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Words: 142985 in 34 pages
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STORIA DEGLI ITALIANI
PER CESARE CANT?
EDIZIONE POPOLARE RIVEDUTA DALL'AUTORE E PORTATA FINO AGLI ULTIMI EVENTI
TORINO UNIONE TIPOGRAFICO-EDITRICE 1875
Il secolo d'oro della letteratura latina.
Un'altra fortuna ebbe Augusto, che al suo corrispondesse il secolo d'oro della letteratura latina, talch? il nome di lui, non solo si associ? all'immortalit? di quegli scrittori, ma rimase come appellativo de' protettori del bel sapere.
Ne' primordj, Roma s'occup? a difendersi e trionfare, non ad ingentilire gl'intelletti. Sol quando penetr? nella Grecia italica, poi nella Grecia propria, conobbe una coltura pi? raffinata, e la introdusse coi prigionieri e coi vinti, i quali allogaronsi come maestri o clienti nelle principali famiglie; e tal ne prese vaghezza che dimentic? i modi nazionali per tenersi affatto sulle orme greche. Quand'anche non fosse natura degl'Italiani, sappiamo per iscritto che il popolo nostro dilettavasi grandemente di canzoni nelle varie fasi della vita; specialmente alle vendemmie, e quando la riposta messe lusingava terminate le fatiche, e alle solennit? della rustica Pale i prischi agricoli, forti e contenti di poco, coi figli, colla fedele consorte e coi compagni di lavoro esilaravano l'anima e il corpo nel suono e nel ballo; e la gioja bacchica esultava in canti e gesticolazioni, e forse anche dialoghi, di versi regolati dall'orecchio e misurati dalla battuta del piede.
Andronico, Ennio, Plauto, Azzio, Nevio trattarono soltanto soggetti greci, bench? in Grecia non fossero ancora penetrati i Romani, non avessero , n? Mummio avesse recato gli spettacoli teatrali da Corinto: laonde possiamo credere che quest'arte derivasse piuttosto dalla Sicilia, dove Aristotele e Solino la fanno nascere, e trasportare in Atene da Epicarmo e Formione; ovvero dalla Magna Grecia, ove molti Pitagorici aveano scritto commedie.
Plauto coll'asprezza e la facezia palesasi famigliare col vulgo, Terenzio ritrae della societ? signorile; quello esagera l'allegria, questo la tempera, e i caratteri e le descrizioni esprime al vivo. Orazio chiama grossolano Plauto, e lo taccia d'avere abborracciato per toccare pi? presto la mercede; alle commedie di Terenzio fu asserito mettesser mano i coltissimi fra i Romani d'allora, Scipione Emiliano e Lelio: l'un e l'altro per? sono troppo lontani dalla finezza dei comici greci, vuoi nel senso, vuoi nell'esposizione.
La bagascia, il lenone, il servo che tiene il sacco al padroncino scapestrato, il ligio parasito, il padre avaro, il soldato millantatore, ricorrono in ciascuna commedia di Plauto, fin coi nomi stessi, come le maschere del vecchio nostro teatro; e si ricambiano improperj a gola, o fanno prolissi soliloquj, o rivolgonsi agli spettatori, o scapestransi ad oscenit? da bordello. Egli stesso professa in qualche commedia di non seguire l'attica eleganza, ma la siciliana rusticit?; il verso talmente trascura, che si dubita se verso sia; grossolano e licenzioso il frizzo; il dialogo da plebe. Meno che pei letterati ha importanza pei filologi, che vi riscontrano idiotismi ancor viventi sulle bocche nostre, e ripudiati dagli autori forbiti: altra prova che il parlare del vulgo si scostasse da quello dei letterati, e forse viepi? nell'Umbria.
In principio i teatri erano posticci, durando al pi? un mese, quantunque l'armadura di legno si ornasse con grand'eleganza, fino a dorarla e argentarla, e vi si collocassero statue ed altre spoglie de' popoli soggiogati. Scauro ne fece uno capace di ottantamila spettatori, adorno di tremila statue e trecentosessanta colonne di marmo, di vetro, di legno dorato. Primo Pompeo, dopo vinto Mitradate, ne fabbric? uno stabile, capace di quarantamila spettatori, con quindici ordini che salivano dall'orchestra fino alla galleria superiore. Quel di Marcello, fatto da Augusto, era un emiciclo del diametro inferiore di circa cinquantacinque metri allo interno, e di cenventiquattro al recinto esterno. Cajo Curione, volendo sorpassare i predecessori in bizzarria se non in magnificenza, nei funerali di suo padre costru? due teatri semicircolari, tali che potessero girare sopra un pernio con tutti gli spettatori; sicch?, compite le rappresentazioni sceniche, venivano riuniti, e gli spettatori si trovavano trasportati in un anfiteatro.
Alla romana severit? parea vile un uomo inteso, non a soddisfare coll'abilit? sua verun bisogno, ma solo a dar diletto; infame chi per denaro fingeva affetti, dava se medesimo a spettacolo, ed esponevasi agl'insulti degli spettatori. Laonde i mimi rimanevano privati delle prerogative civili, i censori poteano degradarli di trib?, i magistrati farli staffilare a capriccio; un marchio impresso sul loro corpo gli escludeva da ogni magistratura, e fin dal servire nelle legioni. Anche donne poteano comparir sulla scena romana, a differenza della greca, purch? vestite decente: ma restavano diffamate, proibito ai senatori di sposare le attrici, n? le figlie o le nipoti d'istrioni.
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