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Words: 129143 in 29 pages

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STORIA DEGLI ITALIANI

PER CESARE CANT?

EDIZIONE POPOLARE RIVEDUTA DALL'AUTORE E PORTATA FINO AGLI ULTIMI EVENTI

TORINO UNIONE TIPOGRAFICO-EDITRICE 1875

Da Comodo a Severo. Despotismo militare.

Di et? la pi? felice del genere umano furono da alcuno qualificati gli ottantaquattro anni dalla morte di Domiziano a quella di Marc'Aurelio; e il nome degli Antonini rest? cos? caro ai Romani, che i successori l'aggiunsero al proprio, sebbene non curassero meritarselo; anzi da quel punto si manifesta pi? apertamente, e senz'ammanti di giurisdizione civile, il despotismo militare; pessima fra le tirannidi, perch? soffoga le passioni che sono vita della societ?.

Lo aveva preparato Augusto coll'incarnare nello Stato la forza militare per mezzo delle guardie pretoriane. In onta dell'antica costituzione, erano aquartierate in Italia; poi Tiberio, col pretesto d'esimere le altre citt? dagl'incomodi alloggi e di mantener meglio la disciplina, stanzi? le loro dieci coorti sui colli Quirinale e Viminale, in un campo fortificato donde padroneggiavano e minacciavano Roma; Vitellio le crebbe a sedicimila. Erano pi? che bastanti a tener in freno qualche milioni d'inermi; ma guaste negli ozj d'un'opulenta citt?, vedendo dappresso i vizj del regnante e la fiacchezza del governo, si persuadevano che nulla resisterebbe alla loro forza, e come arbitri assoluti, davano e toglievano l'impero, non per altro, sovente, che per la speranza del donativo. Gl'imperatori per connivenza ne dissimulavano l'indisciplina, ne compravano il favore e il voto, che esse pretendevano poter dare quali fiore e rappresentanti del popolo; i loro capitani nei casi di Stato sedevano giudici, col qual mezzo superarono di potenza i consoli stessi, e contribuirono a sfasciare il senato. Quando poi Comodo nel prefetto del pretorio un? al militare comando un'autorit? civile, come ministro di Stato e presidente al consiglio del principe, quella dignit? divenne la prima dell'impero, e se ne gloriarono Ulpiano, Papirio, Paolo, Modestino ed altri giureconsulti di primo grido.

Se la suprema podest? apparteneva alla forza, perch? anche le legioni di provincia non sarebbonsi arrogato di salutare imperatore colui che fossero disposte a sostenere colla spada? Massime dopo il tempo che descrivemmo, essendo gli eletti per lo pi? stranieri, spesso contendenti un coll'altro, scelti fra soldati, e costretti a vivere nei campi, l'impero vest? sembianze affatto militari, e l'imperatore non fu il primo magistrato di Roma, ma il generale degli eserciti, e sua principale e quasi unica cura il contentar questi o frenarli. Ma attesoch? l'estensione dell'impero obbligava a mantenerne molti, l'uno per gelosia chiarivasi nemico all'imperatore che fosse eletto dall'altro esercito. Dopo che, coll'estinguersi la famiglia dei Cesari e le succedutevi de' Flavj e degli Antonini, neppure un'ombra di legittimit? sosteneva que' principi di ventura, i soldati sentirono di poterli fare e disfare, alzar sullo scudo o trafiggere colle spade.

Delle venticinque legioni che erano sotto Augusto, sedici furono poi licenziate o incorporate nelle altre: ma Nerone, Galba, Vespasiano, Domiziano, Trajano, Marc'Aurelio ed Alessandro Severo ne formarono tredici nuove. Ciascuna componevasi di cinquemila uomini; e al tempo di quest'ultimo imperatore, tre accampavano in Bretagna, una nell'Alta e due nella Bassa Germania, una in Italia, una nella Spagna, una nella Numidia, una fra gli Arabi, due nell'irrequieta Palestina, altrettante nella Mesopotamia, e cos? nella Cappadocia, due nella Bassa ed una nell'Alta Mesia, una nel Norico, una nella Rezia: dell'altra non sappiamo il posto. Il numero ne vari? poi, e fin trentasette furono imperante Diocleziano. Ad alcuni paesi imponevasi d'offrire truppe ausiliari, che si esercitavano colla disciplina romana, ma nelle armi cui ciascuno avevano avvezzato la patria e l'educazione; il che metteva ogni legione in grado d'affrontarsi con qualsifosse altra gente, comunque armata. Inoltre si menava appresso un treno di dieci grandi macchine militari e cinquantacinque minori da avventare projetti; oltre l'occorrente per piantare un campo.

Le prime guerre Roma sostenne coll'armi proprie e dei popoli vinti, obbligati a tributare un certo numero di cavalli e fanti, di navi e marinaj. Obbedivano questi a capi di loro nazione; e sebbene talvolta eguagliassero, talaltra eccedessero anche in quantit? l'esercito romano, li teneva in rispetto l'essere scelti ciascuno da gente diversa, scevri dalle legioni, dipendenti dal generale supremo. Cesare pel primo assold? Barbari; Augusto imit? ed estese l'esempio, e per sicurezza propria ne introdusse fra le guardie pretoriane. Progredendo, l'Italia si trov? esausta di forze, i socj ridotti a provinciali e privati dell'uso delle armi; onde fu necessario ricorrere ai Barbari. I Germani, gente robusta ed agguerrita, volentieri ponevano a servizio altrui il proprio valore, contenti di tenue soldo e scarsa prebenda; sicch? furono preferiti dagl'imperatori, cui sembrava anche vantaggioso il decimare cos? quei formidabili.

Per? la tirannide uccide se stessa. Coll'escludere dalle armi i provinciali e i cittadini, separavasi la forza dall'interesse d'adoprarla; ottenevasi per avventura la quiete, ma si spegneva il valore; nel mentre si rendevano pi? formidabili i nemici coll'aggiungere la disciplina al naturale coraggio. Costoro ben presto entrarono anche tra le privilegiate file legionarie; poi, non pi? bande, ma popolazioni intere vennero assoldate: infidi ajuti, che nel frangente ricusavano travagliarsi contro i proprj fratelli; avidi, preferivano il sacco alla battaglia; capricciosi, costringevano il generale a far giornata quando e dove meno convenisse; infine torcevano le armi contro i proprj maestri.

Insomma le minaccie dei Barbari aveano reso necessario l'esercito, e perci? l'onnipotenza imperiale; vero governo militare, parallela al quale svolgeasi un'altra civilt? pacifica; quello opprimendo, questa costituendo leggi sapienti. Una serie d'insigni guerrieri portati all'impero ritard? per avventura l'invasione da ogni parte minacciata, ma recavano sul trono le dispotiche e feroci abitudini dell'accampamento e della guerra. Dalle spade alzati, da queste abbattuti, qualvogliasi riforma restava impedita dall'effimera loro durata, e dall'obbligo di vegliar sempre in armi contro gli stranieri, e pi? contro gli usurpatori, che con altrettanto diritto si sollevavano, e che si sostenevano col tenersi amici i soldati per gratitudine del passato e per apprensione dell'avvenire.


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