, prese Seleucia e Babilonia abbandonate, e la capitale Ctesifonte, dopo lungo contrasto e gravi malattie, causate da deficenza di cibo. A Roma ? comandato esultare di questi trionfi, fra i quali esso dichiara augusti Caracalla e Geta suoi figliuoli. Riposato alquanto in Siria, visita l'Arabia e la Palestina, ove proscrive la religione ebrea o cristiana: vede i monumenti dell'Egitto, e raccolti dai tempj i libri di arcane dottrine, li chiude nella tomba d'Alessandro Magno, perch? n? quelli n? questa pi? fossero veduti.

Fra ci? non dimentica di spigolare, come dice Tertulliano, i fautori di Nigro e d'Albino e chi gli desse ombra: poi abbandonasi tutto a Flavio Plauziano , prefetto del pretorio, cui ne' domestici ragionari e in senato lodava pi? che Tiberio non facesse di Sejano. Senatori e soldati offrivano a costui statue, voti, sacrifizj, come all'imperatore, e giuravano per la fortuna di Plauziano; solo per lui arrivavasi all'imperatore e ai posti; ed egli abusava dell'autorit?, fino a mandare a morte illustri personaggi senza tampoco informarne Severo: il quale, credendolo un sant'uomo, il cresceva d'onori, e ne faceva sposare la figlia Plautilla al suo Caracalla . Costei port? una dote che sarebbe bastata, dice Dione, a cinquanta regine; e cento persone di nobili case, alcuni anche padri di famiglia, furono fatti eunuchi per servirla. Ma non sempre spir? quell'aura. Ingelosito di Plauziano, Severo comand? s'abbattessero le statue erettegli: vero ? che alcuni governatori, interpretandolo per segno di disfavore, essendosi affrettati di fare altrettanto nelle provincie, furono tolti di posto o sbanditi, e Severo dichiar? che guaj a chi facesse affronto a Plauziano. Caracalla, nojato del fasto di Plautilla, prese tal odio a lei ed al suocero, che ne giur? la ruina; e nel regio appartamento avventatosegli , lo fece quivi stesso trucidare, dopo, fui per dire, un regno di dieci anni. La figlia e i confederati di esso furono relegati o morti, dicendosi che macchinava assassinar l'imperatore.

Eppure Severo rifior? il paese; corresse gli abusi insinuati dopo Marc'Aurelio; il tesoro trovato esausto, lasci? riboccante, e grano bastevole per sette anni, olio per cinque, avendo disposto onde alquanto distribuirne in perpetuo a ciascun cittadino. Alz? nuovi monumenti, e ripar? i vecchi a Roma e nelle maggiori citt?, sicch? molte presero il nome di sue colonie; largheggi? col popolo e negli spettacoli; mantenne la pace interna.

Contro i Caledonj sollevati e vincitori accorse nella Britannia , traendo seco i due suoi figli per istrapparli dalle lascivie: e bench? gottoso e vecchio, inseguiva a foco e ferro i nemici ne' pi? fitti loro recessi, li costrinse alla pace, e per separare le conquiste nuove dal paese indipendente, tir? una mura sull'istmo tra il golfo di Forth e la foce della Clyde . Poco durarono in quiete i Caledonj, e saputo che Severo stava malato, irruppero, ond'egli mand? Caracalla che li guerreggiasse a sterminio. Costui, che gi? aveva tentato assassinare il padre in battaglia, ora a capo d'un esercito color? gli empj disegni, inducendo soldati e tribuni a disdire obbedienza al vecchio infermo. Severo rimbrott? l'esercito, fece decollare i pi? rei, ma al figlio perdon?; e l'unico suo atto di clemenza nocque al mondo pi? che tutte le sue crudelt?.

Desolato dall'infame condotta di Caracalla, a York sentendosi morire, Severo fece leggere ai due figliuoli il discorso che Sallustio mette in bocca a Micipsa per esortare i suoi eredi alla concordia: raccomand? quella ch'? principale arte de' tiranni, conciliarsi i soldati colle liberalit?, poco curandosi del resto: fece trasferire la Fortuna Aurea dalla sua nella camera di Caracalla, poi in quella di Geta, ed esclam?, -- Fui tutto, e a nulla giova>>; chiesta l'urna preparata per le sue ceneri, soggiunse, -- Tu racchiuderai quello a cui la terra fu piccola>>. Non reggendo agli spasimi, domand? veleno, e negatogli, mangi? tanto da soffocare .

Accostavasi ai sessantasei anni, e ne regn? diciassette e otto mesi. All'effigie cerea di lui, in Roma collocata sopra letto d'avorio e coltrici d'oro, per sette giorni fecero corteggio senatori in bruno e dame in bianco; i medici proseguivano regolari visite, annunziando i progressi del male, finch? il settimo pubblicarono la morte. Allora il feretro fu per la via Sacra portato a spalla di cavalieri nel f?ro, accompagnato dai senatori e dalla giovent? che inneggiava l'estinto. Sul Campo Marzio erasi elevata splendida piramide di legno, contenente quattro camere sovrapposte e decrescenti: nella seconda fu collocato il simulacro, sparso d'aromi e di fiori; e poich? i cavalieri ebbero attorno gareggiato in corse di cavalli, vi fu messo fuoco, e di mezzo alle vampe un'aquila, sciogliendo il volo, simboleggi? l'anima di Severo salente agli Dei.

Avea pubblicato leggi di grande, quantunque severa giustizia, cui dettava e faceva eseguire egli stesso come despoto; poich? avvezzo ai campi e sapendosi esoso al senato, sprezz? e conculc? questo simulacro di autorit? intermedia fra l'imperatore e i sudditi. Cos? svellendo gli ultimi resti della repubblica, insinu? colla dottrina e colla pratica il sistema despotico, e agevol? gli abusi de' suoi successori e il tracollo dell'impero.

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